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Liberi dentro per crescere fuori è un progetto pensato per i figli di persone sottoposte a detenzione fuori o dentro la Casa circondariale di Uta. L’intento è quello di combattere stigmi e pregiudizi, offrire opportunità di crescita, integrazione sociale e radicamento del legame affettivo col genitore recluso. In quattro anni si prevede l’attivazione di un sistema integrato di interventi personalizzati di supporto non solo al genitore recluso e al figlio minorenne, ma anche all’intero nucleo familiare.
La realizzazione dell’iniziativa vede impegnate le cooperative sociali Elan (capofila), Exmè, Panta Rei Sardegna, Solidarietà Consorzio; la Casa circondariale “Ettore Scalas” di Uta, l’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna (Uiepe), il Servizio Politiche Sociali Abitative e per La Salute del Comune di Cagliari e l’associazione Prohairesis e Aragorn S.r.l.
Ogni anno vengono coinvolti 20 minori e 10 nuclei familiari, per un totale stimato nel quadriennio di almeno 90 persone tra figli minorenni e genitori. L’obiettivo è di realizzare percorsi di aiuto rivolti a 30 nuclei familiari. A lavorare a questo progetto iniziato un anno, c’è una equipe formate da psicologi, pedagogisti, educatori e assistenti sociali che, attraverso il modello d’intervento della progettazione familiare partecipata, costruiscono insieme alle famiglie e ai loro figli i progetti educativi personalizzati in modo da tenere conto delle varie specificità di ogni nucleo familiare e di ogni minore.
Tante le attività previste, dal potenziamento del numero di visite in carcere con la possibilità di un contatto fisico, all’adeguamento dei luoghi nei quali i figli attendono l’incontro con il genitore detenuto. Ovvero dall’accompagnamento e sostegno dei bambini durante le attese nel penitenziario al coinvolgimento in laboratori dove vengono invitati artisti e personalità conosciute in ambito regionale e nazionale; dalle attività sportive e culturali alle gite fuori porta e in mezzo alla natura; dai processi di promozione alla lettura con eventi e iniziative fuori e dentro l’istituto pena alla possibilità per le persone recluse di svolgere tirocini di inclusione sociale e lavorativa e di usufruire di un servizio di sostegno psicologico.
Tra le tante iniziative vogliamo raccontarvi un gesto di concreta inclusione e una potente scommessa sul valore rieducativo del lavoro e del sostegno familiare. Stiamo parlando del tirocinio attivato all’interno della Casa Circondariale di Uta (Ca) a favore di una persona detenuta, padre di una minore a carico. L’iniziativa, della durata di sei mesi, si svolge nella lavanderia industriale dell’Istituto e rappresenta una delle azioni del progetto.
L’attività è curata dalla cooperativa sociale Elan, come abbiamo scritto sopra. capofila del progetto e va oltre il semplice reinserimento professionale. Prima di tutto spieghiamo la mission di questa cooperativa. Elan nasce nel 2012 dietro la spinta generativa di Solidarietà Consorzio, con lo scopo di favorire l’inclusione socio-lavorativa di persone vulnerabili e a rischio di emarginazione attraverso lo strumento del lavoro. La sua mission è perseguire l’interesse generale della comunità, favorire la promozione umana e l’inserimento di cittadini a rischio di emarginazione sociale: invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione come in questo caso specifico.
Questo tirocinio offre al genitore l’opportunità di ricostruire un percorso di vita dignitoso, trasformando la pena in un’occasione di responsabilità e crescita per sé e per la figlia. Parallelamente all’impegno del padre in lavanderia, la minore è stata inserita in un percorso dedicato di supporto psicologico, essenziale per elaborare il trauma e rafforzare le fragili dinamiche familiari.
A rendere l’azione ancora più importante e concreta è stata la collaborazione dello Studio dentistico Savasta & Partners, che si è offerto di sostenere una parte della spesa per realizzare un apparecchio ortodontico per la bambina. Un’azione di mecenatismo sanitario che ripristina non solo la salute, ma anche l’autostima della minore. “Questo tirocinio non è soltanto un percorso di reinserimento lavorativo per il genitore, ma è un gesto concreto di cura verso il nucleo familiare intero – afferma Anna Tedde, presidente della cooperativa sociale Elan -. L’opportunità di lavoro, unita al supporto psicologico e all’intervento medico per la figlia, dimostra che la vera rieducazione passa dal recupero dei legami affettivi e dalla dignità di un futuro possibile, libero dagli stigmi e dalla povertà educativa”.