Accadde oggi. Il 2 settembre 1798, ben 830 carlofortini vengono rapiti dai corsari e ridotti in schiavitù
Più di mille corsari Barbareschi, provenienti dal Nord Africa, a bordo di 5 imbarcazioni, nel cuore della notte approdarono a Carloforte, la misero a ferro e a fuoco, depredarono ciò che poterono, violentarono le donne e uccisero molti uomini. Era il 2 settembre 1798 e quando ripartirono oltre al bottino portarono via 830 carlofortini per ridurli in schiavitù, furono liberati solo 5 anni più tardi.
Questa è una pagina della storia sarda poco conosciuta, ma davvero terribile. Da secoli le coste sud occidentali della Sardegna erano spesso oggetto di incursioni da parte dei pirati, che depredavano i paesi costieri, e rapivano gli abitanti per ridurli in schiavitù. Ma il 2 settembre del 1798 l’incursione dei Barbareschi ebbe esiti di una violenza inaudita. I corsari salpati dalla Tunisia avevano organizzato una flotta forte di due sciabecchi, due polacche e una galeotta per un totale di oltre mille uomini. Una potenza che la pacifica isoletta di Carloforte, non avrebbe mai potuto contrastare. Così i corsari poterono agire per due giorni praticamente indisturbati: depredarono tutto ciò che si poteva portar via, e il resto venne distrutto, violentarono le donne e uccisero quelle che opponevano resistenza, e ovviamente tutti quegli uomini che tentarono di difenderle. Prima di ripartire fecero 830 prigionieri tra uomini e donne e li deportarono in Tunisia come schiavi.
Secondo quanto riferisce Piero Meloni Satta nella sua Effemeride sarda, solo un migliaio di abitanti sopravvissero, tra i quali il parroco che si era chiuso all’interno di una tomba nella sua chiesa. Il mattino presto del secondo giorno il viceré che si trovava a Cagliari fu messo a conoscenza di quanto stava accadendo a Carloforte e non avendo a disposizione in quel momento, nessuna imbarcazione adeguata si rivolse a Morel Beaulieu, il comandante di una fregata francese ancorata in quel momento nella rada di Cagliari. Il comandante francese accolse l’appello del viceré tuttavia, come spesso accade in Sardegna, quel giorno soffiava un fortissimo vento di maestrale e la fregata non poté salpare che alle 18, quando ormai i Barbareschi erano lontani.
Nel 1802 un piccolo gruppo di 23 carlofortini venne liberato grazie al pagamento di un riscatto di 60mila lire, pagate dal re di Sardegna. Nell’estate successiva, nel 1803, cinque anni dopo la deportazione, grazie alla mediazione di Papa Pio VII e del primo console di Francia, altri 669 degli 830 carlofortini ridotti in schiavitù furono liberati grazie al pagamento di un riscatto di 654.664 lire, una cifra piuttosto alta per l’epoca. Il 21 luglio del 1803 tutti i 669 sardi liberati si recarono a Cagliari, al Duomo, per una cerimonia solenne di ringraziamento. Degli altri 138 che non fecero ritorno in terra sarda, 13 erano stati venduti ad Algeri, 6 si erano convertiti alla religione islamica e non vollero tornare, e il resto perì prima della liberazione. Alcuni degli schiavi sardi venduti ad Algeri riuscirono a guadagnare la libertà solo nel 1816, quando i paesi del Nord Africa firmarono un trattato che aboliva definitivamente la schiavitù degli europei. In quell’occasione al re di Sardegna furono restituite le 60mila lire spese nel 1802 per liberare i 23 schiavi. Tra le 830 persone che vissero questa terribile esperienza ci fu anche Carlotta Capurro che quando fu deportata in Tunisia aveva solo 4 anni, la donna che visse fino alla ragguardevole età di 94 anni, fino al 15 agosto 1888, giorno in cui si spense a Carloforte, continuò a raccontare di quel 2 settembre 1798 a chi voleva ascoltarla.
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