Non sono arrivati sin qui dall’Olanda con le proprie ali, ma saranno loro a portarli in alto nei cieli sardi. Destinazione: Olmedo. Tre giovani grifoni sono finalmente atterrati a Cagliari lo scorso 17 gennaio allo scalo merci dell’aeroporto del capoluogo sardo.

I tre esemplari, due maschi e una femmina di circa dieci mesi, sono nati in cattività al “Royal Zoo Artis” di Amsterdam. Hanno superato tutti i controlli sanitari preventivi, risultando negativi ai test sulle malattie che colpiscono gli uccelli, fra cui influenza aviaria, la ‘Newcastle’ o ‘pseudopeste aviare’ e la ‘West Nile Disease’.

Il trasferimento dei tre rapaci rientra nelle azioni del progetto LIFE Under Griffon Wings – Sotto le ali del grifone, ideato per la conservazione della specie e che coinvolge l’Università di Sassari (capofila del progetto) il Comune di Bosa, il Corpo forestale e l’Agenzia Forestas.

Arrivati in Sardegna all’interno di speciali gabbie da viaggio, i tre sono ospitati presso il Centro di recupero fauna di Bonassai, gestito da Forestas, prima di essere trasferiti nella voliera di pre-ambientamento del presidio forestale di Monte Minerva a Villanova Monteleone. In seguito si procederà alla loro liberazione nella zona di Villanova, dove si uniranno ai 38 già rilasciati in questi ultimi due anni. I grifoni saranno monitorati con un trasmettitore GPS, in questo modo lo Zoo Artis sarà in grado di seguirne il comportamento nel nuovo ambiente.

L’attivazione del progetto ha richiesto la creazione di carnai aziendali per l’alimentazione dei rapaci, i grifoni in questo caso, e proprio per questo la regione Sardegna è stata la prima in Italia ad attivare le deroghe previste dai regolamenti comunitari per lo smaltimento dei SOA (carcasse animali) in Italia.

Quella del progetto LIFE Sotto le ali del grifone è una delle tante collaborazioni che la Sardegna, attraverso l’Agenzia Forestas, ha attivato con centri di ricerca francesi e spagnoli.

Cagliari, il Consiglio di Stato conferma il divieto di legare le bici fuori dagli stalli.

Una decisione che farà discutere e che segna un punto a favore del decoro urbano in città. Il Consiglio di Stato ha “promosso” il giro di vite voluto dall’amministrazione dell’ex sindaco Paolo Truzzu, confermando la piena legittimità del divieto di incatenare le biciclette fuori dagli stalli dedicati.

Con una sentenza che rigetta il ricorso presentato dalla Fiab di Cagliari, i giudici di Palazzo Spada hanno messo la parola fine a una lunga battaglia legale.

Il provvedimento, incluso nel regolamento di Polizia e Sicurezza Urbana approvato dalla precedente amministrazione comunale, stabilisce in modo chiaro e inequivocabile che è vietato legare le biciclette a “infrastrutture pubbliche non destinate allo scopo”. La violazione di questa norma comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie che vanno da un minimo di 100 a un massimo di 300 euro.

I giudici hanno spiegato che la decisione mira a tutelare, in un’ottica di miglioramento della vivibilità e del decoro della città, quelle infrastrutture che spesso si trovano sui marciapiedi, nelle piazze, nei parchi, o vicino a monumenti. Si tratta di elementi di arredo urbano come ringhiere, recinzioni o pali, per i quali è già generalmente vietata la sosta di qualsiasi veicolo. Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, la disposizione non viola in alcun modo le norme del codice della strada.

Ma la sentenza va oltre, affrontando un punto cruciale sollevato dai ricorrenti. La Fiab aveva denunciato una presunta disparità di trattamento tra gli “utenti deboli”, ovvero i ciclisti, e gli “utenti forti”, come gli automobilisti, sostenendo che la norma penalizzasse i primi a vantaggio dei secondi. Il Consiglio di Stato ha respinto categoricamente questa tesi, evidenziando che una disparità di trattamento può essere configurabile solo in presenza di situazioni perfettamente identiche, e che tale condizione non sussiste in questo caso. I giudici hanno inoltre ritenuto infondata la disparità invocata in appello anche rispetto ai monopattini.

Infine, sono state giudicate infondate anche le censure che contestavano la presunta contraddittorietà del regolamento con gli obiettivi fissati dal Piano Urbano della mobilità sostenibile. A questo proposito, il Consiglio di Stato ha ribadito che si tratta di una valutazione discrezionale, per la quale “il giudice non può sostituirsi all’amministrazione”. La decisione ha quindi confermato la legittimità dell’azione comunale, stabilendo che la tutela del decoro urbano è un obiettivo prioritario che può essere perseguito attraverso normative specifiche.