Alle ore 00.47 del 14 settembre 1979 il Dc9 della compagnia Aereo Trasporti Italiani scomparve dai radar dell’Aeroporto di Cagliari. L’aereo, dopo aver perso quota, si schiantò in un costone roccioso tra i monti di Sarroch e Capoterra. Morirono 31 persone, 4 del personale di volo e 27 passeggeri per quello che è ancora oggi il peggior disastro aereo riguardante l’aeroporto di Cagliari.
Ancora oggi, arrivando dalla statale 195 che collega Cagliari e Pula è possibile, dopo un non facilissimo trekking, trovare i resti dell’aereo, rimasti abbandonati in una vallata. Sono passati ben 39 anni e Alitalia (subentrata a Ati nel 1994) non ha ancora provveduto alla rimozione dei rottami, nonostante una sentenza del Tar di Cagliari nel 2015 ha respinto l’impugnatura della richiesta di rimozione dei resti avanzata dal Comune di Sarroch nei confronti della stessa Alitalia. Il risultato è una vallata ampiamente compromessa e uno spettacolo crudo e ingeneroso che ancora ricorda ai parenti delle vittime la loro triste fine.
Pezzi di motore, fusoliere, ali, sedili, la coda, il carrello con le gomme per l’atterraggio, gigantesche porzioni della cabina con tanto di oblò. Questa è la scena che si presenta una volta arrivati sul punto del disastro. A completare l’incuria del sito i pasticci e le scritte dei vandali sui resti della tragedia. Eppure la lapide marmorea con i nomi delle vittime e la croce di legno che si staglia verso il Golfo di Cagliari ancora ricordano il disastro che paralizzò l’intera isola quasi quarant’anni fa.
Il volo aereo della Trasporti Italiani 12 effettuava la tratta Alghero – Cagliari per poi proseguire verso Roma. L’aeromobile utilizzato era un DC 9-32, il volo da Fertilia era partito a mezzanotte, con un leggero ritardo alla partenza a causa del cambio dei membri dell’equipaggio.
Il viaggio non ebbe alcun imprevisto fino a giungere a pochi chilometri dall’aeroporto di Elmas. Qui un cumulo di nuvole e nembi convinse, dietro autorizzazione della torre di controllo, il comandante Pennacchio e il primo ufficiale Mercurelli ad effettuare una virata per evitare la perturbazione. Convinti di sorvolare il mare proseguirono senza accorgersi del pericolo che incombeva, il DC 9 corre incontro a Monte Nieddu. Ad un certo punto scompare dai radar dell’aeroporto di Elmas, l’aereo cozza contro la cresta del monte e precipita sulla montagna. Alcuni tecnici della raffineria della Saras raccontarono di aver udito nell’oscurità il rombo dell’aereo insolitamente basso, poi dopo pochi minuti una tremenda esplosione ed una palla di fuoco provenire dalla montagna. In quell’attimo perdono la vita 27 passeggeri e i quattro membri dell’equipaggio. Non ci saranno sopravvissuti.
Nove passeggeri dovevano sbarcare a Cagliari mentre i restanti, più alcuni che aspettavano di imbarcarsi ad Elmas, avrebbero proseguito verso Roma. Subito allertati, i vigili del fuoco della raffineria, lanciarono l’allarme nel capoluogo e si precipitarono sul luogo del disastro, ma le condizioni metereologiche avverse e la natura impervia del rilievo non consentivano di raggiungere il sito. Oltretutto la zona era avvolta dalla totale oscurità, fatta eccezione per il violento rogo che si sprigionava dall’aereo in fiamme per diverse ore e che forniva in ogni caso un punto di riferimento visivo a chi tentava disperatamente di raggiungere la cresta a 700 metri d’altitudine.
Ai soccorsi partecipano Vigili del Fuoco, militari, Carabinieri, Polizia di Stato e vari volontari. Un motorista dell’ATI non sa darsi pace, pur stremato dalla lunga e massacrante marcia non vuol darsi per vinto, conosce bene i membri dell’equipaggio cui è legato da vecchia amicizia. Il mattino successivo ai soccorritori si presentò uno spettacolo mai visto prima sulla nostra Isola: rottami fumanti del DC 9 sparsi ovunque, i corpi delle vittime irriconoscibili per l’impatto ed il violento rogo sprigionatosi dopo l’esplosione. Le salme vennero a fatica pietosamente ricomposte nella caserma dei Vigili del Fuoco, nel frattempo si cercava la scatola nera per cercare di capire la dinamica dell’incidente. Il corpo del comandante Pennacchio viene recuperato al pomeriggio, al polso l’orologio è fermo sulle 00.45.
All’interno di quella che diverrà la caserma dei Vigili del Fuoco in viale Marconi viene improvvisata una camera ardente, nel frattempo l’arcivescovo di Cagliari S. E. Giuseppe Bonfiglioli reca conforto ai familiari delle vittime e benedice i feretri. I funerali si svolgeranno nella Basilica di Bonaria alla presenza di ventimila persone, poi mestamente, i parenti, ottenute le autorizzazioni, porteranno via i loro cari, per poterli seppellire nei propri paesi d’appartenenza. Della tragedia vennero ritenuti responsabili il comandante ed il suo secondo assieme al controllore di volo per non aver prontamente obbligato l’equipaggio a correggere la rotta. Il Presidente della Repubblica grazierà in seguito il controllore di volo.
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