Il 28 luglio 1983 le fiamme devastarono Curraggia, cittadina nei pressi Tempio. Nessuno seppe mai con certezza quali ne fossero state le cause, ma il sospetto che fosse la conseguenza dell’azione di uno o più piromani si diffuse e andò rafforzandosi di ora in ora.
Le fiamme erano partite dalla zona costiera, e in breve si erano propagate fino ad Aggius, giungendo in breve nei pressi del colle di Curraggia, aiutate nella loro terribile marcia dalle alte temperature estive e da un forte vento. Furono le campane ad annunciare alla popolazione la devastazione che era in corso, e alle 14.30 erano ormai martellanti.
In quegli anni i canadair dislocati nell’Isola erano presenti in numero davvero esiguo, del tutto insufficiente ad affrontare una tragedia simile, e furono i civili – uomini e donne – ad accorrere da tutta l’Isola per offrire il proprio sostegno. Alcuni tentarono di domare le fiamme in ciabatte, altri di proteggersi con nient’altro che magliette zuppe d’acqua. Le donne e i più giovani facevano la spola per portare di continuo acqua e cibo agli operatori. Niente di tutto questo fu sufficiente. Le fiamme circondarono in breve il gruppo di uomini che aveva coraggiosamente raggiunto il cuore dell’incendio, e quando si placarono si contarono sei morti, quelli di cui parlarono i titoli dei giornali il giorno successivo. Soli più tardi si arrivò al dato definitivo: nove vittime, e quindici feriti più o meno gravi.
In tanti si interrogarono poi sull’efficienza dei soccorsi: il ridotto numero di canadair era stato evidentemente decisivo, e a questo si aggiungeva l’inquietante nuvola di fumo e polvere, che rendeva difficoltoso – dall’alto – un lancio attento dell’acqua. Più di trent’anni sono trascorsi da quella tragica giornata, ma ancora – ogni estate – il fuoco continua a mietere vittime in Sardegna.
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