Alla diciannovesima giornata del campionato di Prima Categoria, la seconda del girone di ritorno, sfida di cartello al Fausto Coppi. Il Serramanna Calcio attende la Gioventù Sarroch per giocarsi, forse, più della metà del suo campionato da prima della classe. I biancazzurri infatti viaggiano a dodici punti di distanza dai blucerchiati e se si conta, in aggiunta, una differenza reti più che favorevole, visto lo 0 a3 dell’andata, le jeux sont fait. Per gli ospiti questa infatti può essere l’ultima occasione per riaprire le danze di un campionato che sembra ormai nelle mani dei mediocampidanesi. Domenica scorsa, nella sfida casalinga con l’Atletico Lotzorai, Pisano, Squicciardini e Nicola Atzori hanno riacceso le speranze di recuperare una corazzata che viaggia a vele spiegate. Eppure i gialloblù hanno di che rammaricarsi. La sconfitta di Quartu Sant’Elena, di fronte al contemporaneo ministop a Cagliari del Serramanna, è quasi un peccato inconfessabile, oltre che imperdonabile, con punti aurei lasciati per strada. Senza contare la sconfitta casalinga col Gemini Pirri che alla giornata dell’Epifania ha consegnato alla squadra di Carracoi le chiavi del campionato.  Meglio pensare allora all’ultima vittoria fuori dalle parti della Saras, quella maturata nel match prenatalizio a Is Mirrionis contro il Cus Cagliari, per trovare la giusta dose di coraggio che serve per affrontare la delicata trasferta di domani.

Dall’altra parte, il Serramanna viene dalla vittoria sofferta, per 4 a 2, conquistata a Selargius col Gemini. Una partita che sembrava vinta e stravinta, visto il secco 3 a 0 del primo temp, in virtù della doppietta di Amorati e il gol di Meloni. Ma la prima della classe ha dimostrato il suo lato più umano, “squagliandosi” in quarto d’ora giocato alla morte dai pirresi con le reti di Prefumo e Pibiri, e tirando fuori gli artigli per chiudere i conti con un’altra maledetta domenica. Il calcio è anche questo, d’altra parte.

Per Fabrizio Carracoi una settimana di lavoro, con l’abbuffata amichevole di giovedì a Siliqua, in vista del big match. Ma i problemi non mancano, soprattutto a centrocampo. La squalifica di Frongia è un grosso handicap nello scacchiere del sardarese, ma il recupero di Frau e il ritorno al gruppo di Alessandro Secchi fanno tirare un sospiro di sollievo. Dubbi su William Amorati. Il bomber numero 9 martedì ha risentito di un affaticamento, forse una leggera contrattura, e giovedì non ha partecipato all’amichevole, lavorando in maniera differenziata nell’allenamento di venerdì.  In linea di massima, si confida in una sua preziosa disponibilità per domani. Dubbi, decisamente più soft, anche per Luca Coccodi. Per il serra mannese una  botta in allenamento, ma il suo recupero è quasi certo.

Valerio Saba aveva 28 anni. Era un ragazzo timido, di quelli che si coprono la bocca quando sorridono, come se anche la gioia dovesse chiedere permesso. Viveva a Guspini, nel sud della Sardegna, e si svegliava all’alba per lavorare nei mercati. Una vita semplice, silenziosa, spezzata da una delle accuse più infamanti che possano colpire un essere umano.

La sua storia, raccontata da Roberto Saviano, inizia nei primi giorni di gennaio 2023. Un giorno qualunque, finché il telefono di Valerio comincia a vibrare senza sosta: notifiche, messaggi, insulti. Accuse. Valerio non capisce cosa stia succedendo. In poche ore diventa il bersaglio di un “call-out”, una denuncia pubblica senza prove e senza processo. La chiamano giustizia rapida. In realtà è squadrismo digitale.

Tutto nasce da un post sui social. Un uomo scrive che qualcuno avrebbe tentato di adescare suo figlio, un bambino di sette anni. Racconta di essere andato dai carabinieri, senza trovare nessuno in caserma. Decide allora di affidarsi ai social. Da lì parte la caccia.

Viene descritta un’auto. Poi viene indicata. Poi fotografata. Infine viene pubblicata la targa. Un altro padre interviene: «Si è denudato davanti a mio figlio». Poco dopo un altro ancora: «Anche davanti a mia figlia, una bambina di 11 anni». Le accuse si moltiplicano, si rafforzano a vicenda, diventano “verità” solo perché ripetute.

Le voci arrivano fino alla sorella di Valerio. Poi a sua madre, che lo chiama e gli chiede: «Bambino, ricordami il numero della targa». In quell’istante Valerio capisce che il veleno è entrato in casa. È tutto falso. In quei giorni lui non era nemmeno in paese. Il GPS dell’auto lo dimostra. Ma la verità non corre veloce quanto l’odio.

Valerio non ha strumenti per difendersi. Contro l’accusa più atroce — fare del male ai bambini — non esiste una difesa pubblica efficace. Il marchio resta, anche quando è falso. E vivere così diventa insopportabile. Valerio è innocente. E si impicca.

Prima scrive a sua madre: «Ciao mamma, scusami per tutto e per le poche parole, ma ti voglio un mondo di bene, sei la migliore». Poi invia un ultimo messaggio: il PIN del bancomat. Per lasciarle i pochi soldi che aveva risparmiato. La Procura apre un’indagine su alcuni protagonisti della gogna mediatica. Ma Valerio non tornerà. La gogna non è giustizia. È violenza che si traveste da moralità. Non cerca la verità. Cerca vittime.