Cuncambias: al via a San Sperate la sedicesima edizione del festival di cultura popolare

Al via la sedicesima edizione di Cuncambias – Festival di Cultura Popolare quest’anno dedicato al compianto Tziu Giuliu Podda. Cinque giorni di teatro, musica, incontri, laboratori, momenti per bambini e ragazzi, poesia e narrazioni che avranno come palcoscenico il rione storico di San Giovanni, nel cuore del Paese Museo. Tra gli ospiti: Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, il Teatro Necessario, Filippo Graziani con un omaggio al padre Ivan, Andrea Staid, Bruno Tognolini, Francesco Abate, Music is my Boyfriend, Chiara Effe, Malasorti, Trigale, Nemos, Marina Rizzato, Gatticattivi
L’edizione 2019 di Cuncambias sarà dedicata a una figura preziosa per il Festival: Giulio Podda, per tutti Tziu Giuliu, scomparso poche settimane fa all’età di 105 anni, poeta, pedalatore e anima storica di Antas Teatro. Uno dei piccoli granelli di sabbia che ha contribuito a fare del centro campidanese uno spazio di arte e cultura insieme ad altri infaticabili animatori come Pinuccio Sciola e Raffaele Muscas. “Durante uno dei tanti incontri per il nuovo Cuncambias – così gli organizzatori – qualcuno di noi ha detto, citando la celeberrima ‘Nanneddu Meu’ e provando a interpretare il cosiddetto spirito del tempo: – Eh, c’è poco da fare, purtroppo il mondo è così, su mund’est gai -. È vero, il mondo è così, certe leggi e certi processi sembrano immutabili (o quasi), la ciclicità della Storia (con varianti) sembra dimostrarci che, inevitabilmente, alcuni errori sono destinati a essere ricommessi. ‘La storia insegna, ma non ha scolari’, scriveva il nostro conterraneo più conosciuto al mondo. Eppure, esiste il proverbiale granello di sabbia, quel granello capace di inceppare anche la macchina più rigida, il sistema più sofisticato. Granelli come Pinuccio, come Raffaele Muscas, come il nostro Tziu Giuliu. Figure uniche, certo, come lo è ognuno di noi, ma ciò che ci ha sempre appassionato è quando i granelli sono più di uno, e si consorziano, come dire, e diventano così gruppo organizzato, massa critica, moltitudine, arrivando persino a portare il mare dove prima non c’era. Insomma, ci siamo detti, a cosa servono progetti come il nostro? Servono a dimostrare a chi ha occhi per vedere che le cose possono cambiare, che non sempre il destino è segnato per sempre e che, per esempio, un anonimo villaggio del Campidano può diventare un Paese Museo conosciuto in tutto il mondo, se ci si mette un granello di sabbia che diventa comunità. Insomma, è ragionando in questo modo che è spuntato all’improvviso un punto interrogativo, a far diventare domanda ‘Su mundu est gai?’, a farci chiedere e a chiedervi – con ironia, con leggerezza, con la potentissima arma dell’intrattenimento culturale – se le cose devono andare proprio così, o se invece siamo in grado di scegliere noi la direzione da intraprendere, magari ognuno a suo modo. Così, il sottotitolo è diventato “Storie per future narrazioni”, perché stiamo parlando della cosa più importante di tutte, alla fine, ovvero il futuro e, citando altri poeti, vi salutiamo e vi aspettiamo allora nei “paesi di domani, che sono visioni di anime contadine in volo per il mondo”. Perché è che lì siamo intenzionati ad andare: nel domani” (Giacomo Casti).

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Martina Murenu, da Barrali agli Stati Uniti: “Il sogno americano non esiste più, ma resta la determinazione che abbiamo per realizzarci”

"Ricordo di essermi svegliata in una calda giornata d'agosto e di aver deciso di partire. Avevo soli 20 anni". Una delle tante italiane che ha scelto di lasciare il nostro Paese ma che ha un insegnamento importante da dare
“Ricordo di essermi svegliata in una calda giornata d’agosto e di aver deciso di partire. Avevo soli 20 anni”. Una delle tante italiane che ha scelto di lasciare il nostro Paese ma che ha un insegnamento importante da dare
Troppi giovani lasciano l’Italia per trovare un lavoro retribuito il giusto, altri lo fanno per realizzare i propri sogni che nel nostro Paese sono irraggiungibili. Vi vogliamo raccontare la storia di Martina Murenu, 35 anni, nata a Cagliari, cresciuta in un piccolo paesino nel sud Sardegna chiamato Barrali. Poi il trasferimento nel capoluogo per frequentare il liceo linguistico Eleonora d’arborea, per poi cambiare totalmente percorso di studi e appassionarsi alla cucina, presso l’istituto Antonio Gramsci di Monserrato, dove poi si è diplomata. “Durante la scuola, lavoravo spesso in campagna, dalle 5 del mattino in poi. I sacrifici non mi hanno mai spaventata e mi è sempre piaciuto imparare, parlare con persone umili. Cercare di capire come fosse la vita di chi lavora per anni la terra e quanto possa essere dura”.
Una volta diplomata, Martina ha scelto di partire in Inghilterra.
Martina, raccontaci questa esperienza
Ricordo di essermi svegliata in una calda giornata d’agosto e di aver deciso di partire. Avevo soli 20 anni. Ho iniziato come lavapiatti presso l’hotel Champneys, uno dei più famosi e importanti, frequentato a suo tempo da Stanlio e Olio, Merylin Monroe, la regina Elisabetta e tante altre star internazionali. Dopo qualche mese diventai aiuto chef, poi mi chiesero se volessi fare la cameriera e da quel momento ho deciso di alternare per imparare più mansioni possibili. Nello stesso periodo però, ho lavorato anche in una caffetteria, pulivo i battelli e andavo ad aiutare nella lavanderia di una mia amica. Un anno dopo, mi trasferì a Londra, dove dopo qualche mese da commis chef, stavo per essere promossa come chef, ma rifiutai, perché non era ciò che realmente volevo. Dopo questa grande esperienza, tornai in Sardegna per un bel po’ di anni. Qui ho lavorato sempre nella ristorazione e poi in un agenzia di viaggi.
Gli Usa ti hanno cambiato la vita…
Sì, tre anni fa decisi di fare un viaggio di piacere negli Stati Uniti, poi è capitata la fortuna di poterci restare e ho iniziato a vivere il mio sogno. Ma attenzione, per i primi due anni è stato un incubo. Iniziai a soffrire di ansia e attacchi di panico. Ma non mi sono arresa, anche mentre stavo in un letto di un ospedale, mi ripetevo: “è solo un brutto periodo, passerà, ne sono sicura”. Ed è realmente stato così.
Quindi esiste ancora il sogno americano?
Posso raccontare la mia esperienza. Perché dopo 16 anni di lavoro nel settore della ristorazione, ho potuto abbandonare quel mondo -che mi ha dato, ma anche tolto tanto- per intraprendere, dopo un percorso di studi, la carriera di Technical SEO EXPERT. Il frutto di questo risultato lo devo alla mia testardaggine e determinazione.
Quando sono partita il mio intento era quello di godermi il mio viaggio di piacere, poi invece il destino ha voluto che restassi e ho avuto la possibilità di vivere il mio sogno più grande.
Cosa è successo?
Ho deciso di superarmi e realizzarmi, poco a poco. Mi sento veramente soddisfatta e ringrazio anche tutti gli ostacoli perché mi hanno stimolato ad andare avanti a non arrendermi e a ottenere ciò che volevo. Sul sogno americano rispondo che credo ormai sia morto 30 anni. Però posso dire che se uno è un sognatore, che sia in America, Australia, Italia, Spagna, ripeto, se credi nel tuo sogno, quel sogno non potrà mai morire. Quindi per me la cosa importante è sognare e puoi farlo ovunque tu voglia, anche dal letto di casa tua.
Ma l’Italia sembra che cacci i suoi giovani migliori?
L’Italia ha un problema con i salari troppo bassi. I contratti che si firmano nel nostro Paese non prevedono quasi mai una giusta retribuzione. Gli orari spesso non sono umani e i dipendenti, soprattutto nella ristorazione non hanno due giorni liberi consecutivi. In Italia bisogna imparare a riconoscere il valore e il potenziale del proprio dipendente. Dare delle reali promozioni, pagarlo in tempo, riconoscergli gli straordinari.
Lasciare certo libere le persone di poter fare il proprio percorso, anche all’estero se vogliono ma al contempo agevolare, spronare e riconoscere quanto siamo validi così da convincere molti di noi a restare.
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