(VIDEO) I segreti dei centenari d’Ogliastra protagonisti domani su Nove tv
Giornalisti e studiosi ogni giorno arrivano da tutte le nazioni per scoprire il segreto di questa longevità. Sarà il cibo o forse l'acqua? La struttura sociale o magari l'attività fisica? Intanto i centenari dell'Ogliastra si godono tutta questa attenzione.
In Ogliastra si vive più a lungo che nel resto del mondo. Solo un’isoletta greca, una giapponese e un angolo del Costarica le fanno concorrenza. Il docufilm ”A chent’annos – I segreti dei centenari in Sardegna”, in onda domenica 30 settembre alle 23:30 sul NOVE alla vigilia della Giornata Internazionale degli Anziani (1° ottobre), racconta il fascino e i misteri della longevità made in Sardinia.
Esistono alcune parti del mondo in cui è possibile vivere felici e a lungo. Queste aree sono state battezzate ”blue zone”: qui arrivare a cento anni è più facile che altrove e l’età media è altissima. Dieci anni fa delle indagini demografiche hanno identificato la provincia di Nuoro come l’area con la più alta concentrazione dei centenari. Un luogo umile che accarezza il sogno perenne dell’uomo, se non l’immortalità la vita più lunga possibile. Giornalisti e studiosi ogni giorno arrivano da tutte le nazioni per scoprire il segreto di questa longevità. Sarà il cibo o forse l’acqua? La struttura sociale o magari l’attività fisica? Intanto i centenari dell’Ogliastra si godono tutta questa attenzione.
Nel docufilm racconteranno le loro abitudini: Anna Maria Loddo (100 anni), Bachisio Ladu (100 anni), Serafina Dettori (93 anni), Luigina Mulas (101 anni), Assunta Podda (99 anni), Gaspare Mele (107 anni), Giovannangelo Demurru (100 anni), Michelino Scudu (100 anni), Paola Marongiu (102 anni). ”A chent’annos – I segreti dei centenari in Sardegna” di Giuseppe Scarpa, Michele Cocchiarella e Stefano Pistolini, è realizzato da Stefano Pistolini e Massimo Salvucci, con la collaborazione di Cristiano Panepuccia, Salvatore Taras, Antonella Liucci e Antonella Mignone. È prodotto da Darallouche per Discovery Italia. Il programma sarà disponibile anche su Dplay
Domani alle 23.30 sveliamo #ISegretiDeiCentenariInSardegna: cosa si nasconde dietro la longevità? #AChentAnnos
Posted by NOVE on Saturday, 29 September 2018
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Meraviglie di Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu, uno dei monumenti preistorici più spettacolari d’Europa

Si tratta di uno dei monumenti più belli e spettacolari della Sardegna: la domus de janas di Sant'Andrea Priu nel territorio di Bonorva.
Meraviglie di Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu uno dei monumenti preistorici più spettacolari d’Europa.
Si tratta di uno dei monumenti più belli e spettacolari della Sardegna: la domus de janas di Sant’Andrea Priu nel territorio di Bonorva.
Situata nel territorio di Bonorva, nel cuore della Sardegna, questa straordinaria necropoli prenuragica scolpita nella trachite risale a oltre cinquemila anni fa, ed è un autentico scrigno di misteri, simbolismi e trasformazioni culturali che attraversano i millenni. Le sue origini si collocano nel periodo neo-eneolitico, tra il IV e il III millennio a.C., ma la sua storia non si ferma alla preistoria: è un luogo vissuto, riadattato, trasformato e continuamente reinterpretato dall’uomo attraverso le epoche, dall’Età Romana fino al Medioevo, lasciando tracce visibili e suggestive di ogni passaggio.
La necropoli si sviluppa a meno di dieci chilometri da Bonorva, su una piana nei pressi del villaggio di Rebeccu, dove un affioramento roccioso lungo 180 metri e alto 10 è stato scolpito con incredibile maestria per creare un complesso funerario composto da venti domus de Janas. Alcune sono ricavate sulla parete verticale, altre direttamente sul pianoro, ma tutte custodiscono al loro interno un prodigio di dettagli architettonici che riproducono le abitazioni dell’epoca: vere e proprie case scolpite nella pietra, con nicchie, portelli, banconi, ambienti comunicanti e persino focolari in rilievo, per accompagnare i defunti nel loro viaggio nell’aldilà come se fossero ancora nel calore della propria dimora terrena.
Tra tutte, spicca in modo imponente la cosiddetta “Tomba del Capo”, un autentico labirinto ipogeo di 250 metri quadrati composto da 18 ambienti disposti attorno a due vani principali. L’ingresso, attraverso un atrio, conduce in una spaziosa anticella semicircolare di sette metri di diametro, che apre a due celle rettangolari disposte in asse longitudinale. Da queste si diramano numerose stanze secondarie, con ulteriori vani, piccole nicchie e banchi in pietra, in un intricato ma armonioso intreccio di ambienti. Al centro di alcuni spazi si trovano delle coppelle votive incise nel pavimento – tre nella prima anticella e ben quindici nella cella maggiore – usate probabilmente per rituali e offerte. Il soffitto è scolpito con una raggiera di solchi che simula le antiche travature lignee dei tetti delle capanne eneolitiche, in un esempio di maestria tecnica e valore simbolico davvero straordinario. La tomba a capanna, di forma circolare, preceduta da un vano rettangolare, rafforza questa volontà di riprodurre con precisione e sacralità gli spazi domestici in chiave funeraria.
Non mancano suggestioni simboliche anche nelle tombe minori: in una di esse si distingue chiaramente un focolare ricavato nel pavimento, con un anello in rilievo, testimone silenzioso di una spiritualità radicata nella quotidianità e nella centralità del fuoco. E al di sopra delle tombe, svetta una roccia dalle forme sorprendenti: nota come “il Campanile” o “Toro Sacro”, è un maestoso monolito modellato non dalla mano umana, ma dagli agenti atmosferici, che ha alimentato per secoli racconti e interpretazioni mitiche.
Ma la straordinaria storia di Sant’Andrea Priu non finisce qui. La necropoli, infatti, fu riutilizzata in epoca romana e successivamente bizantina, fino al Medioevo. La stessa Tomba del Capo venne trasformata in una chiesa rupestre, diventando uno dei primi luoghi di culto cristiano in Sardegna. Durante le persecuzioni, fu qui che i primi cristiani dell’isola si rifugiarono per pregare e celebrare i riti, in uno spazio che da pagano divenne sacro. L’ambiente principale fu intonacato più volte e decorato con affreschi che rappresentano scene del Nuovo Testamento: una vera meraviglia dell’arte romanica sarda. Intitolata a Sant’Andrea, la chiesa fu probabilmente già adattata al culto in epoca bizantina e venne riconsacrata nel 1313 dal vescovo di Sorres, Guantino di Farfara. Gli ambienti furono riorganizzati secondo le funzioni liturgiche: un nartece per i catecumeni, una navata per i fedeli e un presbiterio per gli officianti.
In questo straordinario spazio, le tracce del tempo convivono in un’unica narrazione: accanto a disegni geometrici e pitture rupestri in ocra rossa di epoca preistorica, compaiono iscrizioni medievali, affreschi paleocristiani e scene religiose che raffigurano momenti fondamentali della vita di Gesù, dall’Annunciazione alla Visitazione, dalla Natività all’Adorazione dei Magi, dalla Presentazione al Tempio fino alla Strage degli Innocenti, passando per la figura di San Giovanni Battista. Sulla parete centrale, domina la scena un Cristo in trono, benedicente, attorniato dai quattro evangelisti. È un patrimonio artistico e spirituale straordinario, miracolosamente conservato, che racconta la continuità di fede e di sacralità di un luogo unico al mondo, dove la pietra parla, l’arte resiste e la memoria vive.

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