Essere giovani, senza mamma e papà. La storia di Lorena, che ha perso i genitori troppo presto
La madre e il padre di Lorena e di suo fratello maggiore Francesco, sono scomparsi rispettivamente nel 2013 e nel 2017, per differenti cause.
Nessuno è mai pronto ad affrontare la perdita dei propri genitori, nessuno è mai disposto ad accogliere prontamente questo genere di solitudine che pochissimi sono in grado di comprendere. Ma parlarne “crea uno strano miscuglio di emozioni, ma canalizza il dolore“. Lo sostiene Lorena Quai, 24enne di Tertenia iscritta alla Laura Magistrale di Scienze Pedagogiche e dei Servizi Educativi a Cagliari, dopo aver perso entrambi i genitori, qualche anno fa.
«Pensando alla mia famiglia, conservo tanti bei ricordi – racconta Lorena – Il più bello è sicuramente quello legato al viaggio annuale che facevamo tutti insieme in Belgio, nel paesino d’origine di mia madre durante le vacanze estive. Ad agosto partivamo con la nostra piccola Suzuki carica di bagagli nel tettuccio e prendevamo la nave. Code chilometriche in autostrada senza aria condizionata, le fermate in autogrill, le discussioni su chi dovesse scegliere la musica, la complicità che è lentamente nata tra noi, dentro quella calda automobile. Durante quel viaggio, ogni estate, si consolidavano tutte le nostre dinamiche familiari. Ciò che è rimasto è una passione folle per i viaggi e gli insegnamenti importanti che ti spingono a guardare oltre al proprio naso, a comprendere che i pregiudizi sporcano l’animo delle persone, che semplicemente ognuno è ciò vuole essere e che nessun ostacolo potrà mai fermare i tuoi sogni, se ci credi fino in fondo. Il mio essere orgogliosa, un po’ testarda ma soprattutto ambiziosa, lo devo sicuramente a mamma e papà. La morte dei miei genitori è parte di ciò che sono». La madre e il padre di Lorena e di suo fratello maggiore Francesco, sono scomparsi rispettivamente nel 2013 e nel 2017, per differenti cause.
«Il primo incontro con la malattia di mia madre è stato forse il primo vero schiaffo ricevuto da parte della vita. Non dimenticherò mai il giorno in cui i medici dissero che mia madre aveva un tumore ai polmoni. Ricordo benissimo il suo volto mentre aprendo la porta di casa, si avvicina a me e mi dice: “Ora devi diventare grande, ma grande davvero”. Lì ho capito che qualcosa non andava e mai dimenticherò lo sguardo disperato di mio padre sulla porta di casa. Ho creduto di morire di fronte a quella notizia, ma quando sono iniziate le cure, una forza che pensavo di non possedere, ha iniziato a crescere in me». Nonostante la forza e la determinazione di entrambe nel voler sconfiggere la malattia, il tumore ha lentamente mutato la figura della madre di Lorena, rendendo ogni giorno più palpabile il fatidico e triste epilogo.
«Al di là della caduta dei capelli, della nausea, del vomito e della mancanza d’ appetito, ho visto mia madre diventare un esserino di 40kg. Senza capelli, con il volto e la bocca completamente sciupati. Non augureresti mai a nessuno di vedere la propria madre come l’ho vista io in quei mesi. Stringevo i denti nel mio immenso dolore cercando di non mollare, anche quando iniziavo a capire che le cose non sarebbero più tornate come prima e che mia madre mi stava pian piano lasciando. Nonostante tutto ciò, mamma guardava me e mio fratello con uno sguardo pieno d’amore, amore che ci ha trasmesso fino al suo ultimo respiro».
«Un maledetto giorno di settembre del 2013 – prosegue Lorena – tra un test di ingresso per l’Università e l’altro, me lo dissero, e io stranamente sorrisi. Mi dissero che mia madre non ce l’ avrebbe fatta, nonostante le cure, nonostante la sua forza d’ animo, nonostante tutti i nostri sforzi. Ma soprattutto, nonostante la sua incredibile e implacabile voglia di vivere. Mio padre ha mollato tutto per stare accanto al suo capezzale, e insieme abbiamo trascorso gli ultimi giorni di mia madre, ridotta in un letto di agonia. Per me era una condizione quasi surreale, ero comunque una ragazzina di 19 anni che come problemi fino a quel momento aveva annoverato solo qualche litigio con gli amici e qualche brutto voto».
Poi arrivò quel giorno. «Ho un’immagine fissa nella mia mente, come fosse accaduto ieri. Il giorno in cui mio padre Giuseppe mi chiamò e mi disse: “mamma ha smesso di respirare”. Sul momento non riuscii neanche a piangere, non potevo crederci – racconta la giovane tertenese – Nemmeno il giorno dopo, quando la vidi adagiata nella bara. Solo nel momento in cui mi resi conto del fatto che sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei visto il suo corpo, allora sì, piansi. Da quel giorno mi sono ritrovata a svolgere una vita totalmente diversa. A vivere con due uomini e a dover ricreare un sistema che funzionasse in mezzo a quel dolore che non abbandonava il viso di mio padre e mio fratello. Ero apparentemente la più forte e di conseguenza mi sono presa carico anche del loro dolore, cercando di rendere quella situazione meno pesante. Mio padre aveva perso il suo grande amore, la sua amata Jeanne dopo 40 anni insieme. Avrei dovuto iniziare l’università ad ottobre: per mio padre fu dura, la sua bambina lasciava il paesino per affrontare il mondo e rincorrere i suoi sogni. Era orgoglioso ma allo stesso tempo malinconico, in quella grande casa piena di ricordi con cui fare i conti, con due membri della famiglia in meno. Quell’anno fu veramente stressante per me. Cercavo di rientrare ogni fine settimana per stare accanto a lui e passare il sabato sera insieme a fare la pizza in casa, come due massaie un po’ imbranate e a guardare Maria De Filippi, come due casalinghe disperate. Le rinunce alle uscite del sabato sera con i miei amici, non mi pesavano affatto. Vedevo i suoi occhi felici e a me bastava quello. Ci siamo supportati e sopportati a vicenda».
Gli anni passano, e durante questo percorso si rafforza il legame tra padre e figlia. Complici e amici. «Ero la sua confidente e questo mi ha rendeva particolarmente orgogliosa: quell’uomo timido e sulle sue, finalmente si apriva con me come mai aveva fatto prima. Ho visto realmente felice mio padre il giorno della mia laurea, quando ho discusso una tesi riguardante la pedagogia della morte, che proponeva di vedere il lutto e l’abbandono come occasione di crescita. L’invito che ho voluto trasmettere era quello di agire in senso preventivo, quindi di intervenire non solo quando un evento è già successo, ma prima che si verifichi, rompendo quel silenzio che circonda il tema della morte. Tramite la mia tesi ho potuto dare voce alle mie idee e alle mie sensazioni più intime».
I momenti felici non sono durati. Solo otto mesi dopo questo bel traguardo, una notizia sconvolge nuovamente la vita di Lorena. «Io e papà avevamo instaurato l’abitudine di telefonarci poco dopo la cena per raccontarci un po’ la nostra giornata. La sera del 18 giugno 2017 non ricevetti nessuna telefonata. Inizialmente non mi preoccupai, quella notte però non chiusi occhio. La mattina seguente, da Cagliari, chiesi a tutte le persone più care di avvicinarsi a casa per vedere se mio padre fosse là o meno. La risposta fu negativa e io mi precipitai in paese».
«I suoi effetti personali – ricorda Lorena – vennero ritrovati nella spiaggia, ma di lui nessuna traccia. Iniziarono giorni estenuanti di ricerche, tutto il paese si mobilitò per aiutare me e mio fratello in arrivo dall’Isola d’Elba. La mattina del 21 giugno 2017, il corpo di mio padre venne ritrovato dalla Guardia Costiera a Tortolì. Il mio cuore batteva all’impazzata. Quando mi chiamarono per il riconoscimento, vidi a terra vidi un sacco verde con una mano che sporgeva fuori. Lì mi crollò il mondo addosso. Avrei riconosciuto quella mano ovunque. Era papà. All’inizio non ho accettato quella morte, per giorni interi ho avuto degli incubi dove lui mi veniva gettato addosso, da morto, con un odore indescrivibile, lo stesso che sentii quel giorno. Oggi posso affermare che sì, è morto troppo presto, per un malore, ma è morto nel suo elemento: l’acqua. Lui era un amante del mare e adorava nuotare. Un amore nato all’età di 16 anni quando si arruolò in Marina e navigò per anni sulla famosa Amerigo Vespucci».
La vita, per Lorena, cambia nuovamente. Inizia a occuparsi di conti, pratiche, responsabilità e badare totalmente a se stessa. «La morte di mio padre ha influito molto sul rapporto con mio fratello, ci ha uniti particolarmente, e ci ha fatto comprendere i valori che contano in questa vita. Oggi della mia bella famiglia resta “solo” l’amore. Mia madre ha lasciato dentro di me tutta la sua solarità e il suo senso dell’umorismo. Le sarò sempre grata per questo. Ringrazierò sempre mio padre per avermi fatto capire quanto sia importante allenare la mente e il cuore a pensare in grande, per avermi dato tanto nonostante gli fosse crollato il mondo addosso. E’ stato un uomo generoso e di grande umiltà. Abbiamo camminato insieme verso vie sconosciute, tenendoci la mano quando non sapevamo quale strada prendere. Devo ringraziare mio padre perché senza di lui non ce l’avrei fatta e anche se non è più con me, il suo ricordo e il suo sorriso restano indelebili».
Quello che oggi, in conclusione, si sente di dire Lorena, dopo una vita – la sua – che è stata dura con una ragazza indubbiamente giovane (ma che si è rivelata essere più forte di quanto chiunque potesse credere) è che «la morte è il più grande mistero della vita insieme all’amore. Sicuramente la perdita di un genitore è uno degli eventi più dolorosi nella vita di una persona. Le conseguenze lasciano profonde ferite nell’animo. Non siamo mai pronti ad affrontare la morte, soprattutto se si tratta della perdita dei nostri genitori. Però possiamo accettarla e conviverci. Sicuramente io sono cambiata tanto in questi anni. La bambina timida e impacciatadell’infanzia, si è trasformata in una ragazza sicuramente più forte, in grado di capire che le vere sfide della vita non puoi prevederle. Quando arrivano, vanno affrontate a testa alta: allargare le proprie spalle e trovare dentro di sé la forza. Nessuno può capire veramente cosa si prova in determinate situazioni. Lo sai solo tu. Per quante persone tu possa avere intorno ci saranno sempre quelle sensazioni di solitudine, quei momenti di sconforto che, a modo loro, ci rendono però persone migliori».
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