Tortolì, 14 turisti francesi ubriachi assaltano il bar dell’albergo e picchiano i dipendenti
Il gruppo soggiornava nell'hotel. All'arrivo dei militari il gruppo era già rientrato nelle stanze.
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Un gruppo di 14 francesi, ubriachi, ha assaltato il bar dell’hotel a Tortolì nel quale soggiornavano e aggredito il personale che provava a fermarli.
Il 13 giugno, in piena notte, il gruppo di turisti sarebbe entrato nel bar e avrebbe forzato le saracinesche rubando alcolici e liquori. Il trambusto ha attirato l’attenzione del personale dipendente che, dopo aver chiesto loro spiegazioni, è stato aggredito. Dopo aver ingaggiato una colluttazione, i 14 si sono allontanati rientrando nelle loro camere. Ad avere la peggio è stato un dipendente della struttura turistica che ha riportato un trauma cranico, una contusione al ginocchio sinistro ed una ferita lacero contusa al piede destro, con 10 giorni di prognosi.
Da qui la chiamata ai carabinieri della Stazione di Tortolì, Bari Sardo e della Squadriglia di Lanusei che sono intervenuti immediatamente. I militari hanno identificato i villeggianti francesi che nel frattempo erano rientrati nelle loro stanze, ma sempre in stato di alterazione da alcool.
Quando in Sardegna la cultura resta sola: la riflessione della manager culturale Giuditta Sireus

«Un paradosso ormai diffuso, che colpisce molte realtà: progetti che trovano ascolto e valore lontano da casa, ma restano invisibili, ignorati o ostacolati proprio nei luoghi che dovrebbero esserne il primo nutrimento».
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Negli ultimi tempi si è fatto sempre più acceso il dibattito sul rapporto difficile tra amministrazioni locali e organizzatori di festival ed eventi culturali. In molti casi, gli ideatori di progetti culturali hanno denunciato una mancanza di sostegno, che talvolta li ha spinti a spostare le proprie iniziative altrove, alla ricerca di contesti più accoglienti. In altri casi, gli stessi amministratori non si sono presentati agli eventi, non hanno preso parte alle iniziative e sono rimasti distanti dal tessuto culturale che avrebbero dovuto promuovere. Questa distanza istituzionale, oltre a segnalare disinteresse, contribuisce a far sentire i progetti isolati e poco valorizzati.
Per riflettere su questo fenomeno abbiamo chiesto un parere a Giuditta Sireus, manager culturale e direttrice artistica del Club di Jane Austen Sardegna. Le sue parole sono state nette e le riportiamo integralmente:
«Esprimo una preoccupazione sempre più profonda verso quelle comunità che, in modo sistematico o silenzioso, non sostengono i progetti culturali e le iniziative culturali che nascono e crescono nei propri territori, salvo poi vederli riconosciuti, apprezzati e applauditi altrove», ha spiegato Sireus. «Un paradosso ormai diffuso, che colpisce molte realtà: progetti che trovano ascolto e valore lontano da casa, ma restano invisibili, ignorati o ostacolati proprio nei luoghi che dovrebbero esserne il primo nutrimento».
Secondo Sireus, la mancanza di sostegno non è mai neutra. Può assumere forme economiche, morali, istituzionali, ma anche semplicemente manifestarsi come assenza: un silenzio pesante che incide sulla vitalità dei territori e sulla possibilità stessa che la cultura continui a essere un motore di crescita. «La cultura non è un ornamento né un esercizio autoreferenziale — sottolinea —. È crescita collettiva, condivisione, apertura. È uno spazio comune che vive solo se viene attraversato, sostenuto, difeso».
Non sostenere ciò che nasce sul proprio territorio, aggiunge, significa rinunciare a una parte dell’identità collettiva. Ma rivendica anche la scelta della cosiddetta “barrosia”: restare, anche quando il contesto sembra ostile. «Rimanere non per rassegnazione, ma come dichiarazione di esistenza. Restare per continuare a seminare, per chi apprezza, per chi riconosce il valore di ciò che viene proposto. Restare per alimentare un disturbo positivo: accendere dibattito, stimolare confronto, creare possibilità di bellezza».
Un appello diretto, infine, agli amministratori pubblici: «Sostenere la cultura non è un gesto opzionale, né una concessione. È una responsabilità politica. Ogni assenza, ogni mancata partecipazione, è una scelta che produce conseguenze. Quando un progetto culturale viene lasciato solo, non perde solo chi lo porta avanti: perde l’intera comunità».
Le parole di Sireus tracciano un quadro chiaro e urgente: senza un sostegno consapevole e continuo, senza la presenza attiva di chi amministra e governa i territori, i progetti culturali rischiano di fiorire altrove, privando le comunità del proprio capitale creativo. Restare, seminare, sostenere: queste sono le parole chiave per trasformare la cultura in vero motore di crescita collettiva.
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