In Sardegna ci sono due necropoli vicinissime che sfoggiano bellissime decorazioni
La decorazione più bella è quella che rappresenta un elemento verticale stilizzato a forma di volto con occhi e naso, che potrebbe rappresentare una divinità, forse la Dea Madre
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A Pimentel, nella Trexenta, troviamo due necropoli risalenti al Neolitico finale (IV e III millennio a.C.), molto vicine tra loro ma con differenze significative in termini di sviluppo architettonico e decorazioni. Si tratta delle necropoli di Corongiu e S’Acqua Salida (nota anche come Pranu Efis), scavate in una grande massa di arenaria.
La necropoli di Corongiu accoglie due domus de Janas, disposte a poche decine di metri l’una dall’altra, ma solo quella ad est è caratterizzata da eleganti decorazioni incise e dipinte in rosso sulla parete dell’ingresso. Al centro del fregio superiore è presente un elemento verticale stilizzato a forma di volto con occhi e naso, che potrebbe rappresentare una divinità, forse la Dea Madre. Accanto ai lati del portello, puoi apprezzare spirali, doppi cerchi e figure a barca.
La necropoli di S’Acqua Salida, invece, è divisa in due nuclei distinti l’uno dall’altro di circa 150 metri. Il primo nucleo ospita quattro tombe di varie tipologie, tra cui pozzetti e sviluppo orizzontale. Vicino a queste tombe trovi un’area sacra con un focolare e delle coppelle, che probabilmente erano usate per i riti funebri. Nelle tombe del secondo nucleo, invece, troverai elementi decorativi come nicchie, banconi e pilastri, in particolare nella tomba VI. Infine, ricordiamo che le necropoli sono state scolpite con maestria in un grande banco di arenaria.
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La villa sommersa dal lago che puntualmente riemerge: dove ci troviamo?

Quando il livello del lago si abbassa, compare una grande villa abbandonata. Ecco dove siamo.
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La villa sommersa dal lago che puntualmente riemerge: dove ci troviamo?
Quando il livello del lago si abbassa, compare una grande villa abbandonata. Ecco dove siamo.
Quando il lago artificiale Omodeo fu creato per produrre energia elettrica, la vallata venne sommersa, compresi una grande casa, un piccolo borgo, una foresta tropicale pietrificata e alcuni nuraghi. Adesso il livello del lago è molto basso e puntualmente molte strutture riemergono dalle acque.
La Sardegna, terra di antichi misteri e paesaggi mozzafiato, custodisce al suo interno un affascinante paradosso idrico: il lago artificiale Omodeo, in provincia di Oristano, nella subregione storica del Barigadu. Questo vasto specchio d’acqua, creato per la produzione di energia elettrica, nasconde sotto la sua superficie un passato che, grazie ai ciclici abbassamenti del livello idrico, riemerge puntualmente, svelando strutture abbandonate e tracce di vite sommerse. Una delle visioni più suggestive che si offrono ai visitatori in questi periodi di magra è una grande villa abbandonata, ma non è l’unica vestigia che riappare dalle acque.
Il lago Omodeo è il frutto dello sbarramento del fiume Tirso, realizzato prima con la diga di Santa Chiara e, in tempi più recenti, con la diga Eleonora d’Arborea, situate rispettivamente nei territori di Ula Tirso e Busachi. L’invaso è intitolato ad Angelo Omodeo, l’ingegnere che curò la progettazione della prima opera, la cui struttura è oggi parzialmente sommersa dalle acque del bacino più recente.
La storia di questa imponente opera infrastrutturale affonda le radici in un’epoca lontana: esattamente nel 1917 fu realizzato quello che all’epoca era il più grande lago artificiale d’Europa, proprio il Lago Omodeo. Lo scopo primario della sua creazione era duplice: produrre energia elettrica e sfruttare le acque del Fiume Tirso per l’irrigazione del Campidano. La costruzione, tuttavia, implicò un drammatico sacrificio: il piccolo borgo di Zuri, che si trovava a 88 metri sul livello del mare, sarebbe stato sommerso poiché il livello massimo del lago era previsto a 105 metri. Per tale ragione, si decise di demolire il paese e di ricostruirlo più in alto, compresa la magnifica chiesa romanica del 1291.
Così la vallata venne sommersa dalle acque e, con essa, un intero mondo. Ogni tanto, quando il livello del lago cala drasticamente, emerge il passato: una foresta pietrificata, alcuni nuraghi, e l’edificio che viene chiamato la casa del capocentrale o, da alcuni, “casa del custode”. La diga di Santa Chiara, inoltre, fu protagonista di un episodio bellico nel 1941, in piena guerra mondiale, quando venne attaccata da aerei britannici. Essa fu poi sostituita dalla nuova costruzione intitolata a Eleonora d’Arborea, alta cento metri e lunga 582, realizzata in quindici anni e inaugurata nel 1997, che sommerse in parte il precedente sbarramento.
La vallata ricoperta d’acqua custodisce in effetti un vero e proprio tesoro archeologico e naturalistico. Sott’acqua giacciono insediamenti nuragici e quello pre-nuragico di Serra Linta, insieme a una foresta tropicale fossile, antica circa venti milioni di anni, e al suggestivo paesino di Zuri. Il villaggio, sacrificato per la costruzione della diga, fu integralmente ricostruito a monte, e con esso la chiesa romanica dedicata a San Pietro apostolo (risalente al 1291), smontata e riedificata concio per concio nel 1923.
Per quanto riguarda la villa che puntualmente riaffiora in momenti di prolungata siccità, in realtà questo edificio ospitava il capocentrale, il vicecapo e le loro famiglie. Gli automobilisti che transitano non notano probabilmente nulla dall’alto, anche perché per buona parte dell’anno l’edificio è quasi del tutto coperto dall’acqua. Si trova proprio sotto la vecchia diga, di fronte al ponte che la sovrasta. Era una bella villa a due piani, un tempo circondata da un giardino con un laghetto, un frutteto, delle palme e un banano. L’edificio era costituito da due appartamenti perfettamente simmetrici: al piano terra si trovavano la cucina con camino, un salone, un piccolo soggiorno e uno stanzino dov’era posizionato il telefono, collegato con la centrale del Tirso; al secondo piano c’erano quattro camere da letto e il bagno, e sopra ancora un sottotetto. Sul fronte opposto rispetto alla casa del capocentrale, si trova un altro edificio, che in passato ospitava i carabinieri di Ulà Tirso e successivamente i custodi della diga.
La casa sommersa nel Lago Omodeo, dunque, non è solo una curiosità dovuta al basso livello delle acque, ma un tangibile promemoria del costo del progresso e della storia umana e naturale che riemerge, puntualmente, dal fondo dell’acqua.
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