La storia di Franco Udella, il pugile cagliaritano che ha portato alto il nome della Sardegna nel mondo

Il suo motto? "Vai avanti con calma e tranquillità, senza arrabbiarti. La vita è bella da vivere in ogni momento. Piedi per terra e bisogna mirare dritto all’obiettivo".
Cagliari, terra di vento e pietra. Terra di uomini che non si piegano. Franco Udella era uno di quelli. Basso, compatto, determinato. Ma soprattutto costante. Non era nato in un’epoca fortunata per il pugilato italiano, eppure si fece largo tra le difficoltà a forza di dedizione. Non aveva il fisico del predestinato, ma aveva qualcosa di più raro, la pazienza di chi lavora in silenzio, giorno dopo giorno, senza farsi notare.
Nel 1966 vince da novizio. Nel 1968 vola alle Olimpiadi, ma torna a casa con una sconfitta al primo turno. Poteva finire lì, come succede a tanti. Ma lui no. Conobbe Branchini, che credette in lui più di chiunque altro. Ma anche quello fu un incontro interrotto a metà, bloccato da scelte federali che gli preferirono Domenico Mura. E Franco rimase in attesa, con i guantoni pronti, a masticare frustrazione.
Ma continuò, sempre. Anche quando l’Ungherese Gedó gli sbarrò la strada due volte. Anche quando si ruppe la mano e perse un titolo senza salire sul ring.
Eppure, ogni volta, tornava. Con quel suo stile grintoso, tutto pressione e colpi corti, come un ariete che non si stanca mai. Nel 1972, ai Giochi di Monaco, fu ancora eliminato. Fu allora che smise di aspettare il permesso degli altri. Passò professionista. E finalmente volò.
Iniziò con una vittoria su Ray Salami. Poi diciassette match senza stop, fino a conquistarsi una chance mondiale. Era il 20 luglio 1974, Lignano Sabbiadoro. Di fronte a lui c’era Betulio Gonzalez, alto, magro, tecnico. Per nove round Udella fu avanti. Ma al decimo, un gancio secco lo buttò giù. K.O. Sembrava la solita storia, l’italiano che arriva a un passo dalla gloria e poi si spegne. Ma Franco non seguì quel copione. Diventò campione europeo battendo Molledo per TKO, e poi, il 4 aprile 1975, a San Siro, salì sul tetto del mondo. Campione WBC dei minimosca per squalifica di Valentin Martinez.
Fu il punto più alto. E anche da lì in poi non smise di vincere…Chervet, Sperati, Cantero, Zebelini, Garcia, Carrasco. A Cagliari lo portarono in trionfo. Era uno di loro. Uno che non mollava. Uno che non cercava luci, ma le accendeva a forza di fatica. Poi venne la sconfitta a Caracas contro Luis Estaba. Tre riprese bastarono. Ma quel match aveva un sapore amaro: il titolo gli era stato tolto prima ancora di salire sul ring. E poi ci fu la sfida con Emilio Pireddu, il derby sardo del secolo. Nessuno vinse davvero, se non la Sardegna, che per una notte si sentì capitale della boxe. Nel 1979, a Londra, contro Charlie Magri, mise fine alla sua carriera. E oggi, se il suo nome si sente poco, è perché non faceva scena. Faceva boxe.
E certi pugili restano nel cuore proprio per questo.
Una passione per il calcio, sport che praticò da ragazzo prima della Boxe, Franco Udella, cagliaritano classe 1947 ha esordito a livello agonistico a 18 anni. Nel corso della sua carriera ha disputato complessivamente 147 incontri da dilettante, con 140 vittorie, un pari e sei sconfitte e ha indossato 38 volte la maglia azzurra. Nel 1966 ha conquistato la medaglia d’oro al campionato italiano novizi, nella categoria pesi mosca. Nel 1967 è stato convocato per le Olimpiadi di Città del Messico, nella categoria minimosca: perse al primo turno e fu l’unico pugile italiano a non passare professionista.
Nel maggio del 1975 a Zurigo, Udella difese il titolo europeo dei mosca. Dopo sole due riprese, Udella e il suo avversario furono squalificati per reciproche scorrettezze. L’incontro venne ripetuto nel gennaio del 1976, match nel quale il sardo mantenne il titolo. Il 1979 è stato l’ultimo anno in cui Franco Udella è salito su un ring, la sconfitta di Londra pose fine alla sua carriera.
Oggi, ormai 78enne, Franco Udella vive con la sua famiglia a Cagliari, dove nel cuore di San Michele ha aperto lo storico negozio di coppe e medaglie per le competizioni sportive. Lui è sempre lì ad accogliere con un sorriso, tutti i suoi clienti.
“Ho iniziato per difendermi dai ladri: io portavo le paste nei bar con la mia bicicletta, qualcuno cercava di rubarmele e io reagivo – disse in un’intervista rilasciata a Vistanet nel 2020 -. Venni notato dall’allenatore Lello Scano, il quale più volte è venuto a cercarmi a casa, non mi mollava, diceva a mia mamma che ero bravo e avrei dovuto praticare questo sport. Ci ho provato e ho visto che mi piaceva: vincere, match dopo match, era uno stimolo. Poi mi ha chiamato la Nazionale e piano piano sono cresciuto e ho continuato. All’inizio giocavo anche a calcio, la mia grande passione, per me non era una difficoltà fare boxe, avevo scelto di provarci fino in fondo e non sentivo il sacrificio delle trasferte, salire sul ring mi rendeva felice”
Il suo motto? “Vai avanti con calma e tranquillità, senza arrabbiarti. La vita è bella da vivere in ogni momento. Piedi per terra e bisogna mirare dritto all’obiettivo”.

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