Alla scoperta di San Pietro di Sorres, una delle chiese più belle della Sardegna
San Pietro di Sorres è una bellissima architettura romanico-pisana eretta in cima a un colle vulcanico nel territorio di Borutta. La chiesa, ora abbazia, nonché ex cattedrale, è, indubbiamente, una delle più belle chiese in stile romanico-pisano della Sardegna (ma non solo).
Monumenti sardi: San Pietro di Sorres.
San Pietro di Sorres è una bellissima architettura romanico-pisana eretta in cima a un colle vulcanico nel territorio di Borutta. La chiesa, ora abbazia, nonché ex cattedrale, è, indubbiamente, una delle più belle chiese in stile romanico-pisano della Sardegna (ma non solo). L’edificazione avvenne, come era normale per quell’epoca, in più tempi. Come data d’inizio si parla del 1170. La chiesa, con molto probabilità, fu completata nel 1200, ad opera di quel Mariane Maistro che ha lasciato la sua firma nel gradino sottostante la porta principale. Le forme armoniche dell’esterno e l’affascinante bicromia dell’interno la rendono unica.
L’edificazione avvenne in più tempi: i lavori cominciarono nel 1171, quando già esisteva l’abitato di Sorres, e si conclusero nella prima metà del XIII secolo. Su un gradino del portale è scolpita la scritta Mariane maistro, probabilmente la firma del direttore dei lavori. La chiesa, cattedrale per oltre tre secoli, fu l’unico edificio a rimanere in piedi quando Sorres fu rasa al suolo dagli aragonesi. Nel 1503 la diocesi fu incorporata in quella di Sassari e più avanti l’ormai ex cattedrale fu abbandonata. La chiesa è monumento nazionale: fu officiata dai Monaci Benedettini Sublacensi.
Il colle (metri 570) su cui si erge l’edificio sacro, fu scelto, molto probabilmente, perché già nei secoli precedenti gli era stata riconosciuta una notevole importanza strategica. Dietro la chiesa è rimasta la base di un nuraghe trilobato; la zona fu frequentata nel tempo da Punici, Romani e Bizantini.
Le fasi costruttive si riflettono nella veste architettonica: parti in calcare e pietra vulcanica si sovrappongono a pilastri in muratura. L’esterno è caratterizzato dalla bicromia alternata di arenaria chiara e basalto scuro. Numerose le decorazioni geometriche: rombi e ruote a giri concentrici corrono lungo tutto il perimetro. Fianchi e abside sono impreziositi da ‘ricami’ decorativi nella pietra: colonnine, archetti pensili, mensole, fregi, intarsi e strombature. La facciata è ripartita in quattro livelli, i primi tre ritmati da arcate e finte logge, l’ultimo, liscio, termina con un timpano con al centro un occhio circolare con croce in pietra. L’interno è diviso in tre navate: la centrale separata dalle laterali minori da due file di otto pilastri cruciformi, sui quali si innestano le arcate della copertura a crociera. Gli archi ‘centrali’ sono a tutto sesto, quelli laterali a sesto rialzato, per contenere le spinte delle volte, come una vela gonfiata dal vento. Sul presbiterio sopraelevato è posto l’altare maggiore, alle spalle la nicchia che fungeva da cattedra vescovile. La luce, oltre che dalle finestrelle in facciata e nell’abside, penetra da monofore sulle pareti: filtra la luce ‘necessaria’. La navata sinistra ospita una quattrocentesca Madonna col Bambino, venerata come regina del Meilogu. Nell’ambone si trova un pulpito marmoreo ‘gotico’, probabilmente del XIV secolo. In fondo all’edificio si trova un sarcofago: la tradizione lo identifica col sepolcro del beato Goffredo, vescovo che fece erigere la cattedrale.
Oggi la chiesa è un’abbazia e presenta anche diverse importanti opere moderne: coro ligneo, organo, altare in pietra, tabernacolo ispirato a modelli medioevali e Crocifisso pensile in bronzo dorato. Prima erano state aggiunte casa canonica e sacrestia, da cui, attraverso un andito, si giunge nella sala capitolare che ospita una via crucis dipinta da Aligi Sassu. I monaci hanno attrezzato la foresteria per l’accoglienza: vi organizzano corsi per sacerdoti e settimane di ‘ritiro’ e liturgia. Nel monastero è allestito il museo della cattedrale di Sorres, che illustra la storia della diocesi tra opere d’arte e manufatti architettonici. La sezione archeologica è riferita a preistoria ed epoca romana, in particolare alla grotta Ulari – posta alla base del colle del monastero -, abitata dal Neolitico e usata come luogo di sepoltura. Anche il villaggio originario, Gruta (da cui Borutta), prende nome dalla grotta.
La facciata, rivolta ad ovest, è l’elemento architettonico più elaborato di tutto il monumento.
I muri laterali esterni sono impreziositi da mensole e da intarsi decorativi. L’Abside è elegantissima; si nota subito per lo slancio architettonico della loggetta cieca, su cui emerge la croce. La statua lignea dorata della Madonna col Bambino è opera di un artista del secolo XV. Viene venerata, come accennato, come Madonna delle grazie, o anche come Regina del Meilogu.
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