Latte sardo, export e volume d’affari a picco: -30% in tre anni

La motivazione principale della crisi è il tracollo dell'export di prodotti caseari verso gli Stati Uniti con un valore passato dai 107 milioni di euro del 2015 ai poco più di 60 dell'anno scorso.
Che fosse in atto una crisi molto importante del settore lattiero-caseario sardo era evidente ben prima delle proteste portate avanti dagli allevatori nei mesi scorsi. la mobilitazione ha fatto conoscere questa crisi in tutto il mondo. Oggi, a certificare le criticità, sono i dati del report di Cna Sardegna che vede il settore registrare un picco dal 2015 ad oggi.
Il crollo, complessivamente, è del 33%, con introiti passati dal record del 2015 di 136,2 milioni ai 91,4 milioni del 2018. Solo nel biennio 2017-2018 sono stati “bruciati” 29 milioni di euro, un dato a dir poco allarmante.
La motivazione principale della crisi è il tracollo dell’export di prodotti caseari verso gli Stati Uniti con un valore passato dai 107 milioni di euro del 2015 ai poco più di 60 dell’anno scorso.
«Appare fondamentale – spiegano il presidente e il segretario regionale della Cna Sardegna, Pierpaolo Piras e Francesco Porcu – diversificare i prodotti, investendo sullo sviluppo del settore agroalimentare nel suo complesso, promuovendo l’accesso ai mercati internazionali di altre produzioni oltre a quelle lattiero-casearie. Le produzioni regionali di qualità del comparto enologico, pastario, oleario, etc., sono ancora poco conosciute all’estero e hanno un ampio potenziale di crescita. La strategia di promozione del brand dei prodotti caseari può rappresentare un riferimento per lo sviluppo degli altri settori merceologici».
«D’altra parte – aggiunge Porcu – anche mercati fino ad ora poco inclini all’import agroalimentare di prodotti occidentali, ed italiani in particolare, sono destinati a crescere rapidamente. La nuova classe media di paesi come India o Cina (senza dimenticare la Russia post sanzioni o il Sud America) rappresenta il potenziale consumatore di prodotti sardi in un futuro ormai prossimo. A partire dal 2009 la Cina ha sperimentato un vero e proprio boom di importazioni di prodotti agroalimentari (+230%), in particolare dall’Italia, un trend di crescita che, a giudicare dai programmi per la creazione di corridoi commerciali come la Via della Seta è ragionevole ritenere possa proseguire anche in futuro».

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