Accadde oggi: 18 marzo 1567, muore a Cagliari il santo guaritore Salvatore da Horta

In una mattina del mese di novembre del 1565, sbarcava a Cagliari proveniente da Barcellona, preceduto e accompagnato dalla sua immensa fama, un frate che occupa un posto assolutamente unico nella storia della Chiesa: Salvador Grionesos, noto come San Salvatore da Horta, dei Frati Minori.
San Salvatore da Horta, il santo che suscitò ammirazione e diffidenza per i suoi prodigi straordinari, si spense a Cagliari il 18 marzo 1567, lasciando dietro di sé una scia di miracoli e un’aura di mistero che ancora oggi affascina studiosi e fedeli. La sua vita fu un intreccio di santità, persecuzioni e umiltà, un percorso in cui il divino si manifestò con tale intensità da suscitare non solo devozione ma anche sospetti. Nell’archivio della Chiesa di Cagliari è conservata memoria della sua presenza e delle incredibili vicende che lo resero celebre ben oltre i confini della Sardegna.
Era un giorno di novembre del 1565 quando un frate, avvolto da un alone di fama straordinaria, sbarcò nel porto di Cagliari proveniente da Barcellona. Il suo nome era Salvador Grionesos, ma il mondo lo avrebbe ricordato come San Salvatore da Horta, appartenente all’ordine dei Frati Minori. L’isola, pur abituata alle presenze di uomini di fede, accolse con un misto di curiosità e venerazione quest’uomo che portava con sé una reputazione quasi leggendaria. Ovunque passasse, si narrava, accadevano eventi inspiegabili: ciechi recuperavano la vista, storpi tornavano a camminare, malati guarivano con un solo tocco delle sue mani. Il suo stesso sguardo sembrava infondere pace nei cuori tormentati e risvegliare la speranza in coloro che avevano smarrito ogni fiducia.
Ma la sua straordinaria capacità di compiere miracoli non passò inosservata nemmeno alle autorità ecclesiastiche, che spesso guardavano con sospetto quei doni così potenti da sembrare quasi sovrannaturali. Perseguitato più volte, sottoposto a rigide indagini, obbedì sempre con umiltà ai superiori, accettando le accuse e le restrizioni con la stessa serenità con cui accoglieva le folle di disperati che si aggrappavano alla sua tunica alla ricerca di una grazia. Il suo arrivo a Cagliari segnò un capitolo particolare della sua esistenza, un periodo in cui il suo nome divenne ancora più noto e la sua santità si manifestò con una frequenza impressionante.
San Salvatore da Horta non possedeva nulla, se non la sua profonda fede e un cuore interamente dedicato agli ultimi. La sua voce era mite, il suo aspetto umile, ma la sua presenza irradiava qualcosa di straordinario, come se fosse costantemente immerso in una dimensione che trascendeva la realtà terrena. La gente lo cercava incessantemente, convinta che bastasse un suo sguardo o una sua preghiera per ottenere una grazia, un sollievo, un segno tangibile della benevolenza divina. Tuttavia, il suo percorso fu costellato di prove, di diffidenze, di ostacoli imposti da chi, incapace di comprendere, vedeva in lui un’anomalia, una figura troppo vicina al mistero per non destare inquietudine.
Quando morì, la città di Cagliari si rese conto della perdita di un uomo straordinario. Il suo ricordo non si spense, ma al contrario si diffuse con ancora più forza, alimentato dalle innumerevoli testimonianze di guarigioni, apparizioni e intercessioni che continuarono anche dopo la sua scomparsa. San Salvatore da Horta non fu soltanto un santo, ma un simbolo di una fede che sfida ogni spiegazione razionale, un uomo il cui destino fu segnato dalla grazia divina e dalla persecuzione umana, una figura destinata a rimanere impressa nella memoria della Chiesa e nella devozione di chi ancora oggi ne invoca l’aiuto.
Un santo taumaturgo
L’unicità della sua figura è data dal fatto che è stato il più grande taumaturgo nella storia della Chiesa, operatore di un numero impressionante di guarigioni e miracoli: si ebbe notizia, secondo i biografi, di almeno un milione di casi. Reduce da una lunga serie di trasferimenti da un convento all’altro della Catalogna (le folle sterminate che quotidianamente stazionavano davanti ai suoi luoghi di residenza lo rendevano un inquilino piuttosto scomodo, e i superiori volentieri ne facevano a meno) fu inviato alla fine in Sardegna, in occasione di una riorganizzazione territoriale dell’Ordine, e destinato al Convento di Gesù e Maria di Cagliari, situato sul luogo ove ora sorge la ex Manifattura Tabacchi, molto vicino all’attuale luogo di sepoltura, la Chiesa di Santa Rosalia in Via Torino.
Uomo poverissimo e totalmente distaccato dai beni materiali, tanto da non avere mai avuto nemmeno un paio di scarpe o sandali (che pure erano permessi ai frati), dedicò la sua vita al servizio dei più poveri e alla preghiera di intercessione per i malati. In convento fu chiamato a svolgere le mansioni più umili e per quasi tutta la sua vita religiosa fu cuciniere.
Dotato, oltre che di uno straordinario carisma di guarigione, di molti doni mistici (colloquiava a tu per tu con Gesù, la Madonna, l’apostolo Paolo), fu profeta infallibile, per la sua capacità di penetrare nel mistero dei cuori umani e orientare tutti verso la conversione e la preghiera. Fedelissimo alla dottrina della Chiesa Cattolica Romana, si erse contro le eresie e contro lo scisma luterano che negli anni del suo apostolato iniziava a diffondersi in Europa.
La fama
La sua fama invase il mondo: ogni giorno una folla di migliaia di persone lo attendeva davanti al convento per ottenere guarigione fisica dai più diversi mali; e perfino il re Filippo II lo supplicò di recarsi a corte, dove fu ricevuto con immensi onori commuovendo fino alle lacrime il sovrano e sua moglie.
I miracoli
Tutta Cagliari lo accolse, ed egli iniziò immediatamente il suo apostolato in convento e per le strade della città, inondandola di grazie soprannaturali e della sua infinita bontà e carità. Cagliari divenne un centro internazionale di pellegrinaggio; centinaia di migliaia di persone sbarcarono in città sulle tracce del frate dei miracoli.
Gli eventi soprannaturali compiuti da Fra’ Salvatore in un anno e mezzo di vita a Cagliari sono innumerevoli. Le nove lampade che ardono perpetuamente sulla sua tomba sono memoria di uno di essi: la guarigione del figlio del Viceré.
San Salvatore da Horta morì alle 3 del pomeriggio del 18 marzo 1567, in convento, circondato da tutta la città. Gli fu chiesto in punto di morte di essere Protettore di Cagliari, e lui accettò.

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