Vistanet Food in Tour è andato in via Caprera a Cagliari a scoprire per voi Anaïs Cafe Bistrot, ristorante di ispirazione letteraria (il nome deriva dalla scrittrice Anaïs Nin), che attraverso una cucina stagionale, combina i prodotti del territorio con originalità e cura delle materie prime per rielaborare la cucina sarda. Punto fermo e idea guida di Anais è la condivisione, concetto chiave degli aperitivi di questo bistrot. I migliori prodotti della Sardegna, rielaborati con abbinamenti non scontati, diventano tanti piccoli e gustosi assaggi da mettere al centro del tavolo e assaporare insieme agli amici. Vere e proprie “tapas”, ma in chiave sarda: prelibatezze rare e ricercate come, per esempio, le “culieta de eda”, (mini frittelline di bietola tipiche della zona di Norbello).

Il tagliere di formaggi è portavoce di un intero territorio con prodotti selezionati ad hoc: Fiore Sardo Dop di Salvatore e Gianfranco Bussu (“Formaggio dell’anno” all’Italian Cheese Awards 2019) Azienda Debbene-Ollolai, Semicotto al latte crudo Biologico del Caseificio Agricolo Castiadas, Erborinato Casafadda di Thiesi, “Casu axedu”.

Il tagliere di salumi invece propone una selezione dalla Barbagia di Ollolai e del centro Sardegna.

In questo locale, uno dei pochi bistrot della città, la reinterpretazione della cucina locale in chiave moderna e raffinata trova la sua realizzazione in piatti che variano costantemente a seconda degli ingredienti di stagione disponibili. Abbiamo assaggiato due primi piatti, uno di mare e uno di terra. Ricercatissimi sono i culurgiones ogliastrini bicolore con impasto allo zafferano e al nero di sappia, farciti con patate e asparagi, mantecati con burro alla maggiorana e impreziositi a fine cottura con una battuta di gambero rosso crudo e una spolverata di limone.

Molto particolare la fregola con ragù d’anatra e pesto di ortiche raccolto personalmente dal titolare di Anais, Filippo,. Un abbinamento finora inedito nella cucina isolana che sorprende per l’equilibrio dei sapori. Una croccante cialda di pecorino conferisce al piatto un “kick” di sapidità e piccantezza.

Subito dopo restiamo particolarmente incuriositi dalla proposta dei secondi. In carta avvistiamo le costine di maiale, un ingrediente che solo a sentirlo nominare stuzzica l’appetito di grandi e piccini. Qui vengono cotte lentamente per rendere la carne tenera e succosa per poi essere guarnite con una riduzione al mirto.

Una delle caratteristiche della cucina di Anais, guidata dalle cuoche Carla e Caterina è la stagionalità. Come ci spiega lo staff in sala, vengono selezionate materie prime locali disponibili nei diversi periodi dell’anno che diventano protagoniste dei singoli piatti. Qui la purea di broccoli locali fa da letto a una tartare di sgombro cotto, ravanelli e crumble di taralli.

Vi consigliamo anche di provare i bocconcini di salmone speziati accompagnati da finocchio alla piastra.

Il Bistrot Anais è aperto dalla colazione al pranzo, dall’aperitivo alla cena per condividere il sogno dei titolari Filippo e Carla di coccolare i clienti con la loro cucina e a breve, accoglierli tra le note live del jazz, blues e rock d’autore e un reading letterario.  musica e cultura, nel centro di Cagliari.

Filippo e Carla

Come si dice “piselli” in sardo campidanese? Un viaggio tra lingua, terra e tradizione.

Sardegna, terra dalle mille sfumature linguistiche e culturali, crocevia di influenze antiche e orgoglio di una tradizione che resiste al tempo. Qui, ogni parola è un piccolo frammento di storia, ogni suono racconta la vita quotidiana di un popolo che da secoli vive in simbiosi con la propria terra.

Piselli (Foto Wikipedia)

Anche un termine semplice e apparentemente banale come “piselli” può diventare il punto di partenza per scoprire la ricchezza della lingua sarda, in particolare del campidanese, la varietà parlata nella parte meridionale dell’isola. Il termine italiano “pisello” affonda le sue radici nel latino pisum, che a sua volta deriva dal greco pison, forma neutra di pisos. Una lunga discendenza linguistica per indicare una pianta umile ma preziosa, coltivata e apprezzata sin dall’antichità. Il pisello è infatti una pianta erbacea annuale della famiglia delle Fabaceae, originaria delle regioni mediterranee e orientali, che ha accompagnato per secoli la dieta e la vita delle comunità agricole. I suoi semi, piccoli e verdi, sono ricchi di amidi e proteine e hanno rappresentato una fonte di sostentamento fondamentale sia per l’uomo sia per gli animali, simbolo di abbondanza e fertilità nei campi. In sardo campidanese, però, il pisello non si chiama semplicemente “pisellu” come si potrebbe pensare per affinità con l’italiano. La lingua locale, con la sua fantasia e dolcezza, preferisce parole come pisuruci o pisurci, e in alcune zone anche prisucci. Tutte queste forme derivano da pisu druci, che significa “pisello dolce”.

Un modo affettuoso e genuino di nominare questo piccolo frutto della terra, con quella dolcezza tipica della parlata sarda che trasforma i suoni in espressioni di appartenenza. Il pisello, dunque, non è solo un alimento ma anche un tassello del vasto mosaico linguistico e culturale dell’isola. Chiamarlo pisuruci significa evocare un mondo di orti familiari, di mani che lavorano la terra, di stagioni che si rincorrono e di una lingua che sa unire passato e presente in un’unica melodia. E così, dietro una semplice parola, si nasconde l’essenza stessa della Sardegna: una terra capace di dare sapore e vita anche alle cose più piccole, mantenendo vivo il legame profondo tra la natura, la lingua e l’identità di un popolo.