Tesina sulla cultura rom e licenza media conquistata, tanta soddisfazione per Asnija: obiettivo, diventare autista professionista
Aveva lasciato le scuole quando era ragazzina, ora però Asnija Sulejmanovic, 30enne dal cuore cagliaritano e rom, tra i banchi della "Francesco Ciusa" consegue la licenza media con una tesina proprio sulla cultura Rom.
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Asnija è nata a Cagliari ed è figlia di genitori di Sarajevo, scappati dagli orrori della guerra dell’ex-Jugoslavia ancor prima che lei venisse al mondo.
Un’infanzia e un’adolescenza vissute con la sua numerosa famiglia fra disagi e difficoltà, prima nel campo nomadi cagliaritano di via San Paolo, poi in quello sulla 554. E purtroppo anche tra i pregiudizi dei suoi coetanei.
Percorso scolastico interrotto da ragazzina, ma la voglia di studiare è rimasta sempre viva:così, dopo essersi riscritta alle scuole medie serali, Asnija ha conseguito qualche giorno fa la licenza media col massimo dei voti, presentando una tesina sulla cultura rom.
Ora l’obiettivo è quello di diventare un’autista professionista. Italiano e matematica tra le materie preferite, ma ad Asnija la scuola piace davvero e in commissione non c’hanno messo molto a capirlo. “In sede d’esame i professori sono stati gentilissimi e disponibilissimi. C’è chi mi ha consigliato di non fermarmi solamente alla terza media, ma di proseguire alle superiori. E ora ci penso su, magari al liceo linguistico o all’istituto alberghiero”.
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La storia del cagliaritano Michele Marongiu, dalla Sardegna alle Ande: “Pedalare come atto di presenza”

Ultracyclist cagliaritano, a marzo 2026 sarà l’unico italiano alla Fireflies Patagonia 2026, oltre mille chilometri tra Cile e Argentina, una delle sfide ciclistiche solidali più dure al mondo, con un obiettivo chiaro: sostenere la Fundación Vivir Más Feliz, che affianca bambini malati di cancro.
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Michele Marongiu non fa viaggi per arrivare da un punto A a un punto B: lui pedala per raccontare storie, portare vicinanza e trasformare la fatica in gesto concreto.
Ultracyclist cagliaritano, a marzo 2026 sarà l’unico italiano alla Fireflies Patagonia 2026, oltre mille chilometri tra Cile e Argentina, una delle sfide ciclistiche solidali più dure al mondo, con un obiettivo chiaro: sostenere la Fundación Vivir Más Feliz, che affianca bambini malati di cancro. «Pedaliamo per chi non può farlo», ripete spesso, «ed è questo che dà senso a ogni chilometro, anche a quelli più duri», perché per lui la strada non è mai solo strada, ma racconto, presenza, responsabilità.
Nel tempo il suo modo di vivere la bici si è costruito intrecciando sport, viaggio e solidarietà, come è accaduto nella Capo Nord Sardinia Expedition, 4.800 chilometri in sella attraversando l’Europa insieme ad altri tre ciclisti sardi, quattro mori partiti con un’idea semplice e potente: portare con sé decine di letterine scritte da bambini speciali, pensieri e desideri da consegnare simbolicamente a “Babbo Natale” a Capo Nord.
«In quei 4.800 chilometri ho capito che non stavo solo pedalando», racconta, «stavo portando con me il mondo di qualcuno, ed è una responsabilità enorme», un’esperienza che lo ha segnato profondamente e che ha cambiato per sempre il suo modo di stare sulla bici. Un’altra tappa fondamentale è stata la Marocco Expedition Women Challenge, un viaggio condiviso con un gruppo di donne sarde, pazienti ed ex pazienti oncologiche, tra montagne, villaggi e deserto, dove la fatica fisica si è intrecciata alle storie di chi ha conosciuto la paura e il coraggio silenzioso delle cose difficili.
«Accanto a loro ho capito che non esistono storie fragili», dice oggi Michele, «esistono solo storie forti che hanno bisogno di essere ascoltate e raccontate», e in quel contesto la bici ha smesso definitivamente di essere sport per diventare ascolto, rispetto, cammino condiviso. La Fireflies Patagonia è la sintesi naturale di tutto questo, strada, fatica e solidarietà fuse insieme, con ogni partecipante che pedala portando con sé un nome, un volto, una storia, seguendo un motto che Michele sente suo in ogni pedalata: “For those who suffer, we ride”.
«Quando le gambe non rispondono», spiega, «penso ai bambini per cui stiamo pedalando, e improvvisamente la strada cambia», perché la Patagonia, con i suoi spazi infiniti, il vento che non fa sconti e i silenzi che ti obbligano a essere sincero, «non ti permette di fingere, ti costringe a guardarti dentro». Accanto alla sfida sportiva porterà con sé anche “Post-it sulle Ande”, un’iniziativa simbolica in cui chiunque può affidargli un pensiero, una frase, un disegno o un ricordo che viaggerà con lui lungo tutte le tappe.
«Mi piace pensare», dice, «che in quel vento ci siano anche i pensieri di chi mi accompagna da lontano, di chi pedala con me senza essere lì». Tutto nasce in Sardegna, dalle strade di casa e dagli allenamenti all’alba, e arriva fino alla fine del mondo, con un messaggio che Michele sente sempre più suo: «esserci, semplicemente esserci, per chi ne ha bisogno».
Vistanet seguirà Michele e la spedizione fin dall’inizio: dalla preparazione alla partenza, fino al ritorno dalla Patagonia.
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