A bordo di un piccolo gommone e ignorando i divieti assoluti di navigazione in quella zona e di accesso sull’isola di Budelli, un’influencer brasiliana in vacanza in Sardegna ha violato le acque protette del parco nazionale dell’arcipelago di La Maddalena e la famosa spiaggia Rosa, rigorosamente tutelata da severe norme di conservazione.

I consueti video e foto, pubblicati sui suoi canali social con tanto di sottofondo musicale e descrizioni entusiaste della sua passeggiata sulla sabbia rosa, hanno però avuto un effetto controproducente per l’influencer: inizialmente hanno suscitato una vasta ondata di indignazione sul web, soprattutto tra ambientalisti e residenti sardi; successivamente hanno permesso agli investigatori della Guardia costiera di La Maddalena di rintracciarla. I militari sono riusciti a identificarla e localizzarla a Dubai, dove risiede e dove era nel frattempo tornata, infliggendole una multa di 300 euro per aver infranto il divieto di avvicinamento e sbarco sulla spiaggia Rosa di Budelli.

Inoltre, la Guardia costiera ha verificato che il catamarano utilizzato dall’influencer per navigare nelle acque del Parco non possedeva alcuna autorizzazione per l’ingresso, e nemmeno l’operatore commerciale che aveva noleggiato l’imbarcazione disponeva dei necessari permessi. Di conseguenza, è stata emessa una seconda sanzione di 1.500 euro.

Un sito archeologico quasi invisibile persino nei manuali di settore, praticamente sconosciuto e avvolto da numerosi interrogativi. Le bellissime e inedite foto sono state realizzate grazie al sopralluogo degli appassionati di archeologia sarda Denise Diana e Giorgio Fenu. Si tratta della Tomba dei Giganti di Brebegheniedda, nel territorio di Sedilo: un monumento imponente, alto circa due metri, dotato di una stele di grande pregio, purtroppo oggetto di un utilizzo improprio nel corso del tempo.

Foto di Denise Diana

La scoperta ha dell’incredibile. La stele centinata, elemento architettonico principale della tomba, risulta infatti incorporata come parete di un piccolo casolare di un’unica stanza, verosimilmente adoperato in epoche recenti dai pastori come rifugio o ricovero. Un riuso che oggi appare come l’ennesimo sfregio al patrimonio archeologico, ma che racconta anche una storia di stratificazioni e inconsapevoli sovrapposizioni tra passato nuragico e vita rurale.

Foto di Denise Diana

Non esiste una documentazione approfondita né aggiornata del sito, se non rare e difficili fonti che accennano all’esistenza del monumento senza offrirne una descrizione dettagliata. Eppure, osservando i resti, la struttura della tomba dei giganti è chiaramente riconoscibile: un’esedra ancora visibile all’esterno, oltre la casa, e la camera funeraria posta alle spalle della stele, secondo la tipologia tipica delle sepolture collettive dell’età del Bronzo.

Foto di Denise Diana

Il caso di Brebegheniedda riapre dunque il dibattito sulla tutela dei siti minori, spesso ignorati, dispersi nelle campagne e privi di studi sistematici. Un patrimonio fragile che rischia di sparire sotto gli occhi di tutti, in attesa che ricerca, sensibilizzazione e interventi istituzionali riportino alla luce la storia che ancora custodisce.

Foto di Denise Diana

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