Lo sapevate? Già dal Seicento i cagliaritani chiamavano l’Anfiteatro Romano “Centuscalas”

Quando gli spettacoli cruenti furono proibiti, nell'alto Medioevo, l’anfiteatro perse la sua funzione e si trasformò in una cava dalla quale prelevare materiale da costruzione per altri edifici. Già nel Seicento i Cagliaritani lo chiamavano “Centuscalas”, "cento scale", perché sembrava ormai poco più che una gigantesca gradinata
Lo sapevate? Già dal Seicento i cagliaritani chiamavano l’Anfiteatro Romano “Centuscalas”.
L’Anfiteatro Romano, uno dei pochi quasi interamente scolpito nella roccia, fu edificato tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., vi si svolgevano spettacoli come lotte tra uomini e belve importate dall’Africa, esecuzioni capitali e combattimenti tra gladiatori ai quali potevano assistere fino a diecimila spettatori.
Si trattava di spettacoli agghiaccianti durante i quali uomini fuorilegge (assassini, ladri o coloro i quali credevano in divinità proibite, tra questi i cristiani) venivano fatti lottare contro bestie feroci, leoni, tigri, e altri animali africani giganteschi.
Famose erano anche le lotte tra gladiatori o le pantomime, durante le quali si riproducevano dei miti, sempre a sfondo cruento. Nel caso di Icaro, ad esempio, il condannato a morte venivano vestito di tutto punto con ali posticce e fatto precipitare da una torre di legno. Questi spettacoli smisero di essere rappresentati con l’avvento della religione cristiana, dopo il IV secolo dopo Cristo. Per secoli comunque questo tipo di spettacoli con le condanne a morte (che si svolgevano di solito all’ora di pranzo) furono molto apprezzati dalla cittadinanza.
Gli spettacoli dei gladiatori, a seguito della diffusione del cristianesimo, divennero sempre più impopolari, fino a quando nel 438 d.C. l’Imperatore Valentiniano III li vietò del tutto. A quel punto l’anfiteatro perse la sua funzione e si trasformò in una cava dalla quale prelevare materiale da costruzione per altri edifici (gran parte dei monumenti e delle fortificazioni pisani, ma non solo, furono costruiti grazie al calcare dell’Anfiteatro). Già nel Seicento i Cagliaritani lo chiamavano “Centuscalas”, “cento scale”, perché sembrava ormai poco più che una gigantesca gradonata. E sino all’Ottocento, molti di coloro che nascevano in quel periodo, erano convinti fosse esclusivamente una gradonata, senza minimamente immaginare che si trattasse di un monumento.
Soltanto dal 1866 cominciarono gli scavi per riportarlo alla luce. Gli scavi si conclusero alla fine degli anni trenta con il restauro dell’anfiteatro.
Dopo le bombe e la guerra l’Anfiteatro romano di Cagliari diventò la casa degli sfollati.
Durante e dopo la guerra, i cunicoli e le gallerie dell’Anfiteatro Romano dettero rifugio ai senzatetto e agli sfollati. Le cavità furono trasformate in abitazioni con stanze da letto, mobili e cucina.
Nelle magnifiche foto di Patellani ecco come si viveva in città tra il 1943 e i primi anni Cinquanta, quando Cagliari venne sventrata dalle bombe alleate.
Molti cittadini ripararono in campagna e nei paesi dell’entroterra, altri, come in questo caso, trovarono dimore di fortuna nelle varie cavità della città, la necropoli di Tuvixeddu, e in questo caso la cavità dell’Anfiteatro. I bombardamenti di Cagliari del 1943 furono una serie di operazioni militari condotte dagli Alleati per distruggere le installazioni aeronautiche delle forze dell’Asse. I bombardamenti americani e canadesi causarono la distruzione o il danneggiamento di più della metà del la città e tra le mille e le duemila vittime tra la popolazione civile.
Salute e Bellezza. Finocchio: il disintossicante naturale ricco di vitamine che cresce rigoglioso in Sardegna

Quest'ortaggio è composto infatti di acqua al 93%. Tutto il resto sono fibre, vitamine e sali minerali. Di grassi solo le tracce.
Troppo spesso negli ultimi anni ci siamo fatti affascinare dai cosiddetti “superfood”, alimenti esotici ricchissimi di proprietà benefiche, ma anche molto cari e difficili da reperire. Avocado, bacche di goji, quinoa, matcha, kefir e chi ne ha più ne metta. In realtà in Sardegna esistono tantissimi “superfood” nostrani. Uno di questi è sicuramente il finocchio, ortaggio nobilissimo che cresce assai rigoglioso nell’isola.
Il finocchio dolce (che si distingue da quello selvatico sia perché coltivato sia per il sapore) è innanzitutto un prodotto di stagione: al mercato lo troviamo infatti da novembre a marzo, anche se ormai non è difficile reperirlo tutto l’anno. Ma quali sono le innumerevoli proprietà del finocchio, de su fenugu per dirla in sardo?
Quest’ortaggio è innanzitutto un micidiale disinotossicante naturale. Le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie sono note fin dall’alba dei tempi. Aiuta a depurare il fegato e il sangue e una sostanza chiamata anetolo è utilissima per ridurre i gas intestinali e i crampi addominali. Non a caso viene spesso servito a fine pasto o in accompagnamento a piatti molto pesanti come le carni arrosto o in umido. Come alimento detox è ottima abche la tisana al finocchio.
Il finocchio è inoltre ricchissimo di vitamine (A e C in particolare) e di sali minerali, soprattutto magnesio e potassio.
Ultima caratteristica, ma non meno importante, è il fatto di avere un ridottissimo apporto calorico: 100 grammi di finocchio corrispondono a 9 kcal. Quest’ortaggio è composto infatti di acqua al 93%. Tutto il resto sono fibre, vitamine e sali minerali. Di grassi solo le tracce.

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