Donne di Sardegna. Emanuela Loi, il suo amore per il lavoro e il coraggio di non tirarsi mai indietro
Emanuela era nata a Sestu ma nel 1991 venne trasferita a Palermo.
Articolo di Maria Lidia Contu
Emanuela Loi: medaglia d’oro al valor militare per aver assolto al proprio compito con grande coraggio e dedizione al dovere, consapevole dei gravi rischi cui si esponeva.
Era domenica 19 luglio del 1992 quando, alle 16,58, in via D’Amelio a Palermo, esplose l’autobomba che uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque uomini della sua scorta. Fra i morti di quel terribile incidente, una donna. Morì così Emanuela Loi, una ragazza come tante altre, una ragazza semplice, solare, piena di vita.
Aveva 24 anni, era nata a Sestu (in provincia di Cagliari) nel 1967. Nel capoluogo completò i propri studi superiori all’Istituto magistrale poiché adorava i bambini e il suo sogno era quello di fare la maestra. Conseguì l’abilitazione e fece il concorso ma, in attesa di essere chiamata, provava incessantemente, insieme alla sorella, tutti i concorsi, anche alle poste e nell’esercito.
Seguendo le ambizioni della sorella, partecipò al concorso in Polizia e lo vinse a pieni voti.
Nel 1989, a 22 anni, si arruolò nell’esercito e frequentò il corso semestrale. Lo terminò pur sapendo di aver vinto anche il concorso per l’insegnamento. Nel 1991 venne trasferita a Palermo presso una struttura per poliziotti e carabinieri fuori sede.
Emanuela si distingueva da tutti gli altri sardi: aveva dei meravigliosi riccioli biondi e la carnagione chiara. Era una ragazza solare, sempre sorridente e allo stesso tempo determinata e ligia al dovere. Aveva paura di stare in Sicilia in quegli anni. La Sicilia negli anni ’80 e ’90 era dilaniata dalla guerra di mafia e lavorare lì soprattutto come militare era molto rischioso. Di questo Emanuela era consapevole ma fino a quando non l’avessero destinata al giudice Borsellino, non avrebbe corso nessun pericolo, questo diceva lei per rassicurare i suoi genitori. Inizialmente le venne affidato il ruolo di piantone e in seguito quello di scorta per l’allora onorevole Mattarella al quale avevano ucciso il fratello.
Nel giugno del 1992 venne destinata alla scorta del giudice Borsellino.
Un mese prima, il 23 maggio, era stato ucciso il giudice Falcone nella strage di Capaci. Far parte della scorta di Borsellino era quindi molto pericoloso, si rischiava la vita. Nonostante questo, lei diceva di non potersi sottrarre al proprio dovere. Rinunciò addirittura a qualche giorno di vacanza in più in Sardegna: avrebbe privato il proprio collega delle ferie, così disse.
Ritornò così a Palermo a scortare il giudice Borsellino. Non si sottrasse al suo dovere, pur essendo consapevole dell’enorme rischio che correva.
In un’afosa domenica di luglio del 1992 era a Palermo per proteggere, con gli altri, il giudice Borsellino mentre si recava a casa della madre. La mafia era lì ad attenderli. Un’autobomba carica di tritolo sarebbe esplosa di lì a poco portando con sé il giudice e i ragazzi della scorta. L’esplosione uccise Emanuela Loi dilaniando il suo corpo e portando via con sé i suoi sogni e la sua vita.
A lei sono state dedicate scuole, strade, piazze per mantenere viva la sua memoria e per insegnare a tutti, militari e non, che la mafia va combattuta, unghie e denti.
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