Giunto alla sua quarta edizione il concorso richiama sempre più partecipanti, il premio è un prestigioso riconoscimento che moltissimi produttori, con aziende di dimensioni diverse, anche a conduzione familiare vorrebbero poter esporre nella propria azienda.

Anche quest’anno molti produttori sardi hanno presentato la propria candidatura. I formaggi, che devono essere prodotti con latte italiano al 100 per cento, sono stati suddivisi in 10 differenti categorie, ciascuna delle quali avrà un vincitore che si conoscerà il 13 ottobre. La Sardegna è presente in quattro di queste categorie con quattro diversi produttori. Per la categoria “Fresco”, la caciotta Sa Cabreria, dell’azienda di Antonangelo Brau di Carbonia, per la categoria “stagionato” Re Marmo di Zanda Formaggi di Masullas, a contendersi il premio col Parmiggiano per la categoria “stagionato oltre 24 mesi” Fiore Sardo dop del Caseificio Debbene di Macomer, e infine per la categoria “erborinato” è arrivato in finale il Chevriblu di Argiolas di Dolianova. Fino ad ora solo un formaggio sardo, quello del caseificio Monzitta e Fiori, col pecorino Iscala Murada è riuscito a conseguire l’ambito riconoscimento nel 2016. Non ci resta che aspettare il 13 ottobre per scoprire se verrà decretato il migliore qualcuno dei formaggi sardi, o anche tutti e 4, perché no?

Ecco le migliori osterie d’Italia, regione per regione e parola di Slow Food. Il meglio della ristorazione italiana reparto tradizione, tra prodotti di prossimità e ricette tipiche, semplicità e vero spirito d’accoglienza: i curatori Eugenio Signoroni e Marco Bolasco hanno presentato a Torino la Guida alle Osterie d’Italia 2019 di Slow Food, giunta all’edizione numero ventinove.

Un volume che negli anni è diventato faro del settore perché, come dice Signoroni, “l’osteria, che negli anni ’90 sembrava votata al declino, ha mostrato che non solo non era finita, ma era più viva che mai e a poco a poco è stata capace di evolversi, assumendo nuove forme”. “Tradizione e territorio sono diventati obiettivi culturali, la proposta di vini e altre bevande interessanti è cresciuta – sottolinea Bolasco – e sempre più ai fornelli non ci sono le nonne ma giovani talenti che dell’osteria conservano l’informalità e il prezzo ma hanno solide basi di cucina contemporanea”.

Ma ecco, riportato da Repubblica, il decalogo dell’Osteria contemporanea ovvero i dieci punti che fanno di un’osteria una grande meta: è accogliente e conviviale, ha un giusto rapporto qualità prezzo, conosce a fondo la materia prima che usa, lavora prodotti prossimità, sa proporre il vino anche se è quello della casa, non ha menu degustazione, non scimmiotta il ristorante importante ed è fiera delle sue radici popolari, è moderna senza rinnegare il passato, non insegue le mode, ma spesso le anticipa, ha un bravo oste o più d’uno.

La guida segnala ben 1617 locali (con 133 new entry), tra le quali si evidenziano 213 osterie da visitare per la notevole selezione di formaggi, 361 con la carta dei vini particolarmente attenta al territorio, 484 con un orto di proprietà, 370 che propongono un menu vegetariano, 321 con possibilità di alloggio. Il meglio, poi, è indicato col simbolo di Slow Food, la chiocciola: sono 279 chiocciole, cioè i locali che meglio incarnano il modello di osteria.

Ma ecco la lista delle migliori osterie di Sardegna:

La Locanda Dei Buoni E Cattivi, Cagliari
Su Tzilleri E Su Doge, Cagliari

Su Carduleu Abbasanta (Or)
Santa Rughe Gavoi (Nu)
Su Recreu Ittiri (Ss)
Il Portico (Nu)
Il Rifugio (Nu)
Antica Dimora Del Gruccione, Santu Lussurgiu (Or)
Sas Benas, Santu Lussurgiu (Or)