Competenza, determinazione, umiltà: “Così si fa funzionare un’azienda” secondo Giangiacomo Ibba, AD di CRAI

Iniziamo l'anno con una nuova rubrica che racconterà la storia dei grandi imprenditori sardi. Parleremo con loro di investimenti nella nostra Isola, di successi, obiettivi, difficoltà e ci faremo dare qualche piccola "lezione di impresa". Partiamo oggi con Giangiacomo Ibba, AD dei supermercati CRAI
Una chiacchierata che è presto diventata una vera e propria (piacevolissima) lezione di impresa quella tra noi di Vistanet e Giangiacomo lbba, alla guida di Crai e Abbi Group.
765 milioni di euro di fatturato solo nel 2022 e una carriera, la sua, costellata di successi e di progetti ambiziosi e innovativi che hanno segnato in chiave positiva tutto il mercato italiano della distribuzione. Oggi vi raccontiamo la sua storia, a partire dal momento in cui, dopo la laurea a Parma in Economia Aziendale, a soli 26 anni, dopo la perdita del padre Giacomo, prende in mano in qualità di presidente l’azienda di famiglia ( la Fratelli lbba s.r.l., nata nel 1950) e fonda con altri soci il Consorzio CRAI Sardegna, per poi essere nel 2009 nominato Presidente di CRAI Coop Nazionale, di Crai Tirreno spa (Roma) e nel 2012 di Crai Fidi Coop.
Nel 2003, dicevamo, dopo la morte del padre, i cugini Stefano, Mariagiovanna, Gianmario e Antonio Ibba prendono in mano le redini dell’azienda e ripongono fiducia nel cugino più giovane Giangiacomo che viene indicato per la carica di Presidente, assecondando quello che oggi lui stesso definisce un passaggio generazionale “forzato”.
«La situazione dalla quale partivamo io e i miei cugini – ci racconta – era difficile: avevamo appena perso non solo il capo dell’azienda ma anche un membro della famiglia fondamentale, una vera e propria colonna portante che con i miei zii Nicolino e Giuliano ci hanno insegnato tutto sul piano umano e imprenditoriale. In più il mercato in quel momento chiedeva cambiamenti decisi e una virata coraggiosa. Insomma, non è stato semplice ma ho sempre pensato alle aziende come a delle piante. Possono essere di lunga durata, sì, ma non eterne. Così come il progetto che c’è alla base di ogni azienda non può esserlo. Ecco perché abbiamo deciso di buttarci, di provare a garantire la continuità dell’azienda portandola a rigenerarsi, cambiare, diversificare, essere veloce».
Ovviamente le banche in quel momento osservavano Ibba con preoccupazione: era molto giovane e voleva operare cambiamenti importanti ad un’azienda solida e avviata da tempo. Ma le difficoltà spesso sono una manna per gli spiriti ardimentosi e determinati: «Trovarmi a dover “convincere” le banche mi ha fatto da sprone, perché mi ha spinto a pianificare ancora meglio il raggiungimento degli obiettivi e ad impegnarmi nei nuovi progetti con dedizione assoluta. Mi sono detto: “tutte le grandi aziende sono state piccole una volta, potrebbe essere così anche per noi”. Sono stato anche molto fortunato perché ho avuto accanto persone straordinarie, in primis i miei cugini e tanti collaboratori senza i quali nulla di ciò che avevo immaginato sarebbe diventato realtà». L’imprenditore oristanese parte quindi dall’idea per la quale fosse importante abbandonare il concetto di ipermercato che imperava incontrastato in quegli anni, per investire, invece, sui negozi di prossimità: «Alla base di iper e negozio ci sono esigenze ed esperienze di acquisto completamente diverse. Mi sono detto: “Non abbiamo la possibilità di fare ipermercati ma possiamo organizzare una rete di piccoli e medi negozi fatti per bene nei paesi e nei centri città”.
E allora avanti tutta. L’idea valutata dal gruppo guidato da Giangiacomo è sostenuta in quel momento da una serie di valide considerazioni: la popolazione invecchia, si ha sempre più bisogno della relazione umana, nessuno ha più le grandi cucine e dispense di una volta o la voglia di fare chissà quali scorte che poi portano a sprecare e buttare il cibo. E in ottica green si guarda di più alla qualità di ciò che si mangia, si apprezza l’andare a piedi a fare la spesa, si risparmia volentieri il carburante. Ibba e i suoi sono stati tra i primi ad accorgersi che tutti questi elementi, insieme, stavano per cambiare il mondo dell’acquisto.
E ci avevano visto bene. Infatti, come lui stesso ci racconta con un guizzo appassionato negli occhi: «Oggi la prossimità è l’unico canale che ha una visione di sviluppo sul territorio nazionale. Quindi non solo non era un sistema perdente – come ci avevano portati a pensare – ma è diventato un vero cavallo di battaglia. Ora con gli imprenditori locali lavoriamo fianco a fianco per far diventare ogni punto vendita un negozio di successo che rispetti i nostri valori. Ecco quindi la filiera dell’equa distribuzione: ho sempre avuto questa idea. Ogni imprenditore deve ottenere il giusto guadagno per crescere e per potere sostenere con serenità i costi della nostra organizzazione».
Un sistema del genere, complesso e ambizioso, non può non basarsi su forti valori. «La correttezza e l’umiltà sono state il carburante vero del gruppo. Senza questi valori questa avventura sarebbe finita presto, diventando un mero inseguimento di denari, che fine a se stesso non porta lontano. L’azienda di mio padre e di mio zio, che si occupava di rifornire i negozi, era basata su questi principi e io e i miei cugini siamo sempre stati d’accordo sul fatto di voler innestare i nostri progetti su questa pianta di grandissimo valore».
Parole di grande apprezzamento, quelle di Ibba, anche per i collaboratori, che da subito hanno creduto nella visione di quel giovane appena laureato, aiutandolo a costruire, passo per passo, un grande progetto d’impresa.
Sulla gestione del personale, infatti, l’imprenditore non ha dubbi: «Il fattore determinante in azienda sono state le persone, a tutti i livelli. Ognuno ha creduto nel mio “racconto”, mettendo a disposizione non solo il proprio tempo ma anche la sua anima, la sua passione. Solo quando si cammina tutti insieme verso la stessa direzione e solo quando c’è correttezza si può vedere un’azienda crescere. Motivo per cui comunico alla pari e condivido le mie idee con tutti, senza mai far calare le decisioni dall’alto. Oggi siamo circa mille ma continuo a non credere negli organigrammi dove c’è un capo assoluto e gli altri stanno sotto in silenzio, esattamente come quando in azienda eravamo appena in 50. Credo molto nella partecipazione di tutti al “sogno”: mi piace raccontare quanto più possibile di ciò che bolle in pentola e ricevere feedback, anche contrari».
L’ABBI Group ha investito molto, proprio per questo, nella selezione dei collaboratori, alla ricerca di determinate caratteristiche caratteriali in linea con il team. Un lavoro portato avanti anche grazie alla dott.ssa De Simone, che si occupa di psicologia del lavoro all’università di Cagliari. «Citeniamo molto al benessere lavorativo dei dipendenti – spiega Ibba – vogliamo che siano felici di entrare in azienda la mattina: per questo il loro “profilo” deve essere il più possibile in linea con il nostro mondo. Per me l’azienda è un luogo sicuro, in questi 20 anni è stata la mia famiglia, vorrei fosse così per tutti quelli che ci lavorano».
E sempre su questo punto: «Negli ultimi anni abbiamo codificato i piani strategici dell’azienda, condividendo con il maggior numero di dipendenti i progetti, per rendere sempre tutti partecipi di ciò che accade. In questa fase, poi, in cui stiamo mettendo a segno il piano industriale dei prossimi tre anni è fondamentale che le cose vadano in questo modo. Credo sia una garanzia di successo su più fronti».
A proposito di piano industriale, l’AD di Crai aggiunge: «Una buona cosa per tutti, che evita di lavorare in emergenza. Perché per raggiungere una meta ti devi dare delle tappe precise e devi farlo con la tua squadra. Hai bisogno di prendere le misure di ogni tappa, rischi di non arrivare mai all’obiettivo diversamente. Ti distrai, ti demotivi, perdi la bussola. Invece così la squadra in viaggio sa cosa vuole, quanto ci metterà e soprattutto conosce le azioni che le consentiranno di arrivare in vetta, senza mai brancolare nel buio».
Sicuramente un aspetto che ci ha colpito durante questa chiacchierata è il modo in cui Ibba e i suoi guardano ai competitors, che vengono sempre chiamati “colleghi” e mai “rivali”.
Anche qui è stato fondamentale l’atteggiamento trasmessogli dal padre, che lo ha sempre spinto ad avere buoni rapporti con tutti e a ricordare che anche quelli che gli altri chiamano competitors non sono altro che persone che vivono le sue stesse problematiche e cercano di fare del proprio meglio.
«Noi puntiamo a far emergere le nostre peculiarità – spiega Ibba – non a denigrare gli altri. Per noi è importantissimo. Ci sono poche regole in azienda. Una di queste è quella di avere sempre un comportamento leale con i colleghi. E questo deve valere anche per chi lavora in altre aziende. C’è sempre da imparare dagli altri. Credo fermamente nei circoli virtuosi e nel rispetto anche tra aziende dello stesso settore».
Lo sguardo rivolto al prossimo è una peculiarità del gruppo, tanto che nel 2022 l’Abbi Holding è divenuta pure società benefit. Ibba e i suoi, in questo modo, hanno deciso di considerare l’impatto dell’impresa sulla società sponsorizzando – ad esempio – attività culturali e sportive del territorio, sostenendo enti di natura benefica e devolvendo derrate alimentari alle Onlus.
Un concentrato di competenza, determinazione e umiltà: questa l’immagine che ci ha trasmesso l’imprenditore oristanese alla guida di CRAI. Non sorprende che, grazie al suo timone sicuro, la F.lli Ibba abbia di recente ricevuto anche il premio Deloitte per il quinto anno consecutivo confermandosi nella speciale categoria “Gold Winner”, che riunisce tutte le aziende che hanno ricevuto il premio per quattro edizioni di seguito. Un riconoscimento che Deloitte Private ha consegnato alle eccellenze dell’imprenditoria italiana che si sono distinte per strategia, competenze e innovazione, impegno e cultura aziendale, governance e performance, internazionalizzazione e sostenibilità nel nostro Paese. «Un riconoscimento importante per tutte le persone che lavorano con noi, per tutti gli stakeholder e imprenditori partner che credono nel nostro progetto aziendale».

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