Accadde oggi. 30 giugno 1409: gli aragonesi vincono “Sa Battalla” massacrando migliaia di sardi
Una delle più sanguinose battaglie avvenute in Sardegna fu combattuta nella pianura campidanese di Sanluri.
Il 30 giugno 1409 si combatté una delle più cruente battaglie che la storia della Sardegna ricordi. Ben 608 anni fa avvenne la tristemente famosa Battaglia di Sanluri (Sa Batalla de Seddori, in sardo) tra l’esercito catalano-aragonese di Martino Il Giovane e le truppe del Regno di Arborea capeggiate da Guglielmo III di Narbona.
Con la morte di Eleonora D’Arborea nel 1402 e, cinque anni dopo, quella del giovane erede Mariano V, ci fu una crisi dinastica di cui la Corona d’Aragona approfittò con l’obbiettivo di non perdere tutti i territori sardi. Fino a poco tempo prima, infatti, il Regno di Arborea era riuscito a governare gran parte dell’Isola e i sardi poterono godere di un lungo periodo di indipendenza. Ciò non andò giù agli aragonesi e fu così che Martino Il Giovane, Re di Sicilia nato a Barcellona ed erede al trono di Aragona, partì dalle coste siciliane con una flotta di 150 navi e sbarcò al porto di Cagliari il 6 ottobre 1408, deciso più che mai a dichiarare guerra ai sardi e conquistare l’isola.
Dopo aver riposato in un accampamento, Martino partì all’alba del 30 giugno 1409 con un esercito di 8mila fanti e e 3mila cavalieri catalani, valenzani, balearini e siciliani guidati dal capitano Pietro Torrelles. Raggiunsero la piana a sud del borgo fortificato di Sanluri, “Bruncu de sa Batalla” (“Il poggio della battaglia”) dove ad attenderli c’erano le truppe sarde arborensi decise a vincere quello scontro. I sardi erano numericamente in maggioranza (17.000 fanti arborensi, 2.000 cavalieri francesi, 1.000 balestrieri genovesi) ma non fu sufficiente per vincere la battaglia poiché gli aragonesi erano militarmente più addestrati e molto ben organizzati. Erano inoltre armati di una spada lunga ed una corta e possedevano un’imponente artiglieria.
Le truppe aragonesi partirono all’attacco delle truppe arborensi, investendole al centro e dividendole in tre parti. I soldati sardi del primo troncone provarono a fuggire verso il Castello di Eleonora a sud di Sanluri, ma la fortificazione non resse e gli aragonesi riuscirono a entrare, massacrando 600 tra fanti e popolazione civile, mentre 300 donne furono fatte prigioniere. Un’altra parte dell’esercito sardo-arborense tentò invano di salvarsi ma, poiché per farlo avrebbero dovuto attraversare il Rio Mannu che proprio quel giorno era in piena, furono raggiunti nell’altura oggi nota come S’Occidroxiu (Il macello) e qui uccisi. Andò meglio agli uomini rimasti con Guglielmo di Narbona, che trovarono rifugio nel Castello di Monreale. Ma ormai la battaglia era persa e gli aragonesi alzarono il vessillo della vittoria, lasciando sul campo cinquemila vittime sarde e facendone prigionieri quattromila. Dal lato catalano, invece, le vittime furono poche.
Tuttavia, la gioia di Martino Il Giovane non durò molto: contrasse la malaria proprio attraversando il fiume Mannu poco prima dell’inizio della battaglia e morì a Cagliari il 25 luglio dello stesso anno. Fu seppellito nella Cattedrale di Cagliari, dove ancora oggi riposa nel mausoleo a lui dedicato all’interno della chiesa.
La leggenda, però, vuole che la sua salute deteriorò anche a causa dei rapporti sessuali che avrebbe avuto quasi senza sosta con una prigioniera sanlurese, la “Bella di Sanluri”, che si narra l’avesse fatto per vendicarsi dei suoi conterranei uccisi. Questa, appunto, è una leggenda. La realtà rimane quella dell’eccidio di tanti sardi per la sete di potere e bramosia dei conquistadores.
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