Cagliari, “Prospettiva Curva Nord”: la gioia e poi il finale terribile. Ma il sostegno c’è sempre
I colori, le bandiere, le sciarpe si mischiano tra chi velocemente sale le scalette per raggiungere il proprio posto. Sono la cornice perfetta di quella che avrebbe dovuto essere la serata perfetta. Purtroppo non è andata così.
Non c’è gioia, ma delusione: il popolo rossoblù, all’indomani del match in casa contro la Salernitana, è ferito, triste, deluso, arrabbiato.
Eppure i sardi erano lì a compiere quel rito naturale che, partita dopo partita, si porta avanti intorno allo stadio. La pioggia battente ha fermato i più, ma sono pur sempre in tanti che, forti della prestazione in Emilia contro il Sassuolo, sono stati pronti a sostenere la squadra. Il cuore ogni volta esplode, scoppia, tuona, gioisce e lacrima. Ci si conosce tutti, i volti sono sempre gli stessi, quelli di chi “che si perda o che si vinca noi saremo sempre con te”.
L’incontro nei parcheggi è veloce, fugace, una birra e un panino dai “caddozzoni”, due battute con gli amici ritrovati e poi la lunga fila ai tornelli. Un altro abbraccio, sguardi che si incrociano e negli occhi la speranza di uscire vittoriosi dall’Unipol Domus. L’ultimo sorriso risale al match contro la Sampdoria, l’unico trionfo del Cagliari in campionato. Era il 17 ottobre e il sapore della vittoria è un ricordo ormai lontano per il popolo rossoblù.
I colori, le bandiere, le sciarpe si mischiano tra chi velocemente sale le scalette per raggiungere il proprio posto. Sono la cornice perfetta di quella che avrebbe dovuto essere la serata perfetta. E allora tutti ai propri posti, Doveri fischia. Il match è iniziato. Cuore in gola e tante aspettative. Il match contro il Sassuolo avrebbe dovuto essere la ripartenza. La Nord è lì presente, compatta, canta, si organizza, per 95’ interminabili la bandiera degli Sconvolts sventola senza fermarsi: “noi ci siamo, ora tocca a voi”. Di fronte risponde la Sud, ma anche i bambini del Tifo Cagliari, pochi nei distinti seguono, anche la tribuna si muove.
A fare da eco, nel settore ospiti, la tifoseria campana: circa trecento sono pronti a far sentire la propria voce. Il calore, il tifo dei sardi, però, è più forte, incisivo, determinato. Sotto un cielo arrabbiato, pronto a scoppiare, tutto si muove all’Unipol Domus. Anni di abbonamenti e di partite. Di trasferte. Anni di sconfitte, risalite e cuore in gola. Anni di sacrifici, ma anche di gioie. Di errori dimenticati e ricommessi. C’è voglia di riscatto, c’è fame di vittoria. Ora, però, c’è la partita, tutto il resto pasa in secondo piano.
L’adrenalina è a mille, il cuore palpita. E se il primo tempo va avanti senza arte né parte, senza emozioni e con tanta tensione, la ripresa sembra avere un altro gusto con Pavoletti che nel giorno del suo trentatreesimo compleanno sigla a quindici minuti dalla fine il goal del sorpasso. Boati, fumogeni, applausi, cori: dalla nord alla sud, passando per i distinti e la tribuna, tutto si muove. Ora sì che la speranza si fa più concreta. Sembra fatta: “la vittoria è in tasca”, si sono detti in tanti. Il tifo si fa più incisivo. I consensi si susseguono, i cori aumentano: “Alè Casteddu, alè Casteddu”. All’improvviso il silenzio: è il 90’ e Bonazzoli ha appena beffato Cragno: la Salernitana ha pareggiato. Ora a urlare è il settore ospite. Dagli altri spalti il silenzio si fa sentire, gli sguardi sono attoniti: “no, non può essere vero”.
Eppure è tutto vero: quella che sarebbe dovuta essere la partita della risalita, con una vittoria quasi certa in tasca, lascerà, invece, l’ennesimo buco nello stomaco al popolo rossoblù. È il 95’, Doveri fischia. È finita. Pareggio. Un altro senza idee e senza cuore. Lo stadio si svuota. Testa bassa, lo sguardo triste e gli occhi lucidi. Rabbia e delusione si confondono. La maggior parte corre verso il parcheggio: c’è fretta di tornare a casa.
Tutti tranne gli Sconvolts. Loro no. Si riuniscono e compatti vanno verso gli spogliatoi. Vogliono parlare con la squadra. Un confronto per chiedere il “perché quest’ennesima umiliazione”. La polizia si è subito schierata in posizione antisommossa, gli steward idem. Dietro le sciarpe a coprire il volto, lo sguardo più mortificato che arrabbiato. Nella mischia si alza una voce di mezz’età: “vogliamo parlare con la squadra. Stiamo togliendo tempo alle nostre famiglie, facciamo sacrifici, ci siamo sempre e questa è la risposta? I sardi non meritano questo”.
Neanche la pioggia li convince ad allontanarsi e dopo vari richiami, scortata dalle forze dell’ordine, buona parte della squadra esce e parla con loro. Insieme anche il presidente Giulini e mister Mazzarri che, qualche minuto dopo in conferenza stampa, dirà: “i tifosi hanno ragione”. Quindici minuti di confronto tra squadra e presidente hanno rassicurato i tifosi che la stagione sarà salva, ma hanno chiesto loro di non abbandonarli. Di tutta risposta la tifoseria ha chiesto un cambio di rotta già martedì: “in campo dovete sputare sangue”. Le lacrime da asciugare saranno tante. Il rito ora è finito. Sono finite anche le scuse. Restano i commenti e le considerazioni sui social con uno sguardo alla trasferta di Verona, perché i tifosi, nonostante tutto, saranno anche lì a sostenere il rosso e il blu.
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