Accadde oggi: 13 maggio 2016, muore il padre delle “pietre sonore” Pinuccio Sciola

Maestro della pietra, artista sui generis, Sciola è diventato uno dei simboli dell'arte contemporanea sarda. In Sardegna e nel resto del mondo, Sciola ha sempre cercato di promuovere il proprio paese natale e i suoi murales; grazie all'attività artistica di Sciola, infatti, San Sperate è diventato oggi un paese-museo.
Il 13 maggio del 2016 moriva a Cagliari Pinuccio Sciola, artista poliedrico nato il 15 marzo del 1942 a San Sperate (CA).
Maestro della pietra, artista sui generis, Sciola è diventato uno dei simboli dell’arte contemporanea sarda. In Sardegna e nel resto del mondo, Sciola ha sempre cercato di promuovere il proprio paese natale e i suoi murales; grazie all’attività artistica di Sciola, infatti, San Sperate è diventato oggi un paese-museo.
Ma la grande attività dell’artista Sciola si raccoglie intorno alle sue più importanti ed emblematiche creazioni: le pietre sonore. Dei grandi menhir di basalto o calcarei, lavorati con degli intagli regolari e profondi attraverso i quali vengono prodotti dei suoni. Riconoscibili e affascinanti per il contrasto tra la forma irregolare e gli intagli regolari, le pietre sonore di Sciola sono oggi esposte in tutto il mondo. Nel 2014, queste creazioni ebbero un ulteriore riconoscimento quando Sciola venne chiamato dal Teatro Lirico di Cagliari ad elaborare la scenografia della Turandot di Giacomo Puccini.
Nel 2012, l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gli conferì l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Oggi l’arte di Sciola continua ad esistere e ad essere conosciuta nel mondo grazie alla Fondazione Sciola guidata dai suoi tre figli e al Giardino Sonoro di San Sperate, viva testimonianza della creazione artistica di un maestro dell’arte contemporanea sarda.

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I ricami in bisso marino di Chiara Vigo: la seta del mare che racconta la Sardegna

Chiara Vigo non crea oggetti. Intesse storie, memoria e spirito. E quel filo dorato che esce dalle sue mani è più di una fibra: è un legame vivo con il mare, con la terra sarda, con la bellezza che resiste al tempo
Nel cuore del Mediterraneo, tra le acque limpide della Sardegna meridionale, si cela un segreto antico, custodito da una creatura marina maestosa: la Pinna nobilis, conosciuta anche come nacchera di mare. Questo gigantesco bivalve, che un tempo poteva superare il metro di lunghezza, è oggi una specie severamente protetta, a rischio di estinzione per colpa dell’inquinamento, del riscaldamento globale e dell’attività umana. Un tempo veniva pescato anche per scopi alimentari; oggi la sua raccolta è vietata e punita severamente.
Ma la Pinna nobilis è anche la fonte di una fibra straordinaria e quasi dimenticata: il bisso marino, noto come “seta del mare”. Una seta naturale, sottilissima e resistente, capace di brillare come oro sotto la luce del sole. Ed è proprio in Sardegna, nell’isola di Sant’Antioco, che sopravvive uno degli ultimi baluardi di questa antichissima arte: Chiara Vigo.
Maestra di tessitura e depositaria di una tradizione millenaria, Chiara Vigo non è solo un’artigiana: è una testimone vivente di un sapere ancestrale, che unisce spiritualità, dedizione e profondo rispetto per la natura. Nel suo laboratorio, un vero e proprio museo vivente, accoglie chiunque voglia conoscere quest’arte unica, condividendo conoscenze e valori tramandati oralmente da generazioni.
Chiara non vende il bisso. Per lei non è merce, ma dono sacro del mare, da trattare con umiltà e gratitudine. Il suo insegnamento parte da un giuramento, ereditato dalla nonna Leonilde: non commercializzare mai ciò che si riceve dalla natura e trasmettere il sapere solo a chi è disposto a sacrificarsi per imparare.
Il procedimento per ottenere la seta del mare è lento e complesso, scandito da gesti antichi e rituali. Ogni Pinna nobilis può produrre circa 40 centimetri di filamento, ma Chiara ne seleziona solo pochi centimetri, i più puri. Dopo la raccolta, il bioccolo viene immerso in acqua dolce per quasi un mese, con continui cambi d’acqua ogni tre ore. Poi si passa alla sbiancatura con succo di limone e all’ammollo in una miscela segreta di quindici alghe diverse, che rendono il filo flessibile ed elastico.
Infine, il bisso viene filato a mano, utilizzando un fuso di ginepro. La torsione del filo cambia a seconda dell’uso: a “S” per il ricamo, a “Z” per l’intreccio nel lino, secondo un’antichissima tecnica fatta con le unghie. Il risultato è un filo più sottile di un capello, ma incredibilmente resistente. Il bisso non marcisce, non viene attaccato dagli insetti, è impermeabile e ha proprietà isolanti. Nessun’altra fibra naturale al mondo possiede le sue stesse caratteristiche.
Su un telaio manuale, Chiara tesse opere dense di simbolismo: alberi della vita, pavoni, lune, leoni guardiani, navicelle nuragiche. Ogni figura è un messaggio, una preghiera, un frammento di identità sarda e mediterranea. Oggi, oltre settanta dei suoi lavori si trovano tra il laboratorio di Sant’Antioco e prestigiosi musei internazionali come il Museum der Kulturen di Basilea o il Museo Nazionale delle Arti di Roma.
Conosciuta affettuosamente come “Zia Chiara”, accoglie ogni visitatore con il dono di un filo di bisso, che splende come una piccola fiamma. Non si paga nulla per assistere al suo lavoro: ciò che lei offre è una lezione di vita, un invito alla consapevolezza e al rispetto. Dal 2005, migliaia di persone da ogni parte del mondo arrivano a Sant’Antioco per vederla tessere, ascoltare le sue parole, sentire il silenzio che accompagna ogni gesto.

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