Lo sapevate? Perché nel Seicento fu scavata una finta cripta sotto la Cattedrale di Cagliari?
La Cattedrale di Cagliari quando fu costruita dai pisani era molto semplice. A più riprese ha subito dei rimaneggiamenti: nel Seicento l'arcivescovo fece costruire una finta cripta. Scoprite perché.
Lo sapevate? Perché nel Seicento fu scavata una finta cripta sotto la Cattedrale di Cagliari?
La Cattedrale di Cagliari quando fu costruita dai pisani era molto semplice. A più riprese ha subito dei rimaneggiamenti: nel Seicento l’arcivescovo fece costruire una finta cripta. Scoprite perché.
Nei primi anni del XVII secolo, l’Arcivescovo Desquivel fece sopraelevare il presbiterio per far scavare una finta cripta dedicata alle reliquie dei Martiri, a San Saturno e a San Lucifero.
Già a partire dalla fine del Cinquecento gli arcivescovi di Cagliari e quello di Sassari scatenarono una guerra ideologica per il primato in Sardegna. La polemica per il primato sulla Chiesa sarda assunse un’asprezza di toni tale da avere ripercussioni sul piano politico e su quello artistico e architettonico. Per la vittoria finale fu ideata una vera e propria gara.
Nella contesa intervennero diversi attori, in un gioco di trame, sotterfugi e ricorsi a cavilli giuridici. La disputa continuò violenta nel 1613 con la nomina ad arcivescovo di Sassari di Gavino Manca Cedrelles, già vescovo di Alghero e legato da parentela alle famiglie più influenti della nobiltà catalana.
Una soluzione al problema arrivò dall’invenzione (ritrovamento) dei corpi dei martiri, la cui quantità e rinomanza avrebbero legittimato la supremazia di una delle due diocesi. Si seguì l’esempio di Roma: ciò era in linea infatti con il programma controriformistico che nel rinvenimento delle reliquie dei primi testimoni della fede vedeva riconosciuto il ruolo di Roma come fulcro del cristianesimo e custode delle sue memorie.
A Cagliari e Sassari (ma non solo) si cominciò a scavare, alla ricerca delle reliquie dei supposti santi.
Il nuovo impulso dato alla vasta campagna di scavi alla ricerca dei corpi dei martiri, in Sardegna come nel resto della cristianità, oltre a ribadire la giustezza della venerazione dei santi, contribuì al mutamento del gusto in senso antiquario. Inoltre, per quanto concerne la Sardegna, tale coscienza antiquaria favorì la nascita di un’embrionale metodologia della ricerca archeologica.
Per la cronaca questa guerra fu “vinta” da Cagliari. La quantità delle presunte reliquie ritrovate avrebbero legittimato la supremazia dell’arcidiocesi cagliaritana sulla Sardegna tutta, autorizzando il proprio arcivescovo ad utilizzare il titolo primaziale.
Questa particolare gara venne vinta dall’arcidiocesi cagliaritana dove si rinvenne una quantità spropositata di reliquie in buona parte discutibili (così si pensò all’inizio, anche se l’arcidiocesi di Cagliari propende ovviamente per la veridicità del tutto).
Nella cripta fatta scavare da D’Esquivel nelle pareti sono sistemate delle nicchie contenenti le ossa, che si ritennero dei martiri del cristianesimo primitivo, quando vennero scoperte le aree catacombali esistenti attorno alla Basilica di San Saturnino, alla chiesa di San Lucifero e altre chiese della città. Per contenere le reliquie dei santi, l’arcivescovo di Cagliari Francisco Desquivel ordinò la costruzione del Santuario dei Martiri, collocato sotto l’area presbiteriale della cattedrale di Cagliari. Le reliquie turritane furono invece divise tra l’imponente basilica di San Gavino di Torres (dove fu eretta un’elegante cripta che scende nel cuore sotterraneo dell’enorme edificio romanico) e il duomo di Sassari.
Il soffitto della finta cripta, voltato a botte ribassata, è decorato con ben 584 rosoni (tutti diversi tra loro), alternati con punte a forma di diamante. Il Santuario è un’opera di incomparabile bellezza per i delicatissimi lavori di scalpello, per la straordinaria abbondanza di marmi, rosoni, nicchiette, contenenti, appunto, le reliquie dei Martiri (o presunti tali).
La volta a botte della cappella centrale è ribassata: sul soffitto compaiono 584 rosoni scolpiti all’inizio del Seicento con imitazione di foglie di acanto, di rosa, di vite, di fico e anche di qualche motivo non floreale. La peculiarità dei rosoni scolpiti a mano sulla roccia è data dal fatto che sono tutti diversi l’uno dall’altro.
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