Lo sapevate? La crepa dell’Archivio di Stato di Cagliari è una cicatrice di guerra
Alcuni cittadini segnalano alla nostra redazione la presenza di una larga crepa lungo la facciata laterale del palazzo storico dell'Archivio di Stato di Cagliari, in realtà si tratta di un segno indelebile dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Ci siamo informati, dagli uffici dell'Archivio fanno sapere che è sempre sotto controllo e non rappresenta un rischio per la stabilità dell'edificio.
Lo sapevate? La crepa dell’Archivio di Stato di Cagliari è una cicatrice di guerra.
A Cagliari, lungo la facciata che dà su via Gallura, è ben visibile una larga crepa, che però ultimamente è stata notata da alcuni cittadini che, preoccupati, lo hanno segnalato. In realtà la crepa, come spiega Simone Raspino su MiromegaKaralis, è stata volutamente lasciata, per evidenziare la parte di edificio originale, a destra rispetto alla crepa, da quella ricostruita. Infatti l’edificio in seguito ai bombardamenti del ’43, fu in parte sventrato, vennero distrutte completamente sei sale e altre quattro, gravemente lesionate. Il palazzo è sottoposto a tutela dalla Soprintendenza in quanto edificio storico. In questo momento come fanno sapere dagli uffici dell’Archivio di Cagliari, sono in esecuzione lavori di restauro all’interno.
L’edificio progettato nel 1921, per ospitare proprio l’Archivio di Stato, rientra insieme alla Legione dei Carabinieri e all’adiacente parco delle Rimembranze, in un ampio progetto di sviluppo edilizio della città verso oriente, voluto dalla politica del Ventennio. Osservando la facciata si nota come inizialmente fossero previsti solo 2 piani, poi il Ministero dei Lavori Pubblici decise di ospitarvi anche il Genio Civile, quindi al progetto furono aggiunti altri 2 piani.
Il palazzo, inaugurato nel 1927, presenta una struttura particolare, con un taglio a 45 gradi sul prospetto principale, i cui due fronti maggiori si affacciano su via Sonnino e via Gallura. Oltre ai tre portoni, uno centrale e due laterali, abbelliti con colonnine in marmo, presenta una particolarità: le finestre cambiano a ogni piano. Lo stile, molto diffuso all’epoca, per gli edifici pubblici, ha un impostazione austera, ma con elementi rinascimentali e manieristi.
L’attuale edificio risale agli anni ’20 del Novecento. Le prime proposte per la sua costruzione furono avanzate a partire dal 1919 quando il Ministero dell’Interno invitò gli Istituti archivistici a utilizzare i fondi stanziati dallo Stato per realizzare lavori urgenti di costruzione e restauro dei locali adibiti ad archivio.
Il materiale documentario era allora ospitato nella ex-chiesa gesuitica di Santa Teresa situata nel quartiere della Marina dove era stato trasferito nel 1883, dopo una plurisecolare e quasi ininterrotta permanenza nel Palazzo Regio ubicato nel Castello di Cagliari. Messa da parte l’idea di riadattare la vecchia chiesa perché assolutamente inidonea, si optò per la costruzione di un nuovo archivio nell’area compresa tra le attuali via Gallura e via Sonnino, in pieno centro cittadino.
Nel 1921 fu approvato il progetto di costruzione che prevedeva due piani (piano terra e primo piano). I lavori vennero avviati rapidamente e in corso d’opera fu consentita la sopraelevazione di altri due piani ad uso temporaneo degli uffici del Genio Civile.
Il 30 ottobre 1927 la nuova sede venne inaugurata alla presenza delle autorità. L’edificio, progettato secondo le norme di buona conservazione del materiale archivistico (luce, areazione, spolveratura) rappresentò in quegli anni uno dei primi e apprezzati esempi di edilizia archivistica post-unitaria. Rispondente sul piano stilistico ai canoni dell’architettura eclettica, si presenta ancora oggi articolato su quattro piani separati a coppie da una cornice marcapiano; è arricchito da paraste a bugnato ruvido e sbozzato che inquadrano finestre con timpani curvilinei al primo piano e triangolari al secondo. Sul portone d’ingresso spicca un timpano curvilineo spezzato che poggia su due paraste.
Il palazzo subì ingenti danni durante i bombardamenti aerei del 1943: furono distrutte completamente sei sale ed altre quattro vennero gravemente lesionate.
Ai primi del 1944 si iniziarono i lavori di sgombero delle macerie e fu avviato il recupero del materiale archivistico. Sistemate le tre sale agibili e rientrate in sede le carte più antiche che precauzionalmente sin dal 1940 erano state trasferite presso il Comune di Mandas, l’ufficio riprese a funzionare alla fine del 1944.
Negli ultimi decenni il continuo accrescimento del patrimonio documentario, in seguito ai cospicui versamenti delle carte provenienti dagli uffici statali della provincia, ha comportato il completamento degli spazi a disposizione dell’archivio; nel 1981 si é reso quindi necessario chiedere al Genio Civile, passato dal 1975 alla Regione Autonoma della Sardegna, la restituzione dei due piani sopraelevati che, solo nel febbraio del 1999, sono stati riconsegnati al demanio dello Stato e quindi all’Archivio.
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