A Cagliari via Napoli era “s’arruga de is Moras”: quando anche i sardi facevano i pirati nel Mediterraneo

Pochi sanno, forse, che questa strada, attraversata da file di turisti nelle mattine estive, era un "ghetto" di mori tenuti in schiavitù. Così come, in generale, tutto il rione Marina, a stretto contatto con il mare, i suoi tesori e purtroppo anche i suoi bottini, frutto di saccheggi ai danni di altri popoli.
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Oggi è una delle più importanti “terre” di movida del centro cagliaritano. Alla Marina, infatti, i profumi di cucina e tradizione aleggiano per tutto il quartiere. E via Napoli non è certamente da meno, con la sua ricchezza di ristoranti e trattorie, insieme a negozi tipici.
Pochi sanno, forse, che questa strada, attraversata da file di turisti nelle mattine estive, era un “ghetto” di mori tenuti in schiavitù. Così come, in generale, tutto il rione Marina, a stretto contatto con il mare, i suoi tesori e purtroppo anche i suoi bottini, frutto di saccheggi ai danni di altri popoli.
Come riportato dunque dal capolavoro di Francesco Alziator, “L’Elefante sulla Torre”, nella via Napoli esisteva in tempi lontani la cosiddetta Moreria , luogo in cui venivano concentrate le schiave more. Ecco dunque che anticamente questa via era nota come “s’arruga de is Moras”.
Sembra infatti, sempre come riportato dall’Alziator, che ai tempi in cui i corsari barbareschi imperversavano nell’Isola, portando sciagure e saccheggi, rapendo donne e bambini, i sardi in qualche modo restituissero la pariglia. Alla stregua di quella saracena, dunque, esisteva anche una pirateria sarda, mirata alla cattura di africani e alla loro vendita sul mercato cagliaritano.
Sardegna, dopo l’approvazione della legge sul suicidio assistito: cosa prevede il nuovo testo sul fine vita?

Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge che disciplina il suicidio medicalmente assistito, introducendo un provvedimento che promette di cambiare in maniera significativa il panorama normativo dell’Isola in materia di fine vita. Che cosa succederà adesso?
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Sardegna, dopo l’approvazione della legge sul suicidio assistito: cosa prevede il nuovo testo sul fine vita?
Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge che disciplina il suicidio medicalmente assistito, introducendo un provvedimento che promette di cambiare in maniera significativa il panorama normativo dell’Isola in materia di fine vita. Che cosa succederà adesso?
Una scelta destinata a sollevare un ampio dibattito politico e giuridico, dal momento che il Governo ha già impugnato provvedimenti analoghi in altre regioni, come la Toscana, contestando la legittimità di norme che toccano ambiti di competenza nazionale. La legge sarda garantisce l’accesso gratuito all’assistenza sanitaria per chi intende ricorrere al suicidio assistito attraverso la somministrazione di farmaci, stabilendo regole precise sui requisiti e sulle procedure necessarie per poterne beneficiare.
I criteri sono quelli già indicati dalla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale, che per la prima volta aveva aperto uno spiraglio nella legislazione italiana sul fine vita: possono accedere solo persone pienamente capaci di intendere e di volere, affette da una patologia irreversibile, sottoposte a sofferenze fisiche o psichiche ritenute intollerabili e dipendenti da trattamenti che mantengono artificialmente in vita. Per verificare la sussistenza di questi requisiti la legge istituisce commissioni speciali in ogni azienda sanitaria locale, composte da figure mediche e professionali altamente qualificate, tra cui un medico palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere e uno psicologo, con la possibilità di includere specialisti della patologia specifica del richiedente. Il percorso si avvia con la presentazione della domanda alla propria Asl, che entro cinque giorni deve convocare la commissione competente. La verifica deve concludersi entro trenta giorni, prorogabili una sola volta per un massimo di cinque giorni, e prevede un confronto diretto con il paziente per accertare la persistenza della volontà di accedere al fine vita, oltre alla corretta informazione sulle cure palliative disponibili.
Una volta completata la valutazione, la commissione redige una relazione e acquisisce il parere del comitato etico, quindi l’Asl comunica l’esito della richiesta entro due giorni. Se i requisiti vengono riconosciuti, l’auto somministrazione del farmaco avviene entro sette giorni, con il supporto tecnico e farmacologico del personale sanitario, mentre il paziente conserva in ogni momento la possibilità di revocare la decisione e interrompere la procedura. In caso di rifiuto, invece, sarà possibile presentare una nuova domanda qualora le condizioni cliniche mutino. La legge approvata in Sardegna non solo rappresenta una svolta nell’ambito dei diritti civili, ma apre anche un fronte di confronto istituzionale e culturale di portata nazionale, riportando al centro dell’agenda politica e sociale il tema delicato del rapporto tra autodeterminazione, sofferenza e dignità umana.

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