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Il castello del conte maledetto, tra storia, leggende e suggestioni.
Alla scoperta del Castello di Acquafredda, residenza di Ugolino, il “conte maledetto”. A Siliqua l’antico maniero del nobile pisano sospettato di cannibalismo e che Dante immagina all’Inferno.
Tra i castelli in Sardegna più circondati da un alone di mistero e leggenda c’è proprio il castello medioevale di Acquafredda, il maniero del “conte maledetto” Ugolino, in territorio di Siliqua, sicuramente uno dei luoghi più suggestivi da visitare in Sardegna. La sua storia affascina e inquieta al tempo stesso, tanto che ancora oggi continua ad attirare studiosi, turisti e curiosi.
Il castello di Acquafredda si innalza su un colle di origine vulcanica, il Domo andesitico, riconosciuto come monumento naturale tutelato dalla Regione. La sua costruzione risale al XIII secolo per volontà di Ugolino Della Gherardesca, conte di Donoratico e signore della parte sud-occidentale della Sardegna dal 1257, dopo la caduta del Giudicato di Cagliari. Il nobile pisano, destinato a diventare figura controversa della storia medievale, è ricordato come il “conte maledetto” per la tragica fine che lo colpì assieme ai suoi familiari. Caduto in disgrazia, venne imprigionato a Pisa nella torre dei Gualandi, la famigerata “Torre della Fame”, dove morì di stenti nel 1288 insieme a figli e nipoti.
Secondo la leggenda, disperato e accecato dalla fame, Ugolino arrivò a nutrirsi delle carni dei suoi figli, un gesto terribile che gli valse il soprannome di “conte cannibale”. Un episodio atroce che non solo si tramandò per secoli, ma che Dante stesso immortalò nella Divina Commedia, collocando Ugolino all’Inferno nel canto XXXIII, uno dei più celebri e agghiaccianti di tutta l’opera.
Il castello, però, non vive solo di leggende oscure. Nella parte più alta del colle, a quota 256 metri sul livello del mare, si ergono ancora oggi le imponenti murature del mastio, l’antica abitazione del castellano. L’edificio in origine era dotato di due piani, di una terrazza sovrastante e di un piano interrato adibito a cisterna, che si conserva ancora in buone condizioni. Resistono tuttora i prospetti nord-ovest e sud-est, alti circa 20 metri e arricchiti da merli guelfi. Di fronte al mastio, imponente, sorge la torre di guardia a 248 metri di altitudine, conosciuta dai siliquesi come “torre de s’impicadroxiu”, la torre dell’impicco, dove secondo la tradizione venne rinchiuso Vanni Gubetta, uno dei traditori del conte Ugolino.
Per raggiungere il Castello del Conte Ugolino basta percorrere circa 4 chilometri da Siliqua, località distante 35 chilometri da Cagliari. Il maniero si raggiunge in auto lungo la Strada Statale 293. Una volta giunti ai piedi del colle, lo spettacolo è immediato: in cima, tra la macchia mediterranea, la fortezza domina la valle del Cixerri e sembra osservare immobile il territorio circostante da secoli. Il panorama che si apre dalle sue pendici è ampio e suggestivo: dalla valle si scorge Cagliari, e lo sguardo spazia fino alla Marmilla e all’Iglesiente. All’alba e al tramonto le ombre del castello si allungano sulla vallata, creando un’atmosfera sospesa e quasi irreale.
La tradizione racconta che il castello fu costruito dai Donoratico della Gherardesca subito dopo aver acquisito il possesso del sud-ovest della Sardegna. In realtà la fortezza è più antica e viene citata già in una bolla papale del 1215, quindi antecedente alla signoria di Ugolino. Dopo la morte del conte, nel 1288, la struttura passò ai pisani, poi agli aragonesi nel 1324 e successivamente da un feudatario all’altro, fino a quando nel 1785 venne riscattata da Vittorio Amedeo III di Savoia.
Il castello si articola su tre livelli, in armonia con l’andamento del pendio. A quota 150 metri si accede attraverso una porta che un tempo era protetta da tre torri collegate da una cinta muraria, di cui sopravvive la torre centrale, recentemente restaurata. All’interno della cinta sorgeva un borgo con alloggi, magazzini, stalle, cisterne e mulini. Più in alto, a circa 200 metri, si trova la torre cisterna, che garantiva un’ingente riserva d’acqua e che diede origine al nome Acquafredda, derivato proprio da una sorgente che sgorga dalle rocce del colle.
Salendo ancora, si arriva al cuore del maniero, il mastio a 250 metri di altezza, un tempo accessibile tramite un ponte levatoio. La struttura comprendeva un sotterraneo con cisterna, due piani e una terrazza guarnita da merli guelfi. L’accesso conduceva a uno spiazzo attorno al quale si disponevano vari ambienti, mentre al secondo piano si erge ancora integra la torre di guardia. Si racconta che proprio lì fu imprigionato Vanni Gubetta, complice dell’arcivescovo Ruggeri, anch’egli condannato da Dante all’Inferno per il tradimento al conte Ugolino.
Il Castello di Acquafredda non è dunque solo un monumento storico, ma un luogo che intreccia archeologia, leggenda e letteratura. Un simbolo che racconta la Sardegna medievale e insieme un mito che attraversa i secoli, lasciando intatto il fascino cupo e irresistibile del “conte maledetto”.