Cagliaritana e con figlio a carico: “Oggi non ho neanche i soldi per comprare il pane. Perchè il Comune ci ha abbandonato?”

Anna lancia un forte appello all'amministrazione comunale e assessorato competente: "Sono una donna onesta, voglio lavorare e costruire un futuro per mio figlio. Come potete abbandonarci in questo modo? Stiamo letteralmente morendo di fame ma anche la nostra anima si sta spegnendo. Siamo cittadini cagliaritani come tutti voi"
Siamo ormai quasi abituati a leggere storie di povertà provenienti da altri paesi, lontano da noi e alle volte ci siamo come assuefatti al dolore, quello degli estranei. Oggi vogliamo riportare la lettera di una donna, una donna che potrebbe essere la nostra, vostra vicina di casa: Anna (nome di fantasia) abita a Cagliari dove è nata 50 anni fa, ha un figlio di 20 anni a carico, mai riconosciuto dal padre e oggi, nel borsellino, non ha i soldi per comprare il pane.
Ci sembra doveroso parlare di lei perchè, come sottolinea Anna stessa: «Ora sono io a raccontarvi di me, ma come me ci sono migliaia di persone che tacciono perchè non hanno più la forza di urlare, perchè la fame ha tolto loro ogni dignità. E’ giusto vivere così? Non è neanche più sopravvivenza la mia, è una vita senza anima. Come posso continuare pensando a mio figlio senza un futuro?». Anna racconta la sua odissea con il Reis (reddito di inclusione sociale) e lancia un appello all’amministrazione comunale competente: «Non abbiamo più i soldi per mangiare tutti i giorni eppure ce ne spettano da 4 mesi. Mio figlio non può studiare nè comprarsi la merenda per la scuola. Ditemi voi cosa dobbiamo fare, perchè io non lo so più. Dove sono quei soldi? Perchè non arrivano anche se ci spettano? Perchè, oltretutto, quando mi reco negli uffici comunali vengo trattata come una pezzente? Io sono una persona onesta, non ho mai rubato nè fatto del male a nessuno. E’ una colpa se sono povera?».
Anna nel 2011 ha dovuto chiudere la sua attività artigianale perchè non riusciva più a far fronte a tasse, affitto e oneri vari. «Non ho neanche una famiglia alle spalle che possa aiutarmi nei momenti bui, i miei genitori sono morti. Accedevo, già dal 2016, a un contributo di 150 euro mensili che ricevevo per indigenza familiare, per me e per mio figlio di cui sono l’unico genitore e che porta il mio cognome perchè mai riconosciuto dal padre biologico».
Poi nel 2017 Anna accede al Reis e passa con pieni requisiti: «Il contributo mi viene erogato per i mesi di ottobre e novembre 2017. Poi mi viene comunicato che tale contributo verrà soppresso, e che si potrà fare domanda per il Rei, erogato dall’Inps. Con enorme sorpresa scopro che per quest’ultimo non abbiamo, nè io nè mio figlio i requisiti anagrafici per rientrare. L’assistente sociale che mi segue dice che così come noi, tantissime famiglie si sono ritrovate in questa situazione e ci promettono una prosecuzione del primo Reis, ma la domanda riusciamo a farla solo a metà marzo 2018, perchè prima erano stati soppressi anche i moduli. A febbraio 2018 ci erogano i soldi di dicembre 2017 ma poi più nulla».
«Ad oggi non ci danno nessuna risposta e noi siamo 4 mesi senza nessun aiuto. Io sono disoccupata e percepisco solo 300 euro di assegno divorzile ma di certo non riesco a far fronte alle spese base di una casa con relative utenze e neanche a garantire a mio figlio alimenti e studio. Aggiungo che ogni secondo martedì del mese la parrocchia vicino casa ci fornisce una spesa alimentare base senza la quale non avremmo neanche il minimo indispensabile per non morire davvero di fame. Siamo alla disperazione più totale. Ci stanno togliendo la dignità, e anche la voglia di vivere. Questa non è una vita dignitosa e quasi neanche una sopravvivenza».
Anna lancia un forte appello all’amministrazione comunale e assessorato competente: «Sono una donna onesta, voglio lavorare e costruire un futuro per mio figlio. Come potete abbandonarci in questo modo? Stiamo letteralmente morendo di fame ma anche la nostra anima si sta spegnendo. Siamo cittadini cagliaritani come tutti voi. Abbiamo diritto a un trattamento simile? La vita non ci ha sorriso fin dall’inizio ma non è vostro compito e mestiere aiutarci a superare gli ostacoli e questa tremenda miseria? Vado avanti e rimango onesta solo per mio figlio perchè lui sì che si merita un futuro. E come noi ci sono tantissime altre famiglie nella stessa situazione e anche peggio. Non dimenticateci, non è giusto perchè siamo uguali a voi».

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