Roberto Zanda sulla Yukon Arctic Ultra: “Sarebbe stato più facile se mi fossi lasciato andare”
«Un giornalista mi ha chiesto cosa consiglio a un dilettante che si avvicina per la prima volta alle ultra, gli ho risposto che anche io sono un dilettante, lo sono sempre stato, ma mi sono addestrato a toccare il fondo che ero un bambino e questo mi ha reso un combattente».
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Ha ripreso ad allenarsi l’ultramaratoneta cagliaritano Roberto Zanda reduce dall’amputazione degli arti dopo le disavventure della Yukon Arctic Ultra, la supersfida di atletica tra i ghiacci a 50 gradi sotto zero. Qualche esercizio con il braccio sinistro (l’unico che non gli è stato amputato) per mostrare ad amici e fan che Massiccione il guerriero non molla di un millimetro. E torna a parlare proprio di quelle disavventure.
«Un giornalista mi ha chiesto cosa sono per me le ultramatatone. Ho risposto che sono un bel gioco che può fare chiunque dopo un lungo allenamento, determinazione nel raggiungere un obiettivo e sacrificio – racconta – poi c’è chi è disposto a superare i propri limiti che significa rischiare di fare i conti con un altro tipo di sport estremo che non consiglio se non si è strutturati mentalmente perché il rischio è molto grande. Mi ha chiesto se ho rispetto per la vita e gli ho detto che la difendo con tutte le forze; quella notte per la vita ho fatto un incontro all’ultimo sangue con il dio freddo, l’alternativa più semplice sarebbe stata sedermi e lasciarmi andare, ci avrei messo poco visto che non avevo riparo e la cerniera della slitta era incastrata e neppure con i denti potevo aprirla per prendere il sacco a pelo e accendermi un fuoco. Sapevo che avrei perso mani e piedi, era evidente, ma la testa e il cuore non li ho barattati anche quando le allucinazioni mi hanno fatto vedere cose irreali. Poi mi ha chiesto cosa consiglio a un dilettante che si avvicina per la prima volta alle ultra, gli ho risposto che anche io sono un dilettante, lo sono sempre stato, ma mi sono addestrato a toccare il fondo che ero un bambino e questo mi ha reso un combattente».
Un giornalista mi ha chiesto cosa sono per me le ultramaratone. Ho risposto che sono un bel gioco che può fare chiunque dopo un lungo allenamento, determinazione nel raggiungere un obiettivo e sacrificio, poi c'è chi e' disposto a superare i propri limiti che significa rischiare di fare i conti con un altro tipo di sport estremo che non consiglio se non si è strutturati mentalmente perché il rischio è molto grande. Mi ha chiesto se ho rispetto per la vita e gli ho detto che la difendo con tutte le forze; quella notte per la vita ho fatto un incontro all'ultimo sangue con il dio freddo, l'alternativa più semplice sarebbe stata sedermi e lasciarmi andare, ci avrei messo poco visto che non avevo riparo e la cerniera della slitta era incastrata e neppure con i denti potevo aprirla per prendere il sacco a pelo e accendermi un fuoco. Sapevo che avrei perso mani e piedi, era evidente, ma la testa e il cuore non li ho barattati anche quando le allucinazioni mi hanno fatto vedere cose irreali. Poi mi ha chiesto cosa consiglio a un dilettante che si avvicina per la prima volta alle ultra, gli ho risposto che anche io sono un dilettante, lo sono sempre stato, ma mi sono addestrato a toccare il fondo che ero un bambino e questo mi ha reso un combattente.
Posted by Roberto Zanda on Friday, 27 April 2018
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Abbandonato e chiuso in canile dopo 8 anni di vita in famiglia: la triste storia di Orazio

Orazio si trova in Sardegna. Per informazioni e adozione: 328 3661490.
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Si chiama Orazio ed è un magnifico pastore tedesco di circa otto anni. Fino a poche settimane fa aveva una famiglia, una casa e una quotidianità fatta di abitudini. Poi, all’improvviso, l’abbandono. Orazio è stato lasciato indietro, come accade troppo spesso agli animali quando diventano “scomodi”, e oggi si trova rinchiuso in un box del canile di Quartu, gestito dall’associazione Tana di Bau.
Nonostante il trauma vissuto, Orazio si distingue per il suo carattere straordinario. È un cane educato, equilibrato, abituato al contatto umano e alla vita in famiglia. Proprio per questo soffre profondamente la reclusione: il box non è un luogo adatto a lui, che mostra giorno dopo giorno il bisogno di attenzioni, movimento e affetto.
Chi lo incontra resta colpito dalla sua dolcezza e dalla sua compostezza. Orazio non chiede altro che una nuova possibilità, una famiglia disposta ad accoglierlo e a restituirgli la serenità che gli è stata tolta. Il tempo, per lui, è un fattore cruciale: più passa, più il peso dell’abbandono si fa sentire.
Dal canile parte quindi un appello urgente: trovare al più presto una casa per Orazio, qualcuno che sappia guardare oltre l’età e riconoscere il valore di un cane già formato, leale e pronto a donare affetto sincero. Orazio si trova al canile di Quartu, Tana di Bau. Per informazioni e adozione: 328 3661490.
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