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La Cagliari che non c’è più. Alle Saline il calcio ormai dimenticato: terra battuta e tanto sano agonismo

La Cagliari che non c’è più, in uno scatto risalente agli anni ’30 del Novecento. Oggi è un rinnovato centro culturale, ma oltre novant’anni fa nello sterrato delle Saline andava in scena il calcio d’altri tempi, terra battuta e sano semi-professionista, non meno di ricco d’agonismo rispetto a quello stellato di oggi.

Il cosiddetto “villaggio del sale”, parte del parco regionale del Molentargius, a pochi chilometri dalla spiaggia del Poetto, fra Cagliari e Quartu, nacque nei primissimi anni del XX secolo. Giovanni Colivicchi fu nominato direttore tecnico delle Saline di Stato e trasferito in Sardegna da Volterra nel 1913. Con lui, anche la famiglia, composta dalla moglie, la figlia femmina, Lina, e i due maschi. Il maggiore, Filippo, morto tragicamente nel corso della Grande Guerra.

Un complesso, quello delle Saline, che comprendeva i palazzi dei dirigenti, le abitazioni degli impiegati, una chiesa, un teatro, dei laboratori e le officine dove avveniva l’estrazione e lavorazione del sale. Nel 1932, in epoca fascista, ecco nascere la sede dell'”Opera nazionale del dopolavoro”, finalizzata a dare luogo di intrattenimento ai dipendenti. Tra le varie attività ludiche, anche il calcio, forse non ancora fenomeno di massa, ma certamente sano aggregatore sociale, fra partite di pura competizione. Molti anni più tardi, anche dopo la chiusura post-bellica del teatro, venne utilizzato come campo da allenamento del Cagliari campione d’Italia.

L’ex sede del dopolavoro fu abbandonata nel dopoguerra e poi restaurato negli anni ’90. Attualmente è gestita da una società teatrale.

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