Folklore, Magia e Tradizione: le anime pietrificate in Sardegna e dove trovarle
Le storie che racconteremo oggi parlano di amori tormentati, di passione, avidità e di pietrificazione: ebbene sì, la pietrificazione, spesso utilizzata come punizione, fa parte di molte leggende della tradizione sarda. Eccone alcune.
Con una nuova leggenda, anzi con una serie di leggende legate alla pietrificazione degli uomini in Sardegna, continua il viaggio all’interno del folklore isolano.
La pietrificazione, molto comune nei racconti delle tradizioni popolari, appare spesso come una punizione per i vari protagonisti che si ritrovano ad affrontare amori proibiti oppure convivono con lati particolarmente spinosi del proprio carattere.
Efis e Efisina
Pioggia e vento incessanti hanno modellato nel Monte Ruju, tra l’Anglona e la Gallura, un masso che sembra raffigurare due figure umane. Non si tratta di due figure umane qualsiasi, ma di due innamorati, un frate e una suora, che tendono l’un verso l’altra, nel tentativo vano di sfiorarsi.
La leggenda narra che Efis ed Efisina si amavano profondamente. Come nelle più tormentate storie d’amore però, non pochi ostacoli si frapposero tra loro. Infatti, tra le loro rispettive famiglie, aleggiava una pesante «disamistade» da anni e la loro eventuale unione era da considerarsi fuori discussione. Le storie degli antenati di Efis ed Efisina era costernarti di vendette, omicidi, diatribe e delitti, quindi non appena i genitori capirono che tra i due giovani stava nascendo del tenero, iniziarono a scoraggiarli con pesanti minacce.
Tuttavia, più le famiglie ostacolavano quest’unione, più la passione e l’amore dei giovani cresceva e si rafforzava. I genitori di Efisina, stremati dalla fatica di tenere lontana la figlia da Efis, decisero di rinchiuderla in un convento. Neanche questo riuscì a fermare l’amore dei ragazzi, infatti, più e più volte, Efis fece diversi tentativi per far evadere la sua innamorata dal convento, senza però riuscire nell’impresa. I giovani venivano puntualmente beccati e rispediti chi nella struttura religiosa e chi a casa.
Anche i genitori di Efis arrivarono ad un punto di non ritorno, non riuscendo più a controllare il loro figlio, decisero di spedirlo a loro volta in un monastero. Questo fu il periodo più duro per i due amanti che erano addolorati dalla lontananza e durante le giornate si disperavano e piangevano. Nella testa di Efis ronzava sempre il pensiero di scappare, rapire Efisina e scappare insieme. Architettato un nuovo piano di fuga, Efis lasciò il monastero durante la notte e si diresse verso il convento di Efisina.
Una volta arrivato in convento, Efis riuscì ad eludere la guardia dei frati e a riunirsi con Efisina, i due si diressero di corsa verso la cima del Monte Ruju, dove avevano pianificato di nascondersi. Nel mentre però, si scatenò una terribile bufera e, camminare lungo il dirupo, tra le rocce appuntite, era sempre più difficile. Pioggia, tuoni e fulmini ostacolavano il percorso degli innamorati e, ad un certo punto, un bagliore fortissimo ruppe il cielo e li colpì, pietrificandoli all’istante.
Ancora oggi, sulla strada che da Tempio conduce a Castelsardo, sul Monte Ruju, si vedono le sagome pietrificate di Efis ed Efisina che testimoniano, nonostante tutto, la potenza dell’amore.
L’avidità di Giorgia
Giorgia era una giovane ragazza molto avara e per niente gentile. La leggenda narra che un giorno la donna doveva recarsi nell’aia, dove i trebbiatori stavano raccogliendo gli abbondanti raccolti che il suo campo aveva prodotto.
Per ringraziare i trebbiatori, Giorgia decise di preparare un bel pranzo e di metterlo nella sua corbula. Una volta finito di preparare tutto si avviò verso i campi. Durante il percorso si imbatté in un povero mendicante che le chiese un po’ di cibo.
«Non ho niente con me» disse scocciata la donna.
Il mendicante allora indicò la sua corbula, ma Giorgia gli rispose, mentendo:
«Qui ci sono solo pietre».
Non fu una scelta azzeccata perché quel mendicante era Dio in persona che, visto l’animo avido della giovane, decise di punirla per il suo comportamento:
« E pietra diventerai!» esclamò prima di scomparire.
La ragazza, sentendo tutti gli arti irrigidirsi, provò a fare qualche movimento, a scappare, ma non ci riuscì: si rese improvvisamente conto di essere pietrificata.
La pietrificazione, come si può notare dalle leggende che fanno parte della tradizione sarda, compare spesso come punizione dei protagonisti che si ritrovano intrappolati nel loro stesso corpo. Le storie di cui abbiamo parlato vengono raccontate anche da Dolores Turchi nel libro “Leggende e racconti popolari della Sardegna” e da Gino Bottiglioni in “Leggende e tradizioni di Sardegna”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA