Holi Colour Open Air. Parla Francesco Contu della RTC

L’associazione di promozione sociale Ready to Celebrate nasce nel 2009, per volontà di sei giovanissimi cagliaritani desiderosi di organizzare eventi culturali di varia natura che avessero target e format ben precisi. In questi quattro anni, i ragazzi della RTC hanno

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L’associazione di promozione sociale Ready to Celebrate nasce nel 2009, per volontà di sei giovanissimi cagliaritani desiderosi di organizzare eventi culturali di varia natura che avessero target e format ben precisi. In questi quattro anni, i ragazzi della RTC hanno fatto tanta esperienza e collezionato soddisfazioni. Oggi vantano al loro attivo manifestazioni di grande portata, migliaia di persone coinvolte negli eventi e delle partnership di tutto rispetto. Ready to Celebrate è organizzatrice, insieme all’associazione culturale ogliastrina Vistanet, dell’Holi Colour Open Air che si terrà il 14 agosto a Tortolì, in località Basaura, che promette al pubblico una giornata indimenticabile, in bilico tra divertimento e solidarietà, tra musica, arte e spettacolo. Francesco Contu, 25enne presidente dell’associazione cagliaritana, parla della sua esperienza alla guida del gruppo Ready to Celebrate.

Quando e come è nata l’idea di creare un’associazione che organizzasse eventi di grande portata?

E’ nata dopo anni di party organizzati nei discoclub del capoluogo sardo, organizzati con l’obiettivo di far divertire il maggior numero di persone. A questa nostra prerogativa si è aggiunta l’ambizione di poter organizzare qualcosa che potesse stupire il pubblico per coreografie e livello musicale, sfruttando però per la maggior parte artisti sardi a cui cerchiamo di dare sempre occasione per dimostrare il proprio valore.

Quali sono state le vostre prime esperienze?

Il nostro primo Open Air si è svolto in Via Università a Cagliari nel 2012, con oltre 6000 presenze in una via del centro di Cagliari che sicuramente non viene vissuta spesso in questo modo dai cittadini cagliaritani. Ha seguito poi un primo Open Air a Monteclaro nel Giugno 2013 con oltre 10.000 presenze e un secondo, decisamente più celebre, in collaborazione con Red Bull Tourbus con oltre 12.000 presenze nel momento di punta.

Che risultati avete raggiunto oggi?

Oltre a esser convinti di aver ravvivato il panorama eventistico sardo con un nuovo genere di eventi musicali dedicati alle grandi masse ma gratuiti possiamo vantarci di aver fatto crescere smisuratamente gli artisti che collaborano con noi, siano essi djs, band, grafici, movie maker o fotografi. Alcuni di questi rappresentano un eccellenza nel loro campo, come il producer Therio, ormai vicino a far il grande salto di qualità.

L’evento più significativo della tua carriera?

Per riuscita dell’evento ti direi senza dubbio il Loud Open Air di Giugno, ma penso che il primo Open Air in via Università sia quello che un po ci ha fatto cambiar rotta e illuminato su un nuovo modo di intrattenere i nostri concittadini sardi. Per la prima volta infatti a Cagliari persone con interessi diversi e modi di divertirsi diversi son state assieme, creando un Meltin Pot che raramente puoi osservare in città!

L’evento che desideri organizzare?

L’ Holi è uno di quegli eventi che ho sempre desiderato organizzare. Per coreografia e divertimento son convinto sia una delle manifestazioni più belle e caratteristiche al mondo. Ringraziamo il Comune di Tortolì e Vistanet per averci dato modo di realizzare un appuntamento simile.

Cosa ti ha spinto ad organizzare con Vistanet l’Holi Color Open Air?

Sappiamo che l’associazione Vistanet sul territorio ogliastrino è particolarmente attiva e un evento simile senza un partner valido è davvero difficile da portare avanti.

Progetti per il futuro?

Se qualcosa ci colpirà, in giro per il mondo, faremo di tutto per portarla nella nostra bellissima isola. Nel frattempo, continueremo ad organizzare party nei club, diversi per genere musicale, in modo da dare sempre un’alternativa valida al mainstream ai ragazzi cagliaritani.

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La storia del cagliaritano Michele Marongiu, dalla Sardegna alle Ande: “Pedalare come atto di presenza”

Ultracyclist cagliaritano, a marzo 2026 sarà l’unico italiano alla Fireflies Patagonia 2026, oltre mille chilometri tra Cile e Argentina, una delle sfide ciclistiche solidali più dure al mondo, con un obiettivo chiaro: sostenere la Fundación Vivir Más Feliz, che affianca bambini malati di cancro.

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Michele Marongiu non fa viaggi per arrivare da un punto A a un punto B: lui pedala per raccontare storie, portare vicinanza e trasformare la fatica in gesto concreto.

Ultracyclist cagliaritano, a marzo 2026 sarà l’unico italiano alla Fireflies Patagonia 2026, oltre mille chilometri tra Cile e Argentina, una delle sfide ciclistiche solidali più dure al mondo, con un obiettivo chiaro: sostenere la Fundación Vivir Más Feliz, che affianca bambini malati di cancro. «Pedaliamo per chi non può farlo», ripete spesso, «ed è questo che dà senso a ogni chilometro, anche a quelli più duri», perché per lui la strada non è mai solo strada, ma racconto, presenza, responsabilità.

Nel tempo il suo modo di vivere la bici si è costruito intrecciando sport, viaggio e solidarietà, come è accaduto nella Capo Nord Sardinia Expedition, 4.800 chilometri in sella attraversando l’Europa insieme ad altri tre ciclisti sardi, quattro mori partiti con un’idea semplice e potente: portare con sé decine di letterine scritte da bambini speciali, pensieri e desideri da consegnare simbolicamente a “Babbo Natale” a Capo Nord.

«In quei 4.800 chilometri ho capito che non stavo solo pedalando», racconta, «stavo portando con me il mondo di qualcuno, ed è una responsabilità enorme», un’esperienza che lo ha segnato profondamente e che ha cambiato per sempre il suo modo di stare sulla bici. Un’altra tappa fondamentale è stata la Marocco Expedition Women Challenge, un viaggio condiviso con un gruppo di donne sarde, pazienti ed ex pazienti oncologiche, tra montagne, villaggi e deserto, dove la fatica fisica si è intrecciata alle storie di chi ha conosciuto la paura e il coraggio silenzioso delle cose difficili.

«Accanto a loro ho capito che non esistono storie fragili», dice oggi Michele, «esistono solo storie forti che hanno bisogno di essere ascoltate e raccontate», e in quel contesto la bici ha smesso definitivamente di essere sport per diventare ascolto, rispetto, cammino condiviso. La Fireflies Patagonia è la sintesi naturale di tutto questo, strada, fatica e solidarietà fuse insieme, con ogni partecipante che pedala portando con sé un nome, un volto, una storia, seguendo un motto che Michele sente suo in ogni pedalata: “For those who suffer, we ride”.

«Quando le gambe non rispondono», spiega, «penso ai bambini per cui stiamo pedalando, e improvvisamente la strada cambia», perché la Patagonia, con i suoi spazi infiniti, il vento che non fa sconti e i silenzi che ti obbligano a essere sincero, «non ti permette di fingere, ti costringe a guardarti dentro». Accanto alla sfida sportiva porterà con sé anche “Post-it sulle Ande”, un’iniziativa simbolica in cui chiunque può affidargli un pensiero, una frase, un disegno o un ricordo che viaggerà con lui lungo tutte le tappe.

«Mi piace pensare», dice, «che in quel vento ci siano anche i pensieri di chi mi accompagna da lontano, di chi pedala con me senza essere lì». Tutto nasce in Sardegna, dalle strade di casa e dagli allenamenti all’alba, e arriva fino alla fine del mondo, con un messaggio che Michele sente sempre più suo: «esserci, semplicemente esserci, per chi ne ha bisogno».

Vistanet seguirà Michele e la spedizione fin dall’inizio: dalla preparazione alla partenza, fino al ritorno dalla Patagonia.

Dove seguirlo:

• Instagram: https://www.instagram.com/michelemarongiu19
• Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100004959285764