(VIDEO) Pastori fermano un camion sulla 131 e ispezionano la carne: “Viene dalla Polonia”

«Questa è la dimostrazione di come siamo presi in giro - ha detto uno dei pastori saliti sul camion mostrando l'etichetta di provenienza -. Questa non è carne italiana, non ha i requisiti che invece chiedono a noi. Ci hanno accusato di buttare carne buona, noi non buttiamo niente ma sappiamo che arriva dalla Polonia».
La strada statale 131 risulta bloccata da questa mattina in più punti per la protesta dei pastori sardi. All’altezza del bivio di Lula alcuni pastori hanno ispezionato un camion che trasportava carne.
Davanti ai manifestanti presenti alcuni pastori hanno aperto il camion e hanno controllato le etichette dei capi macellati, mostrando la doppia etichetta italiana e polacca.
«Questa è la dimostrazione di come siamo presi in giro – ha detto uno dei pastori saliti sul camion mostrando l’etichetta di provenienza -. Questa non è carne italiana, non ha i requisiti che invece chiedono a noi. Ci hanno accusato di buttare carne buona, noi non buttiamo niente ma sappiamo che arriva dalla Polonia».
Sul posto era presente la Polizia che ha monitorato la situazione.
Ecco uno dei video dell’episodio pubblicato su Facebook:
Gepostet von Gastone Felice am Mittwoch, 13. Februar 2019
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Quando non c’era il grano, si mangiava Su Pan’Ispeli: conoscete il pane antico della Sardegna?

Citato da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.
L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.
Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.
Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.

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