(FOTO) Senegalese, etiope e chirghizo: a Cagliari l’ultima frontiera dei ristoranti etnici

di Gianmarco Cossu A Cagliari è boom di ristoranti etnici. Nelle vie del centro e nel quartiere della Marina, tra i più diffusi cinesi, indiani e giapponesi sorgono realtà culinarie di nuova importazione, apprezzate non poco anche dai palati più
di Gianmarco Cossu
A Cagliari è boom di ristoranti etnici. Nelle vie del centro e nel quartiere della Marina, tra i più diffusi cinesi, indiani e giapponesi sorgono realtà culinarie di nuova importazione, apprezzate non poco anche dai palati più esigenti.
Mbaye Fayd, nel 2014 è arrivato in Italia, da solo e deciso a cambiare la propria vita; ora con la moglie Mariam gestisce una gastronomia senegalese in via Oristano 25 e tra i profumi di cous cous e supukandja racconta con orgoglio la sua storia: «Dopo avere lavorato nella ristorazione stagionalmente, io e mia moglie, brava ai fornelli, abbiamo deciso di provare a renderci autonomi, proponendo agli italiani le nostre eccellenze, come la fataya, i dolci senegalesi, bignet, caffè touba e riso. Un’esperienza che si è mostrata subito positiva: nella cucina abbiamo trovato la nostra fortuna».
Una storia qualunque, una di quelle raccontate da chi crede con passione che i propri piatti, anche se così diversi, possano in qualche modo unire popoli tanto lontani. Lo sa bene anche Kiflay Abeba del ristorante etiope-eritreo “Ethnicà” di via dei Mille 8, che insieme alle due sorelle ha portato nel cuore del capoluogo sardo un pezzo di Corno d’Africa: «Il mondo sta cambiando, la cultura culinaria è il riflesso del popolo e in un territorio si mangiano pietanze diverse, a seconda di ciò che la natura ci dà. L’uomo poi si adatta e sviluppa sempre meglio ciò che la terra offre. La cucina però, seppur nella sua diversità, ci unisce».
Insomma, quasi si può parlare di “immigrazione gastronomica”, con l’arrivo nel nostro Paese di nuovi menù, anche da terre conosciute non da tutti come il Kirghizistan. Munara Sydykova, classe ’77 e cuoca per passione, offre i migliori piatti chirghisi del suo “Nasip” di via Napoli 8. «Da un anno e mezzo – racconta – siamo stati i primi a iniziare in tutta Europa. La nostra cucina è il nostro carattere. Il cibo è importante per tutti in questo mondo, qualunque sia il Paese, la lingua, la religione di appartenenza. Con cibo noi ci presentiamo agli altri ed è il nostro biglietto da visita ovunque».
Una realtà, quella dei ristoranti etnici a Cagliari, che riscuote un grosso successo nelle abitudini alimentari dei cagliaritani. Mbaye non ha dubbi a proposito; in tanti nel suo locale “spazzolano” le sue specialità, come la yassa, riso con cosce di pollo e verdure varie, il ceebu jen, il primo piatto del Senegal che viene offerto agli ospiti, il mafè di burro di arachidi. «Il 50% della nostra clientela è italiano – racconta -. Quelli che vengono, ritornano e portano con sé i loro amici».
Anche Kiflay con soddisfazione tira le somme: «La maggior parte dei nostri clienti è sarda, che spinta dalla curiosità vuole conoscere la nostra società. Molti apprezzano lo zighinì, carne di manzo speziata con salsa piccante, e lo shirò, un purè di ceci. Ciò che fa la differenza, però, è l’anima che ci metti nel preparare ogni pietanza».
Tante soddisfazioni anche per Munara, il cui obiettivo è quello di “prendere per la gola” i sardi: «I cagliaritani apprezzano la nostra cucina, che nel corso del tempo non è cambiata. Tanta pasta fresca, carne non speziata e riso. Vanno per la maggiore l’oromo, il beshbarmak, lo jarkop, lo shorpo, zuppa di carne e verdure».
Tra ristoratori etnici e l’Isola è un amore, dunque, che sembra essere destinato a continuare anche in futuro. I progetti sono tanti e le difficoltà non mancano, ma la volontà è quella di rimanere in Sardegna. «Siamo una realtà piccola, lavoriamo un po’ovunque, con diverse associazioni, ma il mio sogno è rimanere qua con la mia famiglia e aprire un bel ristorante, non solo una piccola gastronomia. Perché ritornare in Senegal? Io qui ho un lavoro» dichiara Mbaye. Nessun dubbio anche per Munara: «Ho sempre lavorato nella gastronomia e voglio che la gente riconosca il Kirghizistan dalla nostra cucina. Il futuro è incerto, ma Cagliari mi piace». Dello stesso parere anche Kiflay: «Il commercio non è facile, le spese sono tante, ma andiamo avanti».

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