Cultura sarda in lutto: muore l’archeologo Paolo Bernardini

L'archeologo cagliaritano Paolo Bernardini ha dedicato la sua vita a studiare le culture fenicia e punica, e le interrelazioni fra queste e le altre culture del Mediterraneo
Il mondo dell’archeologia e della cultura sarda è in lutto per la scomparsa dell’archeologo e docente Paolo Bernardini. Di seguito riportiamo brevemente qualche stralcio degli addii da parte dei colleghi della Soprintendenza e delle realtà museali che l’archeologo cagliaritano ha contribuito ad arricchire con il suo incessante lavoro.
Sabato 23 giugno il mondo dell’archeologia è stato colpito da un grave lutto per la morte di Paolo Bernardini. Dapprima archeologo della Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, era docente dell’Università degli Studi di Sassari. Studioso del mondo fenicio e punico, i suoi lavori specialistici, molto apprezzati in campo internazionale, hanno interessato anche le civiltà nuragica e romana. Autore altresì di opere divulgative, di progettazione ed allestimento di mostre e musei, era in grado di rivolgersi con successo al più ampio pubblico.
Molti sono i suoi significativi contributi sull’espansione fenicia nel Mediterraneo Occidentale e sui rapporti tra i mondi indigeni e i popoli dell’Oriente; a partire dalla Sardegna il suo sguardo spaziava sull’intero mondo antico, senza confini geografici o cronologici. Persona di poliedrici interessi e curiosità naturali ben aldilà dell’archeologia, era sempre felice di confrontare con gli amici le sue idee sui più svariati argomenti. La sua opera di studioso è stata fondamentale per la ricostruzione storica e per la conoscenza del patrimonio storico e archeologico del territorio sulcitano e della stessa Sant’Antioco. Molti dei reperti esposti nelle sale museali del territorio del Sulcis, provengono dalle sue attività di indagine nel territorio, svolte nei trent’anni di lavoro presso la Soprintendenza archeologica per le Province di Cagliari e Oristano.
Qui, come ricordo, vi proponiamo l’incipit della sua opera monografica “Le torri, i metalli, il mare. Storie antiche di un’isola mediterranea” (2010), nella quale egli ci offre una mirabile narrazione delle vicende di quel peregrinare incessante nelle acque del Mediterraneo che ha segnato la storia della Sardegna fra il II e il I millennio a.C.
“Le vaste distese mobili del Mediterraneo sono state da sempre le strade dell´incontro tra Oriente e Occidente; itinerari millenari, custodi di mostri e di portenti, luoghi di insidie, di pericoli e di meraviglie, ma, alla fine, veicoli straordinari di incontro e di scambio culturale, di una crescita che, come quelle acque infinite in perenne movimento, è sempre mutamento e trasformazione. A occidente, oltre la strettoia di Gibilterra, le mitiche colonne d´Eracle indicano una fasulla fine del mondo; perché, nell’esperienza degli antichi marinai, degli esploratori e dei mercanti, esso continua nelle vie d´acqua dell´Atlantico che scavano percorsi profondi nella terra a incontrare i grandi fiumi, il Guadalquivir, il Tago, il Loukkos e le popolazioni che vivono nelle terre fertili che essi incidono e attraversano. A oriente, oltre le grandi e le piccole isole, oltre la Grecia e il favoloso Egitto, scrigno del sapere degli uomini, le coste dell´Anatolia, della Siria e della Palestina sono la seconda fine del mondo, altrettanto ingannevole; perché al di là conducono le mille tortuose e interminabili strade di terra e di fiume che saldano l’Oriente vicino all’Oriente lontano e profondo. Il Mediterraneo, il mare delle terre di mezzo, è il cuore di un viaggio infinito; in esso vi è un segno potente, l’orma di un dio calcata nel mare, l’isola di Sardegna, meta del nostro viaggio imminente. Proverò a raccontare, nel libro che inizia, alcune vicende di quel peregrinare incessante che ha segnato profondamente la storia antica dell’isola, dai primi contatti con le genti di cultura micenea all’egemonia cartaginese; quasi un millennio di storia che si distribuisce tra il XV e il VI secolo prima di Cristo. Si tratta di un viaggio infido e pericoloso. Le rotte sicure sono poche e le grandi masse d’acqua buia, le storie irrimediabilmente perse, incombono minacciose.
Ma si parte con un modesto ottimismo e con poco bagaglio, in compagnia delle parole di Eliot:
“Non cesseremo mai di esplorare
E alla fine di tutte le nostre esplorazioni
Giungeremo là da dove siamo partiti
E conosceremo quel luogo per la prima volta”
e di quelle di Melville:
«Non prometto nulla di completo
Dato che ogni cosa umana creduta completa
Deve per questa ragione esser certo difettosa»
Comunque si parte”.

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Meraviglie di Sardegna: la foresta pietrificata di Carrucana, un gioiello geologico nel territorio di Martis

Nel cuore della Sardegna settentrionale, tra i rilievi dolci e ondulati dell’Anglona, si cela una delle meraviglie geologiche più suggestive dell’isola: la Foresta Pietrificata di Carrucana, uno straordinario gioiello del territorio di Martis che incanta per la sua imponenza e unicità.
Meraviglie di Sardegna: la foresta pietrificata di Carrucana, un gioiello geologico nel territorio di Martis.
Nel cuore della Sardegna settentrionale, tra i rilievi dolci e ondulati dell’Anglona, si cela una delle meraviglie geologiche più suggestive dell’isola: la Foresta Pietrificata di Carrucana, uno straordinario gioiello del territorio di Martis che incanta per la sua imponenza e unicità.
Qui, in uno scenario dove il tempo sembra essersi fermato, la natura ha lasciato una testimonianza millenaria che affonda le sue radici nel Miocene inferiore, circa venti milioni di anni fa. Una violenta eruzione vulcanica travolse le rigogliose foreste che allora occupavano la zona, coprendole con un manto di cenere e sedimenti nei pressi di antichi bacini lacustri. Il silicio contenuto nelle ceneri favorì un eccezionale processo di fossilizzazione, che trasformò il legno degli alberi in minerali senza alterarne l’aspetto originario, conservando i dettagli delle venature, delle cortecce e delle strutture cellulari come in un’opera d’arte naturale scolpita nel tempo.
Oggi, la Foresta Pietrificata di Carrucana rappresenta il cuore pulsante del Parco Paleobotanico, un’area protetta che si estende per circa 100 chilometri quadrati e coinvolge, oltre a Martis, anche i territori dei comuni limitrofi di Bulzi, Laerru e Perfugas. Questo spazio è diventato un punto di riferimento per studiosi, appassionati di geologia e amanti delle escursioni, grazie alla sua straordinaria concentrazione di tronchi fossili di dimensioni impressionanti, molti dei quali ancora in posizione eretta e saldamente ancorati al terreno, con le radici visibili come se fossero ancora vivi e pronti a germogliare.
Il paesaggio assume un fascino surreale, quasi primordiale, e camminando tra questi giganti pietrificati si ha la sensazione di compiere un viaggio nel tempo, verso un’epoca in cui l’isola era profondamente diversa, avvolta da un clima umido e ricca di grandi foreste. Il Parco Paleobotanico, istituito ufficialmente nel 1992 per proteggere e valorizzare questa eredità unica, è il frutto di un progetto lungimirante che ha saputo unire tutela ambientale e promozione culturale, trasformando un raro patrimonio naturale in una risorsa preziosa per il turismo sostenibile e per la memoria collettiva dell’isola.
Meraviglie di Sardegna come la foresta pietrificata di Carrucana non sono semplici attrazioni naturalistiche, ma vere e proprie finestre spalancate sulla storia geologica del nostro pianeta, luoghi capaci di evocare emozioni profonde e riflessioni sull’immensità del tempo e sulla potenza creativa della natura.

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