Folklore, Magia e Tradizione: la leggenda dei sei briganti sanguinari e della loro sete di vendetta
La leggenda di oggi ricorda un po' la storia del cavallo di Troia, un espediente molto astuto utilizzato per vendicarsi ed attaccare i propri avversari. Tuttavia, stavolta, lo stesso metodo non funzionò come sperato ed ebbe per questo motivo tragiche conseguenze.
Tanto tempo fa, nei territori interni della Sardegna, viveva un padre con i suoi figli. Non erano certo ricchi sfondati, ma se la cavavano, ognuno contribuiva facendo qualcosa di utile per la famiglia e si tirava avanti.
Un giorno, il padre insieme ad uno dei figli, andò a tagliare un po’ di legna in una foresta non troppo distante dalla loro abitazione. Percorrendo a passi veloci la foresta, scoprirono il covo di sei briganti che erano famosi in tutto il paese per la loro estrema cattiveria. Padre e figlio, nascosti dietro un cespuglio, notarono che i malviventi, prima di lasciare il loro antro, chiudevano la porta a chiave e nascondevano quest’ultima sotto una grande roccia, dopodiché con armi pericolosissime, si recavano a compiere malefatte indicibili.
Colpiti da questa scena, i due uomini tornarono spesso davanti all’ abitazione dei briganti per osservarli: presero a studiare attentamente ogni loro abitudine, e uno di quei giorni, il padre propose al figlio di rubare la chiave per impossessarsi di qualche soldo, dato che, ognuna di esse era stata rubato a sua volta.
L’uomo e il giovanotto, quatti quatti, riuscirono a recuperare la chiave e, aperto l’uscio, si introdussero nella casa. Quale meraviglia si stagliò davanti ai loro occhi: ricchezze di ogni tipo, gioielli, monete d’oro, sembrava un sogno. Mossi da un’improvvisa frenesia, i due uomini rubarono quanto più poterono e raccolsero un bel bottino. Soddisfatti tornarono a casa loro.
L’indomani, padre e figlio ripeterono la medesima operazione e così per il terzo giorno consecutivo, noncuranti delle trappole che i briganti, accortisi dei furti, avevano sparso per l’abitazione. A pagarne le conseguenze fu il figlio: entrato per primo nella casa, cadde in un fosso pieno di melma.
Inutili furono i tentativi del padre per salvare il ragazzo, per quanto provasse e riprovasse, il figlio continuava a stare nel fosso, ricoperto di melma. Contrariamente ad ogni prognostico, l’uomo, per paura di essere scoperto, mozzò bruscamente la testa al figlio e temendo di essere vittima dell’ira dei briganti scappò a gambe levate.
Tornati a casa i malviventi scoprirono quel corpo decapitato e, per dare una lezione ad eventuali altri saccheggiatori, lo appesero ad un albero. Uno tra i sei briganti restò a far la guardia al cadavere, convinto che qualche complice sarebbe tornato a prenderlo, presto o tardi. Il padre del ragazzo era in crisi: da una parte voleva recuperare il corpo del figlio, ma dall’altra era spaventato a morte. Così, disperato, si recò da una bruxia, per chiederle consiglio sul da farsi.
La donna gli diede precise indicazioni su come recuperare il corpo e l’uomo le seguì alla lettera: si recò nel luogo dove, purtroppo, era impalato il corpo con un altro dei suoi figli e, mentre quest’ultimo batteva due tavolette di legno tra loro, imitando il rumore di due montoni, lui si diresse verso il defunto figlio. Nel mentre, al suono delle tavolette, la guardia si spostò convito di dare la caccia alle bestie per procurarsi del cibo.
I briganti, scoperto il duplice inganno, si infuriarono a morte! Si impegnarono per scoprire chi aveva osato fare un affronto simile, ma non scoprirono mai niente.
Anni dopo, i malviventi, giunsero presso un paese non lontano, dove seppero che un uomo era diventato improvvisamente ricchissimo e aveva anche perso un figlio in modo tragico, decapitato. Tramite varie ricerche, scoprirono che si trattava proprio della persona che li aveva derubati tempo fa e decisero di vendicarsi. Andarono presso un bottaio e ordinarono sei grosse botti con ciascun coperchio che si potesse togliere facilmente e fecero recapitare, sempre dal medesimo bottaio, queste sei botti al ricco signorotto del paese.
Proprio come Ulisse ed i troiani con il loro cavallo di Troia, i briganti si nascosero dentro le botti che, a loro volta, vennero sistemate all’ingresso della casa. Durante la notte, una delle serve, si recò a spillare del vino e, nel silenzio della casa udì una voce sommessa provenire da una dalle botti che diceva:
« Viara ora di fare una bella festa a custu signori».
Spaventatissima, la serva riferì quanto sentito al padrone che chiamò i suoi potenti gendarmi. Nella notte si consumò una battaglia asprissima, ma i gendarmi, essendo in maggioranza, ebbero la meglio. Alcuni banditi furono uccisi, altri imprigionati e, dalla fine del conflitto fino alla fine dei suoi giorni, il signorotto poté godersi in pace tutte le sue ricchezze.
La storia dei sei briganti e del loro triste epilogo viene raccontata nelle famiglie sarde da anni e anni, inoltre è presente nel testo di P. Lutzu: «Due novelline popolari sarde quale contributo alla leggenda del tesoro Rampsinite, re d’Egitto» Sassari, Tip. G. Dessì, 1990.
© RIPRODUZIONE RISERVATA