Istat: record povertà assoluta. Oltre 5 milioni di italiani non riescono a fare la spesa ogni mese

Record povertà dal 2005. A soffrirne soprattutto il Sud, ma anche le metropoli del Nord. In questa condizione 8 persone su 100. Al Sud tocca un individuo su dieci. Più di 1,2 milioni di minori si trovano in questo stato
Nonostante la timida ripresa economica che ha caratterizzato gli ultimi anni, le persone che vivono in povertà assoluta in Italia hanno sfondato quota 5 milioni nel 2017. Come riporta Repubblica, è il valore più alto registrato dall’Istat dall’inizio delle serie storiche, nel 2005, e in qualche senso un antipasto l’avevamo assaggiato con le cifre sul boom di domande per il Reddito di inclusione, delle quali l’Inps ne ha accolte solo la metà e in due terzi dei casi ha destinato gli assegni per combattere la povertà al Sud.
Oggi l’Istituto di statistica definisce ancor meglio i contorni del fenomeno e stima che le famiglie in povertà assoluta siano 1 milione e 778mila; al loro interno, vivono 5 milioni e 58 mila individui. L’incidenza della povertà assoluta è del 6,9% per le famiglie (era 6,3% nel 2016) e dell’8,4% per gli individui (da 7,9%). Per “poveri assoluti”, l’Istat intende coloro che non possono affrontare la spesa mensile sufficiente ad acquistare beni e servizi considerati essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile (e che varia dunque in base ai componenti del nucleo e al territorio). La soglia della povertà relativa è invece – per una famiglia di due componenti – pari alla spesa media per persona nel Paese: nel 2017 è stata di 1.085,22 euro mensili.
Ancora una volta, a soffrire maggiormente è il Mezzogiorno dove l’incidenza della povertà assoluta aumenta sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), “soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%)”. Ma, annota l’Istituto, anche nelle aree metropolitane del Nord – sia nei centri che nelle periferie – la povertà aumentata. Senza sorprese si nota che la povertà aumenta tra i non occupati e quando il capo-famiglia ha un livello d’istruzione minore. Nei nuclei con persona di riferimento operaio, l’incidenza della povertà assoluta (11,8%) è più che doppia rispetto a quella delle famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (4,2%).
Anche la povertà relativa cresce rispetto al 2016: l’anno scorso ha riguardato 3 milioni e 171mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente). Come la povertà assoluta, è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne. Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno)
Un sguardo preoccupato va ai minori, tra i quali la povertà assoluta seppur in lieve miglioramento “permane elevata e pari al 12,1% (1 milione 208mila, 12,5% nel 2016); si attesta quindi al 10,5% tra le famiglie dove è presente almeno un figlio minore, rimanendo molto diffusa tra quelle con tre o più figli minori (20,9%)”. A questo aspetto si somma un’altra indicazione preoccupante per i più giovani, ovvero che l’incidenza della povertà assoluta ha un livello maggiore quando più è bassa l’età della persona di riferimento in famiglia: sotto i 35 anni si arriva al 9,6%.

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