“Un Posto occupato” a Cagliari: ciascuna delle donne vittime di violenza occupava un posto a teatro, sul tram, a scuola, nella società. Quel posto, ora, lo si vuole riservare a loro
Una settimana di Posto occupato. Un gesto concreto per tutte le donne vittime di violenza. Appuntamento a Cagliari, dal 20 al 26 novembre 2017. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, l’Associazione culturale “Le Donne
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Una settimana di Posto occupato. Un gesto concreto per tutte le donne vittime di violenza. Appuntamento a Cagliari, dal 20 al 26 novembre 2017.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile sulle donne, l’Associazione culturale “Le Donne Sarde” organizza a Cagliari dal 20 al 26 novembre l’iniziativa “Una settimana di Posto occupato. Un gesto concreto per tutte le donne vittime di violenza”.
Grazie alla sensibilità dimostrata dalle istituzioni locali verso il tema della violenza maschile sulle donne, diversi luoghi del capoluogo ospiteranno l’iniziativa: il Centro Donna dell’Ospedale Binaghi (il 20 novembre), l’Aula consiliare (il 21), la Vetreria di Pirri, la Mem nell’ambito del Festival Nues (il 24), gli autobus del CTM e il Centro di produzione Intrepidi monelli con lo spettacolo Sangue d’acqua di Francesca Falchi (il 25) e l’aeroporto (il 26).
Una poltrona o una sedia saranno “occupati” dalla locandina dell’iniziativa con l’intento di riservare idealmente un posto a tutte le donne uccise dalla violenza. Prima che un marito, un ex, un amante, uno sconosciuto decidesse di porre fine alle loro vite, ciascuna di quelle donne occupava un posto a teatro, sul tram, a scuola, in metropolitana, nella società. Quel posto vogliamo riservarlo a loro, affinché la quotidianità non lo sommerga.
Nato nel 2013 da un’idea di Maria Andaloro, il Posto occupato è un’iniziativa presente su tutto il territorio nazionale. Il progetto – che ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Cagliari ed è inserito nel calendario condiviso di eventi “Parità è rispetto delle differenze. Cagliari contro la violenza” promosso dall’Assessorato alle Pari opportunità – avrà a Cagliari, dal 20 al 26 novembre, un carattere itinerante.
L’Associazione Le Donne Sarde è nata nel 2016 dall’iniziativa di un gruppo di giornaliste del magazine online La Donna Sarda per agire sul territorio e fare qualcosa di concreto con le donne e per le donne. E-mail: [email protected]
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Intervista alla fotografa Sara Montalbano: “Ogni scatto è incontro umano e memoria emotiva”

«Definirei il mio stile autentico, senza tempo e profondamente nostalgico», racconta Sara. «È una fotografia che nasce dal desiderio di andare oltre la superficie, di cercare la poesia nascosta in uno sguardo, in una postura, in un silenzio»
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Sara Montalbano, nata a Cagliari nel 1993, è una fotografa che ha saputo trasformare il ritratto in una forma di narrazione emotiva, capace di raccontare l’interiorità delle persone oltre l’apparenza. La sua carriera inizia nella ritrattistica e nella fotografia di moda: nel 2012 trascorre un anno a Oxford in uno studio fotografico, prima di partire per Jakarta, in Indonesia, dove lavora per due mesi con una casa di moda che collabora con le principali riviste del gruppo Femina e partecipa alla settimana della moda di Jakarta come fotografa ufficiale.
«Definirei il mio stile autentico, senza tempo e profondamente nostalgico», racconta Sara. «È una fotografia che nasce dal desiderio di andare oltre la superficie, di cercare la poesia nascosta in uno sguardo, in una postura, in un silenzio». Con il tempo, la fotografa si è resa conto che ogni immagine rappresenta una mappa visiva personale del paesaggio dell’anima umana, un viaggio che va oltre la mera estetica.
Nel 2018 si trasferisce a Londra, dove sviluppa il proprio linguaggio fotografico ascoltando la creatività e le emozioni. L’esperienza più intensa arriva nel 2019, quando trascorre sei mesi a Londra dedicandosi al ritratto emotivo: fotografava quindici persone a settimana, con uno sfondo nero, uno sgabello e un flash. Questo periodo le insegna che la fotografia più potente nasce dalla semplicità e dalla capacità di accogliere l’emozione senza costruirla. Nello stesso anno, vive tre mesi in Asia (India, Vietnam, Thailandia e Birmania) per progetti personali di ritrattistica e fotografia di viaggio, consolidando la sua capacità di osservare le persone e i luoghi con profondità emotiva.
Il suo lavoro si concentra su storie intime e reali: ogni ritratto diventa un esperimento emotivo, un’occasione per far emergere la personalità e la bellezza autentica del soggetto. Le sue ispirazioni arrivano da epoche lontane: fotografia di moda degli anni ’30, musica parigina, jazz e musica brasiliana, mondi che portano con sé eleganza malinconica e lentezza, oggi quasi perdute.
Sara cerca una realtà emotiva, non oggettiva. «Non mi interessa documentare ciò che è visibile a tutti, ma ciò che emerge solo se ci si prende il tempo di ascoltare. Ogni fotografia è filtrata dal mio sguardo, dalla mia storia e dalla relazione che si crea con la persona davanti all’obiettivo». La connessione con i soggetti nasce prima dello scatto: parlano, condividono silenzi e, quando la persona smette di preoccuparsi di come appare, il ritratto prende vita. Da questa esperienza nasce The Portrait Session, il suo servizio di punta, raccontato anche su Instagram con @theportraitsession, dedicato a chi desidera ritratti autentici e personali.
La firma visiva di Sara si manifesta in luce diretta ma morbida, ombre profonde, fondali scuri e colori contenuti, spesso attraversati da una malinconia silenziosa che diventa segno di verità emotiva. «La tecnica è uno strumento», spiega. «Le mie immagini sono il risultato di tutto ciò che ho vissuto: cambiamenti, distanza, incontri e memoria familiare».
Oggi Sara è tornata a Cagliari, pronta a mettere la propria esperienza al servizio delle piccole e medie imprese, aiutandole a espandersi online anche a livello internazionale attraverso la fotografia. Per lei, la fotografia rimane memoria e immaginazione, un incontro umano prima ancora che un’immagine. «Voglio lasciare che siano le persone che fotografo a guidarmi, aprendo uno spazio in cui possano emergere i loro lati più intimi», conclude.
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