Cinque straordinari primati raggiunti dalle donne di Sardegna: dalla prima sindaca al primo Nobel

Esploriamo i successi e le realizzazioni di queste straordinarie figure femminili, che hanno aperto la strada per generazioni future con il loro coraggio, la loro determinazione e la loro brillantezza.
La storia delle donne sarde è ricca di conquiste straordinarie e di pionierismo in vari settori.
Da sempre la Sardegna ha dato alla luce donne che hanno sfidato le convenzioni e hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia. Esploriamo i successi e le realizzazioni di queste straordinarie figure femminili, che hanno aperto la strada per generazioni future con il loro coraggio, la loro determinazione e la loro brillantezza.
ELEONORA D’ARBOREA
Eleonora d’Arborea, figura storica di grande rilievo nel XIV secolo, emerge come un’icona di potere e leadership femminile in un’epoca dominata da uomini. In qualità di giudicessa di Arborea, Eleonora non solo ha governato la regione con fermezza, ma ha anche introdotto importanti riforme legislative che hanno plasmato la società sarda per generazioni. Il suo più grande successo è rappresentato dalla “Carte de Logu”, un corpus di leggi che garantivano diritti civili e giustizia sociale ai cittadini sardi. Questo codice legislativo, promulgato nel 1392, è stato il primo del suo genere in Europa ad essere emanato da una donna e ha lasciato un’impronta duratura sulla storia della Sardegna. Eleonora d’Arborea rimane un simbolo di forza e determinazione, dimostrando che anche in un’epoca di dominio maschile, le donne hanno avuto un impatto significativo e duraturo sul corso della storia.
GRAZIA DELEDDA
Nata a Nuoro nel 1871 da famiglia agiata, Deledda frequentò le scuole elementari per poi proseguire la sua formazione, prima seguita da un precettore a domicilio e poi come autodidatta, leggendo e appassionandosi ai più grandi romanzieri e poeti dell’Ottocento. Nel 1888 cominciò quindi a scrivere racconti pubblicati su varie riviste. Prese così il via una produzione ricchissima, fatta di più di 50 opere tra novelle, poesie e romanzi in cui quasi sempre i protagonisti danno voce a quella tensione tra la volontà di perseguire il piacere personale e la rigidità e la forza dei rapporti sociali e famigliari. E proprio da tali vincoli sociali, tanto più limitanti per una donna dell’epoca, Grazia Deledda volle evadere, superando i confini del capoluogo barbaricino nel 1899, quando si recò a Cagliari per un breve soggiorno come ospite della direttrice di una rivista locale. In questa occasione conobbe poi l’impiegato statale Palmiro Madesani, che presto diventò suo marito e col quale si trasferì a Roma nel 1900. E nella capitale la scrittrice condurrà il resto della sua vita dedicandosi alla famiglia e alla composizione delle sue opere più conosciute, tra cui ricordiamo i romanzi Elias Portolu (1900), Cenere (1903), Nostalgia (1905), Canne al vento (1913), Marianna Sirca (1915), La madre (1919), La fuga in Egitto (1925). Nel 1926 questa maestosa produzione varrà a Grazia Deledda il prestigioso Premio Nobel per la Letteratura, consegnatole il 10 settembre del 1927. L’autrice sarda rimane ancora l’unica scrittrice italiana ad aver ricevuto tale riconoscimento, la prima donna italiana e la seconda in assoluto nel mondo a ricevere un premio Nobel.
ADELASIA COCCO
Adelasia Cocco nasce nel 1885. Figlia dell’intellettuale Salvatore Cocco, poeta-narratore e collaboratore di diversi giornali, nel 1913 si laurea in Medicina a Sassari, è la seconda donna in Sardegna, dopo Paola Satta. Nel 1914 presenta la domanda per diventare Medico Condotto in Barbagia. Il prefetto di Nuoro, imbarazzato, si rifiuta persino di firmare il foglio. Mai nessuno, prima di lei, si era permesso di avanzare una richiesta simile. Però i consiglieri comunali nuoresi le assegnano un posto. Ottiene poi nel 1915, malgrado le difficoltà – non è facile cercare di convincere un mondo intero plagiato –, anche l’incarico di Medico Condotto in un paesino di 400 abitanti, Lollove. Non ci sono cavilli cui potersi attaccare per non dare il lavoro a questa donna arguta, forte, coraggiosa.
Alla fine, nonostante abbia più volte ribadito la difficoltà degli inizi della sua carriera, riesce a farsi amare alla popolazione, stimare come medico, apprezzare e rispettare come professionista. È una missione, per lei, una missione che la anima, che la sconvolge e che la ispira. Adelasia diventa quindi il primo Medico Condotto in Italia, inoltre è la prima donna in Sardegna a prendere la patente nel 1919, per potersi spostare più agevolmente, più velocemente e senza intoppi.
NINETTA BARTOLI
Ninetta Bartoli da Borutta fu eletta prima cittadina del suo paese nel 1946, lo stesso anno in cui le donne ottennero il diritto di voto. Nel 1945 diventa segretaria della sezione locale della Dc. L’anno successivo, si candida a sindaco. Le donne hanno già la cittadinanza politica (anche se da poco tempo), ma non sono tante quelle che esercitano questo diritto, ancor meno sono le elette. Ninetta sbaraglia tutti, però, e ottiene la carica grazie a quasi il 90% dei voti. Il consiglio comunale la elegge sindaca, e lei in una decina d’anni cambia le sorti del suo piccolo paese. È rispettata, persino temuta, certamente vista come una figura nuova, una donna forte che sa quel che fa, che rompe gli schemi. Del resto è la prima sindaca d’Italia. Da piccolo centro, Borutta diventa un luogo moderno, aperto. Bartoli costruisce le case popolari, le scuole elementari e l’asilo, il cimitero, una cooperativa per la raccolta del latte e la produzione dei formaggi, una casa di riposo e molto altro. Inoltre, dota Borutta di acquedotto e sistema fognario e porta l’energia elettrica. Fa anche ristrutturare, con il suo patrimonio, il complesso monastico di San Pietro di Sorres e fa arrivare presto una comunità di monaci benedettini.
GRAZIA PINNA
Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia. Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio. Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

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