Monumenti sardi: la Torre dell’Elefante, uno dei simboli più belli di Cagliari

Maestosa e bellissima, la Torre dell'Elefante è uno dei simboli della città di Cagliari. Costruita in bianco calcare, si nota da lontano e fu edificata più di settecento anni fa dai Pisani. Andiamo a scoprire questo magnifico monumento.
Monumenti sardi: la Torre dell’Elefante, uno dei simboli più belli di Cagliari.
Maestosa e bellissima, la Torre dell’Elefante è uno dei simboli della città di Cagliari. Costruita in bianco calcare, si nota da lontano e fu edificata più di settecento anni fa dai Pisani. Andiamo a scoprire questo magnifico monumento.
La torre dell’Elefante, che deve il suo nome all’elefantino (coevo all’edificio) posizionato su una mensola su uno dei lati della struttura, fu costruita nel 1307 dall’architetto Giovanni Capula su ordine dei dominatori Pisani. Si tratta di uno dei monumenti più belli e amati di Cagliari e recentemente è stata ristrutturata e riaperta.
Edificata con il calcare delle cave di Bonaria ma anche con parte dei blocchi dell’Anfiteatro Romano (molte strutture in Castello furono costruite con materiali di riuso, le mura, le torri e persino la Cattedrale) deve il suo nome alla scultura.
La torre si trova nel quartiere Castello vicino alla chiesa di San Giuseppe ed è raggiungibile dalla via Santa Croce, dalla via Università e dal Cammino Nuovo. Domina la città e dalla sommità è possibile ammirare splendidi panorami.
In altezza raggiunge i 30 metri circa che, considerando anche il torrino, salgono a 35. Invece dal lato di via Cammino Nuovo raggiunge fino ai 42 metri di altezza.
Su una delle facce sono presenti gli scudi delle famiglie pisane che contribuirono economicamente alla costruzione della torre.
Nel 1328 venne chiuso il lato nord della torre per creare abitazioni per funzionari e magazzini. In epoca spagnola l’edificio venne utilizzato anche come carcere e alle sue porte venivano appese le teste mozzate dei prigionieri condannati a morte e decapitati nella vicina plazuela (attuale piazza Carlo Alberto), come monito.
L’elefante, oltre a essere uno dei simboli di Cagliari, si narra sia anche il bottino di un’antica crociata in Terrasanta. In Castello c’era anche una strada, Ruga Leofantis (oggi via Stretta), che prese (o diede anch’essa) il nome alla torre.
Una curiosità: l’elefante, simbolo di forza e fedeltà, è anche uno dei simboli pisani ma nel tempo, il fatto che avesse la proboscide all’ingiù fu interpretato come un segno di sventura.
Nel 1671 le teste del marchese di Cea, don Jayme Artal di Castelvì, di don Silvestro Aymerich, don Francesco Cao e don Francesco Portugues furono tagliate perché i nobili in questione furono ritenuti (secondo un processo sommario) implicati nell’omicidio del viceré Camarassa del 1668. Le teste degli ultimi tre furono svuotate e riempite di sale e tutte e quattro rimasero appese sulla Torre dell’Elefante all’interno di una gabbietta per 17 anni.
La casa del mercante Antioco Brondo, nell’odierna via Canelles, da cui partirono i sicari, fu rasa al suolo e lì venne sistemata una targa che ricorda l’omicidio e tuttora è possibile vedere.
La torre venne costruita nel 1307, su ordine dei consoli pisani Giovanni De Vecchi e Giovanni Cinquini, dall’architetto Giovanni Capula, che due anni prima aveva edificato la torre gemella di San Pancrazio. Progettò anche una terza torre, la torre del Leone, recentemente rinominata torre dell’Aquila, ed incorporata nel palazzo Boyl poiché venne gravemente danneggiata nel 1708 dai bombardamenti inglesi, nel 1717 dai cannoni spagnoli e infine nel 1793 dall’attacco da parte dei francesi durante il quale perse la sua parte superiore.
Nel 1328 venne chiuso il lato nord della torre per creare abitazioni per funzionari e magazzini. In epoca spagnola l’edificio venne utilizzato anche come carcere.
I tre lati esterni della torre furono costruiti con la pietra forte di Cagliari, un calcare bianco estratto dalle cave di Bonaria. Il quarto lato, invece, rivolto verso Castello, è aperto alla tipica maniera pisana e mostra i quattro piani costruiti su soppalchi in legno. La porta era ben difesa da numerosi sbarramenti, tre robusti portoni e due saracinesche, macchinari che ancora oggi si sono perfettamente conservati. Invece per la difesa dall’alto una serie di mensole reggeva un’impalcatura fatta di legno.

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