Accadde oggi. Il 17 dicembre 1701 nasce Sant’Ignazio da Laconi, il “frate del popolo”

Fu considerato il frate del popolo sardo per la sua vicinanza alla gente e ai problemi dell'Isola.
Fra Ignazio da Laconi, al secolo Vincenzo Peis, nacque il 17 dicembre 1701 a Laconi, un piccolo paese situato nell’attuale provincia di Oristano, in Sardegna. Proveniva da una famiglia modesta ma rispettata, che conduceva una vita semplice basata sul lavoro nei campi e sui valori della fede e della comunità. Fin dalla giovane età, Vincenzo si distinse per il suo carattere mite e laborioso, trascorrendo gran parte della sua adolescenza tra i sacrifici richiesti dalla vita contadina e l’umiltà tipica di chi vive a contatto con la natura.
Nonostante le difficoltà economiche, la famiglia Peis seppe trasmettere a Vincenzo una profonda religiosità, che segnò ogni fase della sua vita. Da ragazzo, aiutava i genitori nei lavori agricoli, ma già in quel periodo iniziò a emergere in lui un’innata inclinazione alla preghiera e al servizio degli altri. Era noto nel villaggio per la sua disponibilità verso chiunque avesse bisogno di una mano, un consiglio o semplicemente di una parola di conforto.
Col passare degli anni, quel senso di altruismo e compassione si trasformò in una chiamata interiore sempre più forte. Vincenzo percepiva dentro di sé un desiderio ardente di dedicare la propria vita a Dio e al prossimo, lasciando le comodità terrene e abbracciando una vita di povertà e sacrificio. Fu così che maturò la decisione di entrare nell’ordine dei frati cappuccini, conosciuti per il loro stile di vita austero e il loro impegno nell’aiuto ai più bisognosi.
Diventato Fra Ignazio, il giovane frate si distinse immediatamente per la sua dedizione straordinaria e per il suo spirito di servizio. La sua scelta di vita, radicata nell’umiltà e nella carità, lo rese una figura amatissima non solo nella sua terra natale ma anche al di là dei confini regionali. La sua esistenza fu interamente segnata dal desiderio di alleviare le sofferenze altrui, vivendo in totale povertà e affidandosi completamente alla Provvidenza divina.
Fra Ignazio è ricordato non solo per la sua profonda spiritualità, ma anche per la semplicità con cui seppe avvicinarsi ai cuori delle persone. Ancora oggi, la sua figura rappresenta un esempio luminoso di come la fede, unita all’umiltà e alla generosità, possa lasciare un segno indelebile nella storia e nell’animo di chi lo ha conosciuto.
Così nel 1721, all’età di 20 anni, lasciò il suo paese natale per trasferirsi a Cagliari dove incontrò il Padre provinciale dei Cappuccini che lo ammise al noviziato presso la chiesa di San Benedetto.
Al termine del noviziato, nello stesso anno, divenne frate e fu trasferito al convento di Iglesias e da qui in vari monasteri della Sardegna per poi fare ritorno a Cagliari, nel convento di Sant’Antonio (nell’attuale viale Sant’Ignazio) dove visse fino alla morte.
Il frate mendicante e illetterato dal cuore d’oro che per quarant’anni faceva la questua, conquistò ben presto il cuore dei cagliaritani che lo vedevano camminare con la bisaccia sulle spalle e la schiena curva per le strade della città, dispensando consigli e aiuto a chi glielo chiedeva. Fu visto spesso per le viuzze di Stampace, allora il quartiere più povero di Cagliari, dove tantissime persone ogni giorno aprivano la porta di casa in attesa del suo passaggio.
Ma peregrinò anche in Castello, dove vivevano i nobili. Qui dovette affrontare numerose strade in salita e tuttavia, nonostante l’ernia non gli desse tregua, continuò il suo cammino perché, come gli dissero i suoi superiori, “anche quella gente ci tiene”. Ben presto si sparse la voce di presunti miracoli avvenuti per sua intercessione e cominciarono pellegrinaggi da tutta la Sardegna per incontrarlo e provare a chiedergli una grazia. Tuttavia, a chi lodava i suoi miracoli, lui era solito dire: « Zitto zitto, ché è cosa del Signore».
Cessò la questua solo quando divenne cieco. Nella chiesa di Sant’Antonio visse all’interno di una cella umilissima, dormendo in un letto fatto di tavole di legno e con un cuscino di pietra. Ormai anziano e malato, un giorno di primavera fu portato nell’infermeria del convento, dove morì alle tre del pomeriggio dell’11 maggio del 1781 all’età di 80 anni, attorniato dai confratelli, « dolcemente come un bimbo».
Le campane della chiesa suonarono a lutto annunciando la dipartita del “frate del popolo sardo”. Il giorno dopo il corpo fu esposto al pubblico e per due giorni migliaia di persone accorsero da ogni parte dell’Isola per rendergli omaggio. Si racconta che ci fosse talmente tanta gente che i confratelli fecero fatica a chiudere il feretro. Il corpo fu imbalsamato e tutt’oggi è esposto nella chiesa di Sant’Antonio.
Fu beatificato il 16 giugno 1940 da Pio XII, che lo proclamò Santo il 21 ottobre 1951. Oggi è considerato il patrono degli studenti ed è venerato in tutta la Sardegna, dove sono presenti numerose chiese a lui intitolate.

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