Trasporti. Lunedì la prima corsa della navetta Sestu Policlinico-Monserrato

Si svolgerà lunedì la prima corsa di prova della navetta che dal primo giugno collegherà Sestu con la fermata della metro del Policlinico universitario di Monserrato. Alle 10, dal Comune, alla presenza dell’assessore dei Trasporti Massimo Deiana, partirà l’autobus dell’Arst
Si svolgerà lunedì la prima corsa di prova della navetta che dal primo giugno collegherà Sestu con la fermata della metro del Policlinico universitario di Monserrato.
Alle 10, dal Comune, alla presenza dell’assessore dei Trasporti Massimo Deiana, partirà l’autobus dell’Arst che consentirà ai sestesi di raggiungere il nuovo capolinea della rete metropolitana. Il servizio navetta avrà una frequenza di venti minuti nelle ore di punta, ovvero dalle 7 alle 9, dalle 13 alle 15 e dalle 19 alle 20, e di 40 minuti nel resto della giornata. Il pullman dell’azienda regionale trasporti sarà dotato di venti posti e in 35 minuti coprirà l’itinerario, dalla chiesa di San Gemiliano al complesso sanitario monserratino e ritorno, effettuando le fermate intermedie in tutti i quartieri. La linea resterà attiva in fase sperimentale sino al 31 luglio.

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Lo sapevate? Come viene chiamata in Sardegna l’acquavite, il distillato di uva fermentata?

In Sardegna, più o meno clandestinamente si produce da secoli un'ottima acquavite. Viene chiamata in tanti modi ma uno è evocativo e misterioso più degli altri, scopriamo perché.
Lo sapevate? Come viene chiamata in Sardegna l’acquavite, il distillato di uva fermentata?
In Sardegna, più o meno clandestinamente si produce da secoli un’ottima acquavite. Viene chiamata in tanti modi ma uno è evocativo e misterioso più degli altri, scopriamo perché.
In Sardegna, tra i silenzi delle campagne e l’ombra complice dei muretti a secco, c’è un segreto che si tramanda da secoli. Un distillato potente, avvolto da storie di fuochi notturni e silenzi ostinati, nascosto sotto terra come un tesoro proibito. È l’acquavite, il distillato di uva fermentata, e in questa terra di pastori e vendemmie, ha un nome che sussurra mistero e identità: filu ’e ferru.
Chiamato anche filu ferru o nel suo nome esteso in lingua sarda filu de ferru, questo distillato non è solo una bevanda: è il simbolo liquido di un popolo che ha imparato a custodire il tempo e il fuoco. È forte, limpido, ardente. Ma soprattutto, è nascosto. Sì, perché il suo nome – che significa letteralmente “filo di ferro” – nasce da una storia affascinante e clandestina. Quando la produzione casalinga era illegale e gli alambicchi dovevano sfuggire ai controlli del fisco e ai Monopoli di Stato, i contadini sardi seppellivano botti e distillatori nel terreno. E lasciavano spuntare appena un sottile filo di ferro, invisibile ai più, ma sufficiente per ricordare dove trovare l’“acqua che brucia”. Bastava una luna piena, un colpo di vanga, e la magia riaffiorava dalla terra.
In alcune zone dell’isola questa bevanda viene ancora chiamata abbardente, letteralmente “acqua che prende fuoco”. E chi l’ha assaggiata sa che non è solo un modo di dire. Con una gradazione alcolica che supera spesso i 40 gradi, il filu ’e ferru ti travolge come il maestrale d’inverno e ti lascia il ricordo sulla lingua come una promessa mantenuta. Le vinacce utilizzate – spesso quelle pregiate della Vernaccia – fanno la differenza, ma quando non bastano, ci pensano gli aromi della macchia mediterranea a dare personalità: finocchietto selvatico, miele d’arancia, mirto, melagrana… un’alchimia di profumi che racconta il paesaggio.
Per molti, è solo un parente della grappa. Ma non è così semplice. Acquavite e grappa non sono la stessa cosa, anche se entrambe nascono dalla distillazione di liquidi zuccherini fermentati. La prima può nascere dal vino (come il cognac francese o il brandy), dalle vinacce (grappa), dalle prugne (slivovitz), dall’orzo (whisky), dal ginepro (gin), dalla canna da zucchero (rum). Eppure, c’è qualcosa di unico nel filu ’e ferru: l’identità sarda, la resistenza, il saper fare contadino che si muove tra regole e leggenda, tra legalità e rituale.
Anche il termine “acquavite” porta con sé un’eco antica. Non nasce dal legame fra acqua e vite, come si potrebbe pensare, ma dall’espressione latina aqua vitae – l’acqua della vita – un nome alchemico, quasi mistico, che sembra custodire una formula eterna, un elisir, un segreto di longevità.
E oggi, anche se la legge ha messo fine alla produzione clandestina, la verità è che in tanti paesi della Sardegna, chi ha una vigna ha anche un piccolo segreto custodito in cantina. Una bottiglia senza etichetta, limpida e trasparente, ma carica di storie e memorie. Una bevanda che non si beve solo con il palato, ma si ascolta con il cuore.
Il filu ’e ferru non è solo acquavite. È una riga sottile di metallo che collega la terra alla memoria, il fuoco alla cultura, l’oggi all’inizio dei tempi.

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