Nicolò Barella: genesi di un fenomeno dai campetti della Gigi Riva alla Serie A
La storia di come Barella è diventato il più forte giocatore rossoblù a soli 21 anni.
Dai campetti in terra battuta di periferia al Sant’Elia e agli stadi più importanti della Penisola: ne ha fatta davvero tanta di strada Nicolò Barella prima di diventare una colonna del Cagliari e uno dei talenti più abbaglianti dell’intero calcio italiano ed europeo. Questo lungo percorso, fatto di sacrifici e, insieme, di grande divertimento, per il ventenne centrocampista rossoblù, cominciò nel 2001 alla “Gigi Riva”, la scuola calcio che lo accolse ad appena quattro anni e mezzo.
Lì, negli impianti sportivi delle Saline, il piccolo Nicolò iniziò a fare pratica col pallone sotto la guida, tra gli altri, di Daniele Cortis, uno dei suoi primi allenatori. «A dire il vero – afferma Cortis, che attualmente nella “Gigi Riva” riveste il ruolo di direttore generale – il primissimo maestro di calcio di Nicolò fu Bruno Varsi, purtroppo deceduto. Io lo allenai solo per qualche mese, anche se di lui conservo un ricordo nitidissimo».
Com’era, allora, il piccolo Barella, signor Cortis?
Un bambino sorridente: aveva il suo bellissimo sorriso stampato sempre sul volto”
E tecnicamente?
Beh, si vedeva che aveva doti fuori dal comune. Mi ricordo che non perdeva occasione per tirare in porta e che, spesso e volentieri, faceva gol. Aveva un tiro forte e preciso e per sfruttare questa sua dote stava vicino alla porta avversaria.
Insomma, un attaccante in erba diventato centrocampista…
Guardi, per bambini di quell’età, che giocano 5 contro 5, non si può parlare di ruoli. Diciamo che aveva un feeling particolare con il gol.
Ricorda qualche aneddoto in proposito?
Uno sì: ad Elmas fece una rete in rovesciata che sbalordì un po’ tutti. Nessuno riusciva a credere che un bambino così piccolo potesse avere doti coordinative del genere.
Fino a che anno rimase con voi Barella?
Fino al 2005, anno in cui lo prese il Cagliari.
Da allora l’ha più visto o sentito?
Sì, assolutamente: siamo amici e ci sentiamo e vediamo periodicamente. Lui poi è rimasto molto legato alla “Gigi Riva” e quando ho provato a coinvolgerlo in iniziative legate alla scuola calcio, si è mostrato sempre molto disponibile. Nicolò, d’altronde, è un ottimo ragazzo con una famiglia meravigliosa alle spalle, una famiglia che non lo ha mai spinto o “montato”.
Immaginava, ai tempi in cui lo allenava, che sarebbe diventato presto un giocatore da Serie A ambito dalle grandi squadre?
L’esplosione precoce di Nicolò non mi ha stupito. Di ragazzini di talento che si sono persi col passare degli anni ne ho visto tanti, ma lui, oltre a quelle tecniche, ha dimostrato di possedere doti morali elevate e una personalità e una cattiveria agonistica spiccate:sono qualità che a questi livelli fanno la differenza.
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