La campagna elettorale per le regionali sarde 2019 è stata intensa ed è andata avanti a suon di confronti fra i candidati, manifesti e santini affissi e sparsi per le strade dell’Isola. Un carrousel che si è concluso fra giovedì e venerdì con lo spauracchio, fra i candidati, della violazione del silenzio elettorale.
Da ieri, però, quello che sarebbe dovuto essere un silenzio da rispettare si è trasformato in un silenzio da aggirare. E se non del tutto platealmente, c’è chi fra un tweet, un hashtag e un post si è lasciato decisamente andare. Tralasciando le pagine private degli utenti e le chat, sempre private, di Whatsapp, dove corrono ancora santini e richieste di voto, ci sono stati appelli su Facebook e Twitter nella pagine pubbliche e negli account di esponenti politici che tutto dovrebbero fare fuorché dare il cattivo esempio. Un capitolo a parte, decisamente più locale, andrebbe dedicato a chi, fra i candidati consiglieri, ha continuato a far girare la propria pubblicità a pagamento sulle proprie pagine pubbliche.
Pignoleria a parte, andiamo con ordine. Dalla mezzanotte di venerdì 22 febbraio, quando è scattato il silenzio, l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha lanciato il suo appello con un cinguettio di pochi caratteri ma dagli hashtag inequivocabili:
“Domani per il futuro della #Sardegna la scelta è tra @massimozedda e #Salvini. Un giovane e brillante amministratore sardo contro l’uomo mascherato”.
Qualche ora dopo, lo stesso ministro dell’Interno Matteo Salvini ha pubblicato dei post sulla sua pagina Facebook e ha twittato appelli al voto per la Lega. La propaganda del ministro è continuata poi per tutta la mattina di oggi.
Fra chi ha criticato il vicepremier, c’è l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta che, non violando il silenzio, sempre su Twitter ha scritto:
“C’è la regola del #silenzioelettorale. C’è la regola che stia al #MinistroInterni farla rispettare essendo responsabile, nel nome di tutti,della regolarità del voto. Poi c’è la realtà di un Ministro che rompe lui stesso,anche oggi,la regola.Sono l’unico a trovare indegno tutto ciò?”
Dopo di lui, contro la propaganda del leader della Lega, il candidato alla segreteria del Pd, Maurizio Martina che su Twitter risponde:
“Anche oggi Salvini viola il #silenzioelettorale e se ne frega delle regole. Che vergogna. Deve proprio sentirsi tanto insicuro di quello che fa e che dice per arrivare a tanto #Sardegna #Zeddapresidente”.
E qui casca l’hashtag, perché Martina critica sì, ma rilancia con la stessa moneta di Matteo Salvini.
Dopo tutto questo naufragare fra chi non rispetta le regole, chi si indigna e chi critica ma fa altrettanto, arriva Silvio Berlusconi che circa un’ora fa ha lanciato anche lui, candidamente, il suo tweet:
“Oggi si vota per la #Sardegna. Votate #ForzaItalia per scegliere un nuovo governo capace e competente e cambiare il #futuro di questa bellissima regione. Avete tempo fino alle 22.00, buon voto! #ElezioniSardegna”
Vero è che, come qualcuno ha fatto notare, la legge che regolamenta la propaganda elettorale (legge n.212 del 1956) è una legge nata quando ancora i social network erano fantascienza e perciò fra i contesti della pubblicità elettorale non sono annoverate in alcun modo queste piattaforme. Ma se di propaganda elettorale effettivamente si tratta, che sia su una piattaforma social o gridata in una piazza, sempre propaganda è.
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