Leggende Sarde. Rebeccu e la maledizione della principessa Donoria
In epoca giudicale Rebeccu contava ben 400 abitanti, ma al principio del 1400 accadde un fatto che cambiò le sue sorti. Oggi è il silenzio a dominare sovrano, risultato di una maledizione che risuona nei secoli.
A Bonorva, in provincia di Sassari, c’è un piccolo borgo medievale che si erge su un costone roccioso e sovrasta la piana di Santa Lucia. Pare un paese fantasma, un luogo intriso di fascino e di mistero. È il borgo di Rebeccu: qui, le casette non hanno mai superato le trenta unità, gli abitanti – si dice – non osarono innalzare un solo muro in più e con il tempo lo abbandonarono. Vitale centro medievale del Meilogu, nel 1300 questa piccola borgata era una grande e florida cittadina, capoluogo della Curatoria di Costa de Addes e sede residenziale del curatore. In epoca giudicale contava ben 400 abitanti, ma al principio del 1400 accadde un fatto che cambiò le sue sorti. Oggi è il silenzio a dominare sovrano. Una manciata di case, una chiesetta e un piccolo cimitero sconsacrato sono ciò che rimane dei fasti di un tempo, tracce di un glorioso passato che non potrà più ripetersi, in cui la storia si intreccia al filo della leggenda.
Rebeccu – si narra – è un borgo maledetto, vittima di un sortilegio, una nefasta profezia che lo condusse dritto all’inesorabile declino. Una maledizione scagliata per punizione che si rinnova nei secoli: il paese non avrebbe mai avuto più di trenta case. Fu la principessa Donoria a lanciarla, una vendetta per un grave torto subito che tramutò il borgo in un paese fantasma.
Donoria era la terza figlia del Re Beccu, feudatario del villaggio, una splendida fanciulla, tanto bella quanto inquieta. Non era una ragazza come tante, Donoria era malvagia. Trascorreva le giornate tra i boschi, oltre la fonte nuragica di “Su Lumarzu”, e passava le notti sugli alberi. Nel borgo le voci sullo strano comportamento della principessa si rincorrevano: si diceva che frequentasse le janas e che lei stessa fosse una strega. I sudditi del villaggio la temevano e, considerandola capace di terribili malefici, costrinsero il sovrano a cacciarla.
Costretta all’esilio dal padre, Donoria partì, ma, schernita e tradita, lasciò dietro di se parole maledette. Per tre volte le pronunciò. «Rebeccu, Rebecchei, da’e trinta domos non movei» (Rebeccu, Rebecchesi, dalle trenta case non vi muovete). La fanciulla scomparve nel nulla, ma per il borgo e i suoi abitanti cominciarono le disgrazie. Ben presto giunse il flagello della malaria e la città iniziò a spopolarsi: le donne non riuscivano più ad avere figli, gli uomini morirono per le frequenti epidemie, e le case crollarono quasi tutte.
La maledizione della principessa vendicatrice si scagliò per davvero sul borgo. Ancora si narra che chi scampò alla morte decise di lasciare quel villaggio maledetto per rifugiarsi in luoghi più sicuri: i profughi di Rebeccu si radunarono intorno alla chiesa di Santa Vittoria e posero le basi dell’attuale città di Bonorva.
Fu solo grazie al coraggio di alcuni abitanti che il villaggio risorse. Rebeccu – si racconta – rinacque sul costone roccioso del monte “Cuccuru de Piscinas”, a 400 metri di altezza dalla valle di Santa Lucia, lontano dalle febbri malariche. Una volta ultimata la trentesima casa, però, nessuno osò costruirne un’altra: le parole maledette di Donoria risuonavano nella memoria e, temendo che il paese potesse crollare, non si volle sfidare la terribile profezia.
Quella rinascita, tuttavia, non cambiò le sorti del borgo. Dai 400 abitanti originari, i Rebecchesi si dimezzarono, poi il loro numero andò calando ancora, durante il corso dei secoli: negli anni ’50 solo sei anime popolavano il villaggio. Lo spopolamento proseguì ulteriormente sino all’ultimo censimento del 2011, quando si registrava un unico residente che viveva qui tutto l’anno, in compagnia dei suoi gatti. Ora, più nessuno dimora stabilmente in questi luoghi.
Alcune casette sono state ristrutturate e, fino a qualche anno fa, il paese ospitava il “Rebeccu Film Festival” che regalava al borgo una settimana di vita intensa, rianimandolo tra proiezioni cinematografiche e incontri di vario genere. Rebeccu, però, rimane un paese fantasma.
Questo è il suo triste destino: trenta case maledette e il silenzio. Quel villaggio, che in epoca giudicale prometteva di dominare tutto il Meilogu, è ora meta intrigante per viaggiatori e curiosi che si addentrano tra le sue viuzze di pietra non senza timore, o forse con la speranza, di sentire ancora l’eco delle parole di Donoria.
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