Lo sapevate? Perché gli asinelli dell’Asinara sono bianchi?
Lo sapevate? Perché gli asinelli dell’Asinara sono bianchi?
Lo sapevate? Perché gli asinelli dell’Asinara sono bianchi?
Questa varietà albina dell’asino è presente in numero limitato sull’Isola dell’Asinara e nella foresta Demaniale di Porto Conte. Alcuni esemplari si possono ritrovare in altre località della Sardegna (Foresta Burgos, Le Prigionette, Is Arenas) e nella penisola (Poppi e Collazzone), ma solamente in seguito a recenti programmi di salvaguardia della specie. Sono rari (all'Asinara sono circa un centinaio) ma perché hanno questo manto così particolare? Scopriamolo insieme.
Lo sapevate? Perché gli asinelli dell’Asinara sono bianchi?
Questa varietà albina dell’asino è presente in numero limitato sull’Isola dell’Asinara e nella foresta Demaniale di Porto Conte. Alcuni esemplari si possono ritrovare in altre località della Sardegna (Foresta Burgos, Le Prigionette, Is Arenas) e nella penisola (Poppi e Collazzone), ma solamente in seguito a recenti programmi di salvaguardia della specie. Sono rari (all’Asinara sono circa un centinaio) ma perché hanno questo manto così particolare? Scopriamolo insieme.
L’asino bianco dell’Asinara ha dimensioni ridotte: gli animali adulti sono di circa 1 m di altezza al garrese. Ha testa quadrangolare con profilo rettilineo, collo corto, arti robusti, piede bianco, piccolo e poco resistente. Presenta una marcata fotofobia ed un andatura incerta in ambienti luminosi. Sono circa un centinaio, più poche altre decine che si trovano in alcune zone della Sardegna e della Penisola.
L’Istituto di Incremento Ippico ne cura la conservazione genetica e ne possiede un nucleo puro, non ibridato con asini grigi, come è invece avvenuto negli altri luoghi.
L’originalità dell’animale è dovuta al caratteristico fenotipo che si manifesta con colorazione bianca del mantello, colore rosa della pelle e parziale pigmentazione dell’iride, percepita di colore rosa-celeste.
Come riporta il sito del parco dell’Asinara, con il termine albinismo si definisce un’alterazione ereditaria del metabolismo della melanina caratterizzata dalla diminuzione o assenza di tale pigmento nelle zone in cui esso è normalmente presente. Si tratta di un difetto enzimatico determinato geneticamente che provoca un blocco della biosintesi della melanina da parte dei melanociti, peraltro presenti in numero normale.
Questi stupendi asini sono bianchi per l’alterazione ereditaria della funzionalità dei melanociti, e quindi per un difetto enzimatico che, di madre in figlio, blocca la sintesi della melanina. L’albinismo, oltre a questa variazione cromatica, porta con sé anche una certo fotofobia,
Durante la crescita i peli da un colore bianco-lucente e aspetto cotonoso nei primi mesi di vita, tendono ad un colore bianco-opaco di consistenza setolosa.
L’origine è dovuta a successivi incroci nel tempo tra alcune sottospecie africane; si è rinselvatichito in diverse parti del mondo e in alcuni casi, come nel caso degli animali dell’Asinara, ha formato popolazioni libere, lontane dal controllo umano.
L’origine di questi animali non è stata ancora definita con certezza: forse si tratta di esemplari che derivano da asini bianchi importati dall’Egitto nel secolo scorso dal Marchese di Mores Duca dell’Asinara; una leggenda più suggestiva narra di un naufragio di un vascello diretto verso la Francia. Il numero degli individui attualmente presenti sull’Asinara è di circa 90 individui, una trentina a Porto Conte e alcune decine di individui distribuiti in altre località della Sardegna. più probabile, in realtà, la possibilità che si trattai, semplicemente, dei pronipoti degli asini grigi un tempo allevati dagli isolani, nei quali avrebbe prevalso il gene dell’albinismo.
Non costituiscono gruppi stabili e l’unità sociale è costituita da una femmina adulta con il puledro dell’anno una o più figlie degli anni precedenti. Nei mesi invernali i maschi adulti, che conducono generalmente vita solitaria, si uniscono a una o due femmine in primavera ed in estate si formano nel corso della giornata dei gruppi, molto numerosi, di entrambe i sessi, con individui di diverse classi di età. Molto frugale, l’asino si adatta bene anche ad ambienti ostili e riesce a sfruttare pressoché tutta le risorse vegetali offerte dal territorio.
Come riporta Sardegna foreste la maturità sessuale viene raggiunta intorno all’anno e mezzo nelle femmine e intorno ai due anni nei maschi. Gli accoppiamenti avvengono prevalentemente in primavera, ma è possibile qualche accoppiamento più tardivo. Come nel cavallo, la femmina entra in calore già dopo alcuni giorni dal parto e l’allattamento è contemporaneo alla nuova gravidanza. In linea generale, l’indice di fecondità nella specie asinina è superiore rispetto a quello riscontrabile del cavallo. La gestazione dura circa 12 mesi ma in molti casi può superare i 380 giorni. Sull’isola dell’Asinara vivono a vicino a Trabuccato, a Santa Maria, a Fornelli e nei pressi di Cala d’Oliva.
Lo sapevate? I cagliaritani cominciarono ad andare al Poetto solo nei primi anni del ‘900
La sabbia bianchissima e i grandi spazi ne facevano un luogo ideale per la stagione estiva tanto che dal 1913, anno della prima stagione balneare, cominciano a sorgere gli stabilimenti balneari, primo fra tutti quello dei Bagni Carboni (che aveva già uno stabilimento a Giorgino).
La storia di Cagliari e quella del Poetto (la principale spiaggia cagliaritana che si estende per circa otto chilometri, dalla Sella del Diavolo sino al litorale di Quartu Sant’Elena) si incrociano relativamente di recente. Solo dopo il 1900 infatti i Cagliaritani, più affezionati a località come Sa Perdixedda (le classi meno abbienti) o Giorgino (i ricchi e le classi medie), spostarono il loro interesse verso l’arenile del Poetto. La sabbia bianchissima e i grandi spazi ne facevano un luogo ideale per la stagione estiva tanto che dal 1913, anno della prima stagione balneare, cominciano a sorgere gli stabilimenti balneari, primo fra tutti quello dei Bagni Carboni (che aveva già uno stabilimento a Giorgino).
Lo scenario di allora risulta essere completamente diverso da quello che siamo abituati a vedere. Si presenta ancora selvaggio e conserva intatta la sua originale maestosità.
Ripercorriamo parte della storia della spiaggia del Poetto ma soprattutto dei casotti e della Città Estiva, utilizzando un estratto di un bel documento scritto dal Comitato “Una Mano per Il Poetto”.
Il 1913 è anche l’anno dell’energia elettrica, novità di portata epocale, poiché rappresenta il primo importante passo per una più facile fruibilità della spiaggia. Di lì a poco, infatti arriveranno i tram, che daranno definitivamente accesso ad un area che in precedenza rimaneva fuori dalla portata della maggior parte dei cittadini vista la mancanza di vie di comunicazione con il centro della città.
Cagliari scopre la sua vocazione balneare, si apre definitivamente al mare e alla stagione estiva. Fra la città di Cagliari e il Poetto sorgerà una linea di continuità, perché la spiaggia diventerà il luogo comune di ritrovo nei mesi estivi.
I successivi anni, contraddistinti dall’inizio del primo conflitto mondiale, vedranno un drastico calo delle frequentazioni ma non un interruzione delle serate di musica e ballo che gli stabilimenti offrono, talvolta anche a beneficio della famiglie più colpite dalla guerra. Nel 1914 non solo viene concessa l’autorizzazione al piano di funzionamento del primo stabilimento balneare, ma nasce anche un secondo stabilimento.
I lunghi moli tipici delle stazioni balneari inglesi si integrano nei principali stabilimenti, che ospitano anche le sale da gioco e, negli anni Venti, le sale da ballo. Sono gli anni, questi ultimi, di continuo miglioramento delle strutture, che non coinvolgono soltanto gli stabilimenti ma anche i casotti. Questi ultimi, dopo una prima fase di costruzioni stereotipate e artigianali, riceveranno sempre più accurate migliorie e l’introduzione di accorgimenti che col tempo si omologheranno, dando vita a una forma-tipo che resterà invariata per circa settant’anni.
Già alla fine degli anni Venti il Poetto ha raggiunto il massimo dell’organizzazione civile, della vitalità e dello splendore.
Punto di forza ineguagliabile è l’avanzata della linea tramviaria che comprese le parti più frequentate del litorale. Si tratta di un fondamentale passo in avanti che vivifica ulteriormente la spiaggia e rende più facile la frequentazione. A testimonianza dell’importanza dei tram vi sono le sue fermate, non semplici aree di sosta e ripartenza ordinaria per raccogliere passeggeri, bensì punti di riferimento (ancora oggi che i tram sono stati sostituiti dagli autobus), utili a indicare le zone della frequentazione e quindi i luoghi degli appuntamenti e d’incontro.
Negli anni Trenta cresce in modo esorbitante il numero di casotti: arrivano sorveglianza, apparecchi telefonici, ville, bitumazione della strada, siepi e stabilimenti in muratura.
Anche se i due principali stabilimenti, il Lido e il D’aquila, conservano le affascinanti rotonde in legno. Con l’occupazione di ogni spazio disponibile e la presenza di tutti i servizi essenziali si realizza la consacrazione del Poetto come “Città Estiva”.
Questa dicitura sottintende il modo in cui ormai i cagliaritani sono abituati a vedere la loro spiaggia e cioè non come un’appendice lontana e periferica, riservata alle vacanze estive, ma come un luogo vivibile per tutto l’arco dell’anno, anche in inverno, per gite e pranzi al casotto, passeggiate e letture nel tempo libero, fughe da scuola.
Nel frattempo cominciano sistematici i prelievi di sabbia per le costruzioni e il 1934 segna l’inizio dei lavori del nuovo ospedale nel litorale.
L’inizio degli anni Quaranta segna l’avvento del buio. Arriva la guerra: la spiaggia del Poetto si spopola per la prima volta dopo diversi decenni e, nel 1943, quando il comando delle truppe naziste si stanzia a Cagliari, temendo uno sbarco delle truppe americane, ordina la demolizione dei casotti in accordo con il podestà fascista. La legna dei casotti abbattuti viene usata per riscaldare le truppe italiane e tedesche, dislocate lungo la spiaggia in attesa di una probabile invasione da parte dell’esercito americano. Gli stabilimenti sono occupati dalle milizie nazi-fasciste e adibiti a postazione anti-sbarco.
I cagliaritani poterono riappropriarsi delle spiagge solo nel 1946. Dal Lido all’Ospedale marino una lunga schiera di casotti venne risistemata secondo le disposizioni del nuovo sindaco Crespellani. Nella prima fermata i casotti non vennero eretti una seconda volta. Quella parte del litorale doveva restare libera. Il Lido, affidato alla gestione del Comune, è profondamente segnato dagli eventi bellici, così come irriconoscibile appare anche il D’Aquila. L’Ospedale Marino, la cui costruzione fino al 1939 aveva proceduto senza soste, si era interrotta negli anni della guerra e giaceva come uno scheletro di cemento sulla spiaggia.
Tuttavia la vita, notturna e diurna, comincia a risvegliarsi così come, con la ricostruzione, si risveglia l’indiscriminato prelievo di sabbia. Cagliari, colpita dai bombardamenti, necessita costantemente di sabbia per la sua riedificazione e Quartu non è da meno. La ricostruzione, operosa e instancabile, motivo di speranza e di rinnovamento, ferisce però irrimediabilmente la spiaggia del Poetto. In aggiunta allo spaventoso e piratesco intervento, restano indelebili i segni del conflitto. Il lungo abbandono, le macerie, gli ostacoli accumulati dall’intervento della macchina bellica renderanno più difficile vivere la spiaggia come in passato.
Nel 1947 viene inaugurato l’Ospedale Marino. Il Lido, privo della storica rotonda, in una confusione di competenze, tra il 1947 e il 1950, amplia oltre misura le sue strutture in cemento, moltiplicando così, in modo esponenziale, il numero delle sue cabine. Le polemiche non tardano a farsi sentire ma non sono sufficienti a fermare l’innalzamento di due cancelli, che impediscono l’accesso alla zona della spiaggia gestita dallo stabilimento, ai bagnanti provenienti dalla spiaggia libera.
Regna la casualità urbanistica. Sorgono sulla spiaggia ogni genere di manufatti: dai casotti a vere e propria casette in muratura, gli stabilimenti si moltiplicano e la frequentazione dalla spiaggia aumenta. È un nuovo inizio. Tuttavia manca un adeguato servizio di docce pubbliche e una vera e propria rete fognaria. La penuria d’acqua è incontrollabile e diventa un emergenza se si calcola il moltiplicarsi fuori controllo, in tutto l’arenile, di baracche ristorante.
L’urbanizzazione del retroterra procede nella più totale assenza di regole e si aggiunge ad una generale situazione di degrado.
Alla velocità con la quale avviene la trasformazione dell’intero volto dell’arenile non corrispondono altrettanto decisive regolamentazioni che pongano un limite e un senso al proliferare selvaggio delle costruzioni. Nel bel mezzo dei casotti è possibile talvolta vedere case in muratura, che colmano in modo brutale il vuoto lasciato dalla regolamentazione insieme a una incredibile varietà di costruzioni ammassate senza alcun criterio.
In mezzo a una varietà talora bizzarra di insediamenti le associazioni militari e aziendali allungano l’elenco di casotti e stabilimenti con proprie costruzioni. Compaiono strutture dedicate per i lavoratori delle Poste e della Manifattura tabacchi, delle Ferrovie e della Rinascente. Con stabilimenti in legno prima e in muratura poi, occupano un posto nell’arenile L’esercito, i Carabinieri, la Guardia di Finanza, l’aeronautica e i Vigili del Fuoco.
Nel 1958 la strada litoranea, priva di strutturazione dal 1932, si allaccia con la strada che congiunge Quartu al mare. Quartu diventa in questo modo una città aperta al mare.
Nella spiaggia cagliaritana, che vive i fasti di un paese proiettato verso il boom economico, si affaccia, quasi come contraltare, il dramma di danni irreparabili. La frequentazione delle spiagge è imponente e si contano più di 1400 casotti.
Sono la residenza estiva dei Cagliaritani. Attorno ai casotti pullula la vita di un vero quartiere. Le forme e i colori sono il prodotto della fantasia dei loro costruttori, semplici, spartani, o a seconda della disponibilità del portafoglio frutto di bizzarrie architettoniche. I più facoltosi sfoggiano mini-loggiati o villini a due piani, attrezzati di tutto. Disposti su più file si intonano bene con la spiaggia e i colori del mare. Con tutte quelle strisce verticali, orizzontali di colori diversi, in tinta unita, verde, azzurro, rosa, giallo e colori pastello tracciano una linea di separazione tra il bianco dell’arenile e l’azzurro del cielo. Ma se d’inverno il loro aspetto era triste e solitario, si ergevano come guardiani della spiaggia trattenendo la sabbia e formando candide dune.
La gioia e l’allegria di tempi d’oro lasceranno, col passare dell’onda più lunga, uno scenario irrimediabilmente compromesso.
Gli anni ’60 e ’70 rappresentano per il Poetto l’ultima occasione, purtroppo mancata, per l’elaborazione di un progetto organico. L’improvvisazione e le concessioni compiacenti hanno prodotto scompensi di ogni genere. Le proposte di progetto, da quelle più semplici a quelle più fantasiose, si susseguiranno all’infinito, ma non vedranno mai luce.
L’hotel Esit, sorto come un monumento alla mediocrità urbanistica, è il segno inequivocabile di un equilibrio per sempre spezzato.
Come risultato di opportunità troppo spesso sprecate, l’incredibile accatastarsi di errori e il crescente degrado fanno emergere un sentimento di frustrazione che talvolta, anche quando motivato dai migliori propositi, aggiungerà caos al caos. Uno degli esempi di tale mancanza di prospettive, forse quello più eclatante, è rappresentato dall’abbattimento con le ruspe del Lido, che risorgerà di lì a poco, peggiorato nell’aspetto e nelle strutture rispetto a quello di un tempo.
In uno scenario in cui gli stabilimenti vecchi e nuovi e i casotti la fanno da padrone non bisogna però trascurare i chioschetti, che, al di là delle dune, continuano da anni ad esercitare il loro ruolo storico di venditori di bibite e gelati.
Nel 1973 i tram vanno in pensione e vengono sostituiti da una rete viabile più efficiente. Si tratta di una rivoluzione tanto epocale quanto poco lungimirante, dal momento che, tolto un mezzo pubblico efficiente, il traffico, momentaneamente decongestionato, crescerà in modo esponenziale fino a raggiungere livelli insostenibili nei nostri giorni.
Il disastro non è mai stato più vicino alla perfezione come in questi anni. La gestione di un bene collettivo difficilmente poteva svolgersi in modo tanto scellerato e alle porte degli anni Ottanta, il Poetto è in pieno declino. I casotti, privi di elettricità e adibiti al solo uso diurno, la notte divengono preda dei vandali.
Gli anni Ottanta vedono un ulteriore aggravarsi delle condizioni igieniche di tutto il litorale e in particolar modo di quella occupata dai casotti. La neve che li ricoprirà nel Gennaio del 1985 è come il simbolo di un inverno che li ha travolti per sempre, di un gelo che ha infranto l’incantesimo di un tempo.
Tra il Marzo e il Maggio del 1986, a seguito di una battaglia civile e legale che ne sancisce l’ultimo colpo di coda, su quell’insolito paesaggio più volte paragonato ai metafisici Bagni di De Chirico, cala per sempre il sipario.
Il resto, disastroso ripascimento compreso, è storia recente. Adesso si spera nella rinascita ma i casotti, la Città Estiva e quel periodo onirico non ci sono più.
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