Lo sapevate? Furono due (per certi versi 3) i presidenti della Repubblica sardi
Su un totale di 12 presidenti della Repubblica ben due erano sardi e un terzo condivide con loro le origini.
Sardegna e Quirinale: un rapporto eccellente quello tra il ruolo di capo dello Stato e le origini isolane.
Su un totale di 12 presidenti della Repubblica ben due erano sardi e un terzo condivide con loro le origini.
Il primo a salire al Colle fu Antonio Segni. Nato a Sassari nel 1891, esponente della DC fu tra i membri fondatori del partito. Prima dell’elezione è stato per due volte presidente del Consiglio e per 135 mesi ebbe incarichi ministeriali. Fu eletto l’11 maggio 1962 al 9° scrutinio e con una maggioranza molto esigua, e il suo fu un mandato molto breve. Il 7 agosto 1964 fu colpito da una trombosi cerebrale. Non fu mai dichiarato l’impedimento permanente (eventualtà prevista dalla Costituzione), ma si dimise volontariamente il 6 dicembre dello stesso anno dopo che la sua carica fu ricoperta pro tempore dal presidente del Senato.
Dopo Segni fu la volta di un presidente che di sardo aveva solo parte delle origini, un dettaglio che molti non conoscono. Giuseppe Saragat, infatti, il cui secondo nome ne tradisce la discendenza (Giuseppe Efisio Giovanni Saragat), nacque a Torino nel 1898 da Ernestina Stratta e Giovanni Saragat, avvocato di Sanluri di origine gallurese trasferitosi a Torino nei primi anni ’80 dell’800. Saragat fu il primo socialdemocratico a ricoprire la carica di Capo dello Stato. Fu eletto il 29 dicembre 1964 al 21° scrutinio con un ampio consenso (67,1%) e lasciò il Colle regolarmente dopo sette anni il 29 dicembre 1971.
Dopo i settennati di Leone e Pertini la Sardegna ebbe di nuovo un suo “figlio” alla più alta carica dello Stato. Toccò a Francesco Cossiga, storico dirigente della DC. Giurista e sassarese doc ricoprì quasi tutti gli incarichi di maggiore responsabilità nei Governi degli anni ’70 e ’80 (Interni, Esteri, Difesa e presidenza del Consiglio). Fu eletto il 3 luglio 1985 e si dimise a poche settimane dal termine del mandato, il 28 aprile 1992. Lo fece con un discorso a reti unificate al termine del quale si commosse. Passò alla storia con il soprannome di “picconatore”, per la sua azione continua di scosse nei confronti dei governi di turno.
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