La statua di Santa Chiara dopo 70 anni è ritornata nella chiesa di Stampace (GUARDA IL VIDEO)

Un ritorno atteso da 70 anni: la statua di Santa Chiara ha fatto rientro a casa, nella sua chiesa di Stampace. Ieri mattina il rientro del simulacro è stato accompagnato dall’urlo, da brividi, del picchetto d’onore dei miliziani stampacini “Onori
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A salutare il rientro della statua, assieme alle decine di cittadini e devoti, c’erano anche la vicesindaca Luisa Anna Marras e l’assessore alla Cultura Paolo Frau. «Il rientro della statua di Santa Chiara nella sua chiesa – hanno sottolineato i rappresentanti dell’esecutivo cittadino – non solo restituisce alla città un’immagine sacra, ma rappresenta un ulteriore importante elemento per valorizzare il quartiere Stampace che si aggiunge alle azioni che sta portando avanti l’Amministrazione comunale».
“Per ultimare i lavori di restauro della statua – ha spiegato Giancarlo Luzzu presidente della società di Sant’Anna che con i suoi 232 di vita custodisce la chiesa di Santa Chiara – bisognerà però aspettare le verifiche della Sovrintendenza”.
La chiesa di Santa Chiara risale alla fine del XVII secolo. La facciata è caratterizzata da un portale, sormontato da una nicchia e da due finestre rettangolari disposte simmetricamente. La soglia della chiesa è costituita da una lastra tombale decorata con motivi araldici. All’interno presenta una decorazione di gusto barocco (come l’altare ligneo dov’è ospitata la statua della Madonna di Loreto) nelle paraste che delimitano le cappelle, nei capitelli e nel sovrastante fregio, mentre al centro della navata si trovavano due lastre marmoree recentemente sistemate nella parete d’ingresso. Negli anni Ottanta, durante alcuni lavori di restauro, sono venute alla luce le fondazioni della chiesa trecentesca e alcune tombe a cassone fasciate. Alcune vestigia del campanile del convento delle monache di Santa Chiara edificato agli inizi del secolo XIV, sono tutt’oggi visibili sul lato Nord della chiesa.

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“Cagliari città diversa da qualsiasi altra”: quale grande intellettuale lo scriveva negli anni Trenta?

Indimenticabile la sua Cagliari, “Gerusalemme di Sardegna”, città metà roccia e metà case di roccia, fredda e gialla di calcare, spoglia come una necropoli, eppure viva di porti, tram, piroscafi e vie in salita.
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Volete sapere com’era la Sardegna di quasi un secolo fa? A raccontarcela non è un turista qualunque, ma Elio Vittorini, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento. Autore raffinato e figura di spicco della cultura del dopoguerra, Vittorini approdò sull’Isola negli anni ’30, quando per molti italiani era ancora un territorio misterioso e poco conosciuto.
Il suo libro “Sardegna come un’infanzia” non è un racconto da cartolina: è un reportage letterario intenso, in cui la penna di un maestro cattura sia la bellezza aspra che le difficoltà quotidiane della vita sarda di allora. Tra le pagine, l’autore descrive un’Isola che stupisce e sorprende, raccontata con occhi attenti, sensibilità politica e una prosa capace di trasformare le impressioni in immagini vivide.
Indimenticabile la sua Cagliari, “Gerusalemme di Sardegna”, città metà roccia e metà case di roccia, fredda e gialla di calcare, spoglia come una necropoli, eppure viva di porti, tram, piroscafi e vie in salita. Un luogo che, agli occhi di Vittorini, sembrava appartenere a un continente ancora più lontano dell’Africa: circondato da stagni e saline, affacciato su un mare bianco e immobile come un mare morto.

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